capitolo 36

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(punto di vista di Naomi)
È arrivato il momento di mettere in atto il mio piano.
Lo sto pensando dal momento in cui ho messo piedi in questa cella, insieme ai miei amici.
Non sono sicura della riuscita, ma almeno saprò di averci provato.
Ho studiato ogni centimetro del corridoio in cui ci troviamo, e ho anche memorizzato più o meno gli orari delle guardie; la sera è più sicuro per noi, ci sono meno guardie in giro.
Ho parlato con Daniel, che conosce bene le planimetrie del posto, e ho ideato una vera e propria via di fuga.
Simon è ciò che mi preoccupa di più, sono sicura che riuscirà a fare quest'ultimo sforzo, anche se ovviamente in quelle condizioni non può muoversi e ci rallenterà.
<<siete pronti?>> chiedo, sta per cominciare la fuga... che ci avrebbe dato la libertà... o la morte... o una tortura certa. Tutti annuiscono.
Simon, come stabilito, fa finta di essere morto, e il mio compito è quello di catturare l'attenzione delle guardie per far sì che aprino la cella.
<<mio dio, non può essere, no, no>> comincio a piangere e urlare per immedesimarmi nella situazione.  Spero di non dover mai sopportare un dolore simile, di perdere qualcuno così.
La guardia di turno, come previsto, si avvicina.
<<che succede? cos'è questo chiasso! fate silenzio>>
<<Simon... è morto>> continuo a disperarmi
<<vi prego levatelo da qui, mia figlia impazzirà>> interviene mio padre, avvicinandosi alla guardia
<<devo prima parlarne con...>> la guardia non finisce di parlare che mio padre risponde subito
<<non potete lasciare quel povero ragazzo qua dentro!!>>
La guardia annuisce, e dà ragione a mio padre; così come previsto da me, apre la cella e si avvicina a Simon, che per tutto questo tempo ha finto di esser morto.
Mentre la guardia si abbassa per controllare il battito al mio amico, Daniel lo colpisce alle spalle con un pugno, ovviamente non lo mette al tappeto e c'è una serie di colpi tra i due, fino a che zio Dan riesce a immobilizzare l'uomo e legarlo con le manette che proprio quest'ultimo teneva nella divisa; dopodiché prende la raccolta di chiavi e la pistola della guardia.
<<andiamo>> dice, avrebbe fatto lui strada.
Io e Percy aiutiamo Simon ad alzarsi e gli facciamo da appoggio.
Il mio obiettivo è arrivare alla finestra da dove stavamo entrando qualche giorno fa, prima di venire catturati: ero riuscita a salire e avevo anche una pistola, ma quando ci hanno puntato le armi ho lasciato la pistola lì, ben nascosta, su quella finestra.
Arriviamo nel corridoio vicino alla nostra uscita, ma incontriamo quattro scagnozzi di Jane, tutti armati, e noi siamo solo con una pistola!
<<Dan, coprimi>> dico poggiando Simon a terra.
<<che vuoi fare?>> mi chiede mio padre, ma non rispondo e corro verso la finestra che ci avrebbe condotto alla libertà.
Fortunatamente schivo tutti i colpi, grazie anche a Dan e riesco a prendere la pistola, che era proprio dove l'avevo lasciata.
Dall'altro lato del corridoio faccio cenno agli altri di passare, li avrei coperti io.
Così mio padre aiuta Percy con Simon e attraversano il corridoio, poi tocca a Daniel passare; lascio l'arma a papà che copre l'amico mentre io e Percy continuiamo ad andare avanti con Simon.
<<ragazzi lasciatemi qui, vi sto solo rallentando>>
<<non dirlo neanche per scherzo amico>> dice Percy;
<<fai un ultimo sforzo Simon ok? ci siamo quasi>> dico io salendo sulla finestra.
Tendo la mano a Simon che sale con l'aiuto di Percy.
Mi affaccio dalla finestra per controllare sia tutto tranquillo. Mi prendo di panico però vedendo che fuori è inaspettatamente pieno di guardie.
Dobbiamo arrivare al ponte, la valle non è la strada adatta per Simon in questo momento.
<<Dan dammi le chiavi che hai preso alla guardia>> dico, e lui mi porge le chiavi... ce n'era una che aveva una forma piuttosto particolare, e non avrei mai potuto sbagliare. Era la chiave delle cavigliere che bloccavano i poteri, così uso Percy come cavia: inserisco la chiave che entra a pennello nella piccola serratura della cavigliera  e questa si apre subito.
Le cavigliere avevano tutte la stessa serratura per fortuna, così le tolgo a Percy, a Dan e a mio padre, togliere la mia sarebbe una perdita di tempo in questo momento, non ho poteri quindi non mi cambia nulla... così papà mi dà una delle due pistole, e l'altra la dà a Simon, che in queste condizioni non può usare i poteri. 
Scendiamo uno a uno dalla finestra con prudenza e ci mettiamo dietro un muretto lì vicino.
Più tempo perdiamo, più diventa pericoloso attraversare il ponte. Che stavamo scappando era già sull'attenzione di tutte le persone che lavorano per Jane, e soprattutto su di lei.
<<che facciamo adesso?>> chiede Percy sussurrando.
<<non morire>> dico.
<< ai suoi ordini principessa, ci copri tu?>> risponde, come fa ad essere sarcastico pure in questi momenti?
<<vai>> dico;
Lui comincia a correre verso uno dei muretti più vicino al ponte, dove c'era una guardia, ho capito subito perché Percy ha scelto proprio quel punto; la guardia aveva una spada, e come ben tutti sappiamo... la spada è l'arma per eccellenza di Percy, per cui... per facilitargli la cosa, sparo mirando alla spalla dell'uomo che confuso si guarda attorno lamentandosi per il dolore, Percy coglie l'occasione per sfilargli la spada.
Quello sparo fu solo l'inizio di una serie di altri spari, ho appena palesato la nostra presenza lì fuori.

Naomi Evans - la profezia del sacrifico Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora