XLVIII • how death feels

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Jimin raggiunse il ragazzo coi capelli decolorati in qualche falcata, sostenendosi allo stipite della grande porta per arrestare la sua corsetta.
«Che è successo? Jungkook?».
Domandò retoricamente Jimin, pensando che altrimenti non avrebbe capito per quale motivo Yoongi lo stesse cercando.

«Niente del genere. Ti va di andarci a prendere un caffè qui, alla caffetteria direttamente fuori l'università?».
Domandò, come se lo stesse chiedendo ad un suo amico.

Jimin dovette irrigidire i muscoli del viso per contrastare l'imminente crollo di mascella.

«A me?».
Chiese indicandosi.

«Vedi altre persone?».
Domandò Yoongi, aggrottando le sopracciglia.
Qualcosa suggeriva a Jimin che declinare sarebbe stata una pessima idea.

«No, a-allora... Sì, va bene, andiamo».
Rispose un po' impacciato.

«Rilassati, io non mordo mica».
Sorrise il maggiore, ricevendo in risposta una risatina isterica.

Che razza di roba era? Un appuntamento?
Era impazzito per caso?

«Che stavate seguendo?».
Domandò Yoongi, per fare conversazione.

«Una delle lezioni introduttive di giapponese, sai... per il prossimo anno».
Rispose mentre torturava la manica della camicia dal nervosismo.

Varcarono la porta d'ingresso dell'Università.

«Fumi?».
Domandò il menta, mentre prendeva una sigaretta, porgendogli il pacchetto.

«Oh.. No, no, grazie».
Rispose soprappensiero.

«Ti faccio così paura?».
Chiese, mentre si accendeva la sua amata sigaretta, aumentando il ritmo dei passi per attraversare la strada.

«No - cioè un po' sì - ma più che altro non capisco cosa stia succedendo».
Rispose tutto d'un fiato.

Yoongi se la rise.
«Cosa pensi? Che ti ho portato ad un appuntamento o cazzate simili? Voglio solo parlare a quattr'occhi con te».

A Jimin si pietrificò la faccia per qualche secondo, poi riprese
«Mai passato neanche per l'anticamera del cervello. Di cosa vuoi parlare, Min?».
Chiese, freddando ulteriormente i toni, mentre svoltavano a destra per la caffetteria.

«Modera i toni con me, hoobae».

"Hoobae? A me?"

Stettero in silenzio per qualche minuto, e quella pace venne rotta solamente dal rumore della scarpa di Yoongi che soffocava la fiamma della sua sigaretta a terra.

«Sunbae-nim, non lo sai che le cicche vanno spente nei posacenere?».
Chiese provocatorio, mentre si chinava, raccogliendo la cicca e lasciandola nel vaso pieno di sabbia posto fuori dalla porta del bar, adibito proprio a posacenere da esterno.

«Oh scusami, a casa mia le spegniamo in faccia agli stronzi, non mi sono ancora abituato».
Rispose ghignando, reggendogli la porta mentre passava.

«Siediti dove più ti piace».
Parlò Yoongi, e Jimin si affrettò a scegliere un tavolino.

«Che vuoi?».
Domandò ancora.

«Solamente un caffè, grazie».

E dopo circa due minuti, Yoongi tornò al tavolo con i due caffè solubili, mettendosi seduto.

«Sono tutt'orecchi, sunbae-nim!».
Cominciò, beccandosi un'occhiataccia dal maggiore.

«Innanzitutto sappi che non mi manda Jungkook, non sono un fottuto piccione viaggiatore».
Precisò, facendo scoppiare a ridere Jimin, mentre lui rimaneva impassibile.

«Secondo: non è stata una delle migliori giornate della mia vita, perciò non farmi incazzare».

E Jimin deglutì a vuoto.

«Guarda che mi tocca fare per quel deficiente...».
Sospirò il menta, massaggiandosi una tempia.

«Tu sei assolutamente libero di piantarla qua con Jungkook, se non provi più niente per lui. Ma se lo stai facendo solamente per quella storia dell'omicidio, sappi che stai sbagliando di grosso sul suo conto».

«Stai mettendo bocca su fatti che non ti riguardano».
Lo bruciò.

«Non hai la minima idea di come si porti rispetto ad un tuo hyung, la devi finire con quel tono saccente!».
Lo sgridò, su tutte le furie.

Passò qualche secondo in silenzio.
«Maleducato».
Asserì Yoongi.

«Isterico».
Rispose immediatamente Jimin, spostando lo sguardo altrove, incrociando le braccia al petto.

«Infantile».

«Tossico».

«Checca».

«Mentina».

«Se non ti cuci quella bocca, ti ci mando a calci in culo da Jungkook!».
Spezzò la catena di insulti vari, sbattendo una mano sul tavolo, attirando l'attenzione di tutta la caffetteria.

«... Egocentrico».
Aggiunse il biondo.

«Senti ascolta, ti ho voluto incontrare e parlartene perché Jungkook ci tiene davvero troppo a te. In una maniera che non gli ho mai visto, ed è davvero mortificato per tutta questa storia».
Riprovò, con tono più pacato, ma Jimin in tutta risposta scosse la testa.

«Sai che se solo avessi voluto, avrei potuto farti capire in prima persona cosa si prova quando qualcuno sta per ammazzarti? Quando senti già il proiettile nel corpo, ma ancora non ci è arrivato e tu hai un'arma in mano che potrebbe risolverti tutta la situazione e continuare a tenerti in vita?
Sai cosa succede quando stai per morire e ne sei cosciente? Che inizi a pensare a tutto quello che continuerà a vivere e che sarai costretto a lasciare: una casa, una famiglia, un ragazzo o una ragazza, i tuoi amici. E lo stomaco si accartoccia, il fiato corto, il corpo pesante, la visione periferica viene a mancare e ti focalizzi solo su quella cosa davanti a te che sta per mandarti al creatore.
Hai paura di sentire dolore, di morire soffrendo come un cane.
Pensi se ci sia davvero un Dio o no, dopo. E che cazzo di fine farai adesso.
Dopo tutta questa agonia, viene l'istinto umano primario: la sopravvivenza. E ti aggrappi a tutto pur di non morire in quel modo.
Avrei potuto davvero fartelo capire diversamente, te lo giuro, ma sono un gentiluomo».
Finì su tutte le furie, sbattendo per l'ennesima volta le mani sul tavolo, ed uscendo rumorosamente e goffamente dalla caffetteria, abbandonando lì Jimin, da solo, in mezzo ai suoi pensieri.

Gli tremavano le mani.
Yoongi gli aveva dato una prospettiva fin troppo attendibile, e adesso solamente pensare che Jungkook avesse dovuto provare tutto questo, per poi doversene vergognare e nascondersi e nasconderlo, ed infine essere giudicato da lui, nonostante fosse stato dichiarato innocente da un tribunale, gli faceva accapponare la pelle.

Perché aveva reagito così impulsivamente?

⋆ 𝐁𝐔𝐓𝐓𝐄𝐑𝐅𝐋𝐘 𝐄𝐅𝐅𝐄𝐂𝐓 ☽ 𝘫𝘪𝘬𝘰𝘰𝘬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora