XLII • crimeless

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In realtà passò un bel po' di tempo prima che Jungkook spiegasse a Jimin come stavano davvero le cose.
All'inizio fu davvero difficile metabolizzare quello che era realmente accaduto, e smetterla di colpevolizzarsi.

Taehyung era stato letteralmente un santo con lui, non l'aveva mai giudicato per quello che era successo, e nonostante fosse l'unico detentore della verità, non fece mai niente di sbagliato che potesse far sentire Jungkook più alle strette di quanto già non lo fosse.

Gli aveva anche trovato un buon psichiatra, che lo aveva aiutato molto per gli episodi di ansia e di panico e che, in un modo o nell'altro, era quasi arrivato a far digerire la storiaccia al moro.

Ovviamente c'era stato anche il processo, e quel giorno, in tribunale, Taehyung non era di certo mancato.

Jungkook si era ritrovato più volte a pensare cosa sarebbe successo se non avesse detto niente al suo migliore amico, se avesse davvero pensato che affrontare tutto da solo sarebbe stata la cosa più saggia.
Aveva paura di essere stato infantile nel chiedere il suo aiuto e supporto all'inizio, ma la verità è che probabilmente sarebbe finito in guai ancora più grossi se avesse goffamente cercato di tirare dritto e far finta che non fosse successo nulla.

Se Taehyung non lo avesse spinto a denunciare il fatto, cercarsi un buon avvocato e a cominciare un percorso di terapia psichiatrica, probabilmente sarebbe andata a finire veramente male.

La polizia dava la caccia ad Aeri e alla sua famiglia da diverso tempo, e nonostante lei avesse precedenti penali anche piuttosto gravi, non era mai finita dentro per via della protezione che la sua famiglia le offriva, pagando gente per stare zitta, e togliendo di mezzo chi non gli faceva comodo.

«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa».

Certo, la questione della detenzione di un'arma non autorizzata gli era costata una ammenda notevole, ma era il giusto prezzo da pagare per non finire recluso per due mesi.

Alla ricostruzione precisa dell'evento, spuntò anche un alibi, per la verità, di cui Jungkook non era minimamente al corrente dell'esistenza.

Un alibi che testimoniò fermamente a favore di Jungkook: una signora che aveva osservato ogni particolare della scena dal suo negozietto che pareva chiuso, quel giorno.
Era stata una poliziotta in gamba e dedita al suo lavoro quand'era giovane, che ora era andata in pensione e aiutava la figlia a gestire quel negozio di articoli per la casa.

La signora Kim fu un'elemento chiave, dunque.

Insomma, Jungkook di fronte alla legge risultava pienamente innocente.
Eppure quando si immaginava come poterlo spiegare a Jimin, una morsa gli stringeva lo stomaco, e tornava a sentirsi un assassino.

Temeva il suo giudizio più di quello di sua madre, era più forte di lui.
Aveva paura di perderlo.

Se c'era una cosa che però non aveva ancora inquadrato, era quanto sarebbe stato difficile mettere al corrente Yoongi.
Forse gli pesava ancor di più dirlo a lui che a Jimin, ma preferiva non saperlo, non pensarci.
Sperava che Taehyung lo tirasse fuori anche da questo guaio, mentre lui pensava a Jimin, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederglielo direttamente.

Quindi aspettò la fine della sessione d'esami, e poi si fece coraggio per parlarne al biondo.

Non che Jimin non avesse capito che c'era qualcosa di strano in lui, ultimamente.
Lo vedeva distaccato, assente, pensieroso.

A volte la notte gli era capitato di sentirlo piangere in bagno, ma quando gli chiedeva cosa stesse succedendo, lui gli tirava fuori tutta una storiella che si era inventato a proposito di un parente caro che non stava bene.

«Devi dirglielo. Devi. Lui merita di essere a conoscenza di questa faccenda, se hai intenzioni serie con lui. Altrimenti stacci lontano».
Con Taehyung ne avevano parlato più volte, e la conclusione era sempre stata questa.

Così eravamo arrivati a quel giorno di fine maggio, con il primo caldo, la sessione che era quasi terminata.
Jimin correva con le lacrime agli occhi per i corridoi della scuola, scioccato, col fiato che gli mancava.

Era inciampato sui suoi stessi piedi almeno cinque o sei volte, ma a questo punto era diventato difficile mantenersi in equilibrio, con le lacrime che gli appannavano la vista.

"Jungkook aveva davvero fatto quella cosa orribile.

Ma era stato costretto.

È uguale.

È fottutamente traumatico.

Voglio stare solo."

Se ne scappò fuori, per prendere un po' d'aria fresca e per arrivare alla conclusione che probabilmente dirlo ad Hoseok sarebbe stata la cosa più intelligente da fare al momento. Almeno secondo il suo cervello in preda al panico.
Ovvio che Hoseok non avrebbe potuto risolvergli un bel niente, ma avete presente quando anche solamente il parlarne ad una persona a cui vogliamo bene, sembra alleggerire quel peso?
Probabilmente è ciò di più simile al sentimento che adesso provava Jimin.

Lo trovò nel chiostro del dormitorio.

«Non lo so più. Non so più che cosa pensare di lui».
Il biondo era corso tra le braccia di Hoseok, scappando da Jungkook.
Lui non aveva opposto resistenza, aveva lasciato che lui fuggisse.
In fondo se lo aspettava, l'aveva messo in conto.

Jimin lo aveva forse deluso? Non era stato all'altezza?
Fanculo, chi lo sarebbe stato?

«Il tribunale lo ha dichiarato innocente, però...».
Hoseok provò a farlo ragionare.

«Yoongi ti ha fatto il lavaggio del cervello?».
Domandò infastidito Jimin, forse perché neanche lui sapeva cosa si sarebbe voluto sentir dire in quel momento.

«Cosa c'entra Yoongi?».
Il rosso si affrettò a rispondere, non era per niente tranquillo ogni volta che le sue conversazioni viravano sull'argomento "Min Yoongi".

«È innocente di fronte alla legge, perché è stata legittima difesa, ma ciò non toglie che lui abbia... Dio- lui ha ucciso una persona!».
La voce rotta dal pianto, il mento che gli tremava senza controllo.

«Credo...».
Hoseok cominciò, schiarendosi la voce.
«Credo che anche Yoongi abbia fatto cose del genere durante il corso della sua vita, ma non per questo lo consideriamo una cattiva persona».

«Hoseok... Yoongi è sempre andato a genio solamente a te. Metà scuola sa chi è e sa che fa. Il fatto che tu sia andato oltre quest'apparenza, non può condannare la mia scelta».
Spiegò, buttando fuori un fiotto d'aria, mentre si lasciava cadere sulle scalinate che circondavano la fontana.

«Quindi?».
Dopo almeno due minuti di completo silenzio, Hoseok decise di rismuovere il discorso.

«Quindi cosa, Hoseok? Sai, quando di solito una persona normale si mette con un'altra persona normale non si fa un piano d'emergenza sul cosa fare o non fare in caso accidentalmente l'altro dovesse compiere un omicidio!».
Lo ammutolì, per poi proseguire.
«Quindi, no. Non so assolutamente dove mettere le mani in tutta questa faccenda, né come gestire la mia relazione con Jungkook».

«La pistola era di Yoongi... voglio dire, lui ne saprà qualcosa in più, tanto vale chiedere a qualcuno che si sarà già trovato in una situazione del genere almeno una volta nella sua vita».
Propose il rosso, senza sapere a quali disastrose conseguenze avrebbe potuto portare questa scelta.

«Mh... pensi di potergliene parlare tu? Sai- Così mi fai da tramite senza che debba avere anche l'immenso piacere di sedermi a tavolino con un criminale che dovrebbe spiegarmi come cazzo comportarsi in una situazione del genere».

⋆ 𝐁𝐔𝐓𝐓𝐄𝐑𝐅𝐋𝐘 𝐄𝐅𝐅𝐄𝐂𝐓 ☽ 𝘫𝘪𝘬𝘰𝘰𝘬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora