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"Ehi, ci sei? Sistema?"

"Sì."

Nanami stava vagando per la scuola, aveva appena finito di mangiare e adesso stava cercando di digerire facendo una passeggiata. Era arrivata sul tetto della scuola oltrepassando il divieto d'accesso sul finire delle scale, quindi mise piede in quella terrazza interminabile sommerso nella tranquillità. Tirava una brezza rilassante che faceva svolazzare la sua gonna e i suoi capelli.

"E' da un po' che volevo chiedertelo, non hai un nome? E' strano chiamarti 'sistema'. Alla fine ti chiamo così perchè me lo hai detto te."

"Non ho un nome. Sistema va più che bene."

"No, non va bene. Voglio chiamarti per nome." Insistette la ragazza mentre misurava il cemento a passi lenti diretta al margine recintato. Il grigio del terreno si ritraeva pian piano lasciando spazio ad un azzurro limpido; quei suoi capelli, baciati dai raggi del sole, facevano a gara con il cielo a chi fosse più splendente, pesciolini argentei in un mare di scaglie celesti. "Se non lo hai, te ne penserò io uno."

Non le rispose. Nanami si fermò non potendo più procedere e rimase in quella posizione ad assaporare quel calore. Avrebbe voluto tanto che il piccolo Aki fosse lì con lei ad assistere a quello spettacolo di colori che le stimolavano la cornea, avrebbe sicuramente cercato di salire sulle sue spalle.

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"Cosa stai vedendo?" I suoi piedini dondolavano sulle sue spalle. Il peso del piccoletto su di sè la rassicurava. Tutto intorno sentiva l'odore dell'erba irradiata per ore dal sole d'estate. 

"Allora, il cielo è azzurro. Azzurro, azzurro! Come gli occhi di Gojo. E ci sono pochissime nuvole, sai come i riflessi degli suoi occhi. Poi le case sembrano spazzatura."

"Sei partito così bene..." Ridacchiava lei, le mani che lo tenevano per le minute gambe. 

"E' vero, sono così piccole! E le macchine sono formiche. Invece adesso attorno a noi l'erba è quasi diventata gialla per colpa del sole. Sto sudando troppo. Il mio sudore non ha colore."

"Quello lo so. Calma il cuore e la mente, farà fresco subito."

"Ma io sono i tuoi occhi, non posso rilassarmi." 

"Vero, che bravo che è Aki allora. Ti sacrifichi per me."

"Che stai dicendo! Non è per nulla un sacrificio perchè sei la mia sorella maggiore."

"Voglio scendere. Una volta che sarò più grande, ti terrò in spalla io. Va bene sorellona? Ho sentito che i cani guida si muovono con i padroni, mica stanno seduti. Ti guiderò per bene."

"Già mi guidi." Era la sua guida, lo fu fino all'ultimo.

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"Nami, ti piace?"

"Nami..."

"Non sono brava a dare nomi," ridacchiò tra sè e sè, "Nanami, Nami. Ci potrebbe stare."

"Il nome non ci è importante, voi stessi cambiate nome ogni vita."

"Allora il tuo, Nami, tienitelo per sempre. Te che puoi." Disse lei. "Così, la prossima vita, quella dopo, quella prima, quandunque ti rincontrerò in uno di questi universi ti riconoscerò ogni volta."

"Come vuoi," rispose dopo molto, "ma non penso ci rincontreremo, sono stata io a forzare questo destino. Non mi odi?"

"Come si dice: prendi le cose come vengono. Se sono qui, sono qui." Guardò l'orologio, la pausa pranzo stava per finire, quindi si decidette a tornare indietro.

Island In The Sun ‖ Jujutsu KaisenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora