XII • the locker

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Jimin camminava da solo per i corridoi della scuola, doveva raggiungere al più presto la classe di letteratura inglese, ma prima di tutto si sarebbe dovuto recare al suo armadietto.
Doveva recuperare la sua copia di Amleto, altrimenti la professoressa non ne sarebbe stata troppo felice.

C'era un unico problema: a Jimin era stato assegnato un armadietto leggermente difettoso, che necessitava di un po' di pressione per essere aperto.
Proprio per questo erano circa cinque minuti che smanettava con quella maniglia per cercare di scastrarla, ma per quanta forza il piccoletto potesse metterci, quella restava sempre troppo dura da tirare.

Inoltre, ad infastidirlo ulteriormente, ci si metteva il fatto che quella mattina, a causa della fretta, aveva preso il paio di jeans sbagliato.
Questi erano troppo stretti, fasciavano perfettamente e mettevano in risalto il suo corpo tonico, ma erano pur sempre troppo stretti e attillati.
In parole povere, erano belli ma tremendamente scomodi.

Ormai si stava iniziando ad arrendere al fatto che avrebbe dovuto presentarsi senza la sua copia, ma proprio un quel momento, a riportarlo con i piedi sul pianeta Terra, fu un potente colpo assestato sulla maniglia del suo stupido armadietto, e il rumore metallico della piccola anta in ferro sottile aprirsi.

Jimin sussultò prima di voltarsi e trovarsi a cinque centimetri dal naso lui.

«Pft... Ragazzina».

Non c'erano dubbi, era assolutamente Jungkook.

«Non chiamarmi così, già te l'ho detto».
Lo rimbeccò severamente, nonostante si sentisse incredibilmente piccolo con la schiena schiacciata al suo armadietto, di fronte a Jungkook.

«Da quando hai libertà d'espressione e diritto di parola su ciò che devo o non devo fare?».
Lo squadrò.
In realtà più per guardarlo, che per farlo davvero sentire in soggezione.

«Per favore, sono in ritardo per la lezione di inglese».

«Non sai quanto mi dispiace».
Rise falsamente, schernendo così il biondino.

«Jungkook...».

Il più grande rabbrividì di piacere alla sensazione della voce flebile e sensuale di Jimin che chiamava il suo nome.

«Dimmi».
Rispose con voce roca, facendo strisciare il suo sguardo dal collo fino alle labbra carnose e rosse del più piccolo, che prontamente se le mordicchiò, generando ancora più tensione tra i due.

Tensione che Jungkook non avrebbe mai avuto intenzione di ammetterne l'esistenza.

«Devo davvero andare».
Ammise quasi con tono dispiaciuto Jimin.

«Non ti va di saltarla quest'ora?».
Propose con un ghigno stampato in faccia, non pensando neanche bene alle parole che stava pronunciando.

Jimin proprio non riusciva a codificare ciò che stava succedendo, il comportamento del maggiore e tutta questa tensione che - cazzo - lo stava eccitando a morte.

«Ma a che fine? E poi no, devo seguire tutte le lezioni».

«Che secchiona».
Lo prese in giro nuovamente, chiamandolo al femminile e poi cingendo la sua vita con un un braccio.

«Mi piace come ti sei vestito oggi, sfigato».

"Ma cosa cazzo sta a significare tutto ciò?! Mi ha appena fatto un complimento? Ma no... No, mi ha subito dato dello 'sfigato' poi... Cosa mi metto in testa?".

⋆ 𝐁𝐔𝐓𝐓𝐄𝐑𝐅𝐋𝐘 𝐄𝐅𝐅𝐄𝐂𝐓 ☽ 𝘫𝘪𝘬𝘰𝘰𝘬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora