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"Avevi ragione," era una voce piena di rimorso, "ero davvero immaturo."

"Su cosa?" Chiese, già conoscendo la risposta.

"Mia sorella, si stava solo preoccupando di me. Le persone buone esistono, come lei. Non esiste però una cosa come 'la bontà sarà ricompensata con la bontà e la malvagità con la malvagità'."

Serrò la mano in un pugno.

"Mia sorella è stata maledetta, in circostanze ignote. Casi simili si sono verificati in tutto il Giappone."

Raccontò finalmente, credeva che Gojo l'avesse già informata in qualche modo a giudicare dal suo comportamento di quel giorno.

"Andrò all'Istituto delle arti occulte di Tokyo. Voglio indagare sulla maledizione."

"Ti aiuterò, Tsumiki non si merita quello che le è stato inflitto. A dire la verità l'unica cosa che viene concessa ugualmente a tutti è solo questa realtà ingiusta." Era quella la sua lezione di vita.

Megumi la guardò stupito, stava pensando la stessa cosa da tempo. Ripuntò lo sguardo in su.

"Sì e da ora in poi troverò la mia risposta. Salverò gli altri in modo disuguale e più persone buone potranno godere dell'uguaglianza, in questo mondo di disuguaglianze. Il karma non esiste."

"Se questa è la tua risposta conseguila!" Nanami diede un colpo impacciato sulla spalla del ragazzo, non sapeva come consolarlo.

"E qual è la tua risposta?" Chiese lui, genuinamente curioso.

"Non ci ho mai pensato, perchè una persona come me non poteva cambiare niente. Adesso che ho scoperto di avere questo potere però penso che continuerò a fare quello che volevo fin da sempre. Voglio contribuire a formare una società migliore e partirò con l'aiutare qualsiasi persona sia in difficoltà o stia soffrendo davanti a me."

"Anche quando queste sono malvagie?"

"Se sono malvagie... direi dipenda dalle situazione..." I lineamenti freddi del suo viso si strinsero insieme dalla forte riflessione. Poi guardò Megumi, il quale non aveva smesso di scrutarla, e sorrise in difficoltà. "Ma non credo riuscirei a restare a guardare un essere umano morire senza intervenire... può servire un motivo per uccidere qualcuno, ma non serve un motivo per salvare qualcuno."

La ragazza si appoggiò allo schienale imitando l'amico.

"I nostri ideali sembrano differenziarsi però è bello così, il mondo è bello perchè e vario. Verrò con te all'Istituto delle arti occulte di Tokyo..."

"Ho un po' di sonno..." Fece uno sbadiglio e delle lacrime uscirono dagli occhi.

"Non addormentarti." Disse finalmente lui.

"Giusto un po', te intanto non vuoi far vedere questo panorama ai tuoi shikigami?" Suggerì lei chiudendo le palpebre ma non sentì la risposta perché cadde in un sonno profondo.

-

"Siamo giusto in tempo."

"Sono le dieci e un quarto..."

"Come ho detto, giusto in tempo." Ma la voce si fece incerta.

La strada dove c'era il negozio doveva apparire dietro l'angolo.

"Attenta."

La voce di Nami risuonò nella testa all'improvviso e allo stesso momento la ragazza avvertì la presenza di energia malefica.

"Lo senti anche te?" Sussurrò e il ragazzo annuì, le mani unite erano pronte a evocare uno shikigami. "Ha qualcuno con sè..."

Appena si accertò della presenza del respiro affannato di una persona corse verso la fonte. Era un vicolo cieco stretto e poco illuminato. Nanami si arrestò davanti al vicolo, vide subito la maledizione che teneva tra il braccio un uomo completamente immobile per il terrore. I due si trovavano accanto al bidone della spazzatura. L'uomo doveva essere sceso da casa per buttare la spazzatura. La maledizione si accorse subito di nuove visite e quei numerosi occhi rossi si puntarono su di lei e Megumi che l'aveva intanto raggiunta.

"Non avvicinatevi!" A sua sorpresa la creatura parlò, era dotato di intelligenza. Puntò l'unghia contro il collo dell'uomo, gli occhi di Nanami si incontrarono con quelli dell'uomo. La stava fissando disperato e lo sguardo supplicava aiuto. "Siete per caso stregoni? Guardate che sono intelligente!"

Nanami comunicò con lo sguardo a Megumi di stare fermo. Poi alzò le mani e disse: "Non pensa che se vuole tenere un ostaggio sarebbe molto meglio una donna?"

Tutte le palpebre sul suo corpo sbattero in unisono, stava ragionando.

"Perchè le donne sono più deboli no? Perchè non mi usa come ostaggio? Sono anche minorenne, capisci?"

"Certo che capisco cosa vuol dire minorenne! Il sangue è molto più appetitoso nei bambini."

A quella affermazione Nanami percepì il suo compagno irrigidirsi di rabbia. Fece un passo in avanti.

"Non ti avvicinare! Pensi che ci casco? Sei alta quanto un uomo!"

Ecco che si era dimenticata che non era più nel suo corpo ma in un altro. Se solo ci fosse un modo di immobilizzarlo così da salvare quell'uomo. Del sudore freddo si formò sulle sue tempie.

Prima che se ne accorgesse, qualcosa crebbe ai piedi della maledizione, era una sorta di radice che si attorcigliò attorno ai suoi arti inferiori. Megumi fu il primo a notarlo e ciò lo fermò nel suo piano.

"Che cosa..." Anche la maledizione se ne accorse, in meno di un secondo cominciò a gridare. "Che hai fatto? La mia energia malefica, se ne sta andando via!"

Nel panico si liberò dell'uomo per cercare di spezzare quelle radici che stavano crescendo sempre più robuste.

"Cani divini." Con un ululato le due ombre si lanciarono sull'obbiettivo affondando i denti e sbranando. Non riuscirono però a colmare il vuoto tra i loro denti che la maledizione si era già dissolta. Lasciò soltanto delle tracce di energia.

Le radici si ritirarono lasciando solchi sul terreno.

Megumi si girò verso Nanami, inginocchiata davanti all'uomo ma con lo sguardo rivolto verso la sua direzione e una mano tesa, che poi abbassò. La sua espressione era sbigottita ma non si lasciò prendere dalle emozioni e cominciò a parlare con la vittima.

"Sta bene? E' tutto finito adesso. Può tornare a casa." Cercò di sorridere il più accogliente possibile.

"Grazie..."

"Buona prima collaborazione direi." Enunciò Nanami quando si trovarono a vagare per le strade della cittadina buia. "Adesso l'unico problema è che dovremmo dormire sulle panchine.."

Si erano fermati per chiamare Gojo, l'unico a cui potevano affidarsi. Gli raccontarono della situazione chiedendo di mandare qualcuno per prendersi cura dello stato mentale della vittima. Dopo aver sentito della vicenda era scoppiato a ridere e Nanami dovette fermare Fushiguro, il quale era da un passo dal riattaccare la chiamata. Alla fine aveva detto che ci avrebbe pensato lui e li aveva lasciati con un complimento.

"Non penso proprio." A quell'affermazione Nanami lo guardò confusa. La luce del lampione illuminò il piccolo sorriso che era sbucato sulle sue labbra. Seguì la direzione degli suoi occhi verdi e vide, seduto sui gradini davanti al negozio, il suo proprietario fumare una sigaretta.

"Finalmente. Siete arrivati in tempo prima che la finissi, mi sono giusto fermato a fumarmene una, altrimenti me ne sarei andato." Disse lui alzandosi, erano le undici e a terra c'erano sparsi mozziconi di sigaretta.

I due si affrettarono a seguirlo ignorando quei mozziconi, lei con un corriso a trentadue denti.

"Come dice, siamo proprio giovani! Ci siamo attardati per fare una cosa insieme, ci scusi del ritardo."

Megumi le diede una gomitata improvvisa, ma non sapeva cosa c'era di sbagliato in quello che aveva detto.

"Però adesso penso che i casi di scomparsa non ci saranno più." Continuò.

"Ah sì? Grazie allora." Commentò il signore. Tutto ciò di tralasciato e di non detto trovò risposta nel silenzio dell'aria notturna.

Island In The Sun ‖ Jujutsu KaisenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora