Capitolo 27

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Nevaeh Rose

Il sorriso mi ha accompagnato per tutta la durata del viaggio di ritorno. Non importa se i miei occhi fanno fatica a stare aperti. Non importa se non riesco a muovere nessun muscolo per la stanchezza. Mi sono divertita, cosa che non facevo da tanto. La lancetta invisibile della mia mente, è tornata indietro nel tempo, a quando la mia unica preoccupazione era come scendere dagli alberi.

Abbiamo un grande olmo nel giardino di casa e quando ero piccola mi arrampicavo per salire sul ramo più grande. Facevo finta che fosse il mio cavallo. Tutte le mie altre bambine volevano un pony, che avrebbero poi dimenticato una volta che gli fosse passata la smania.

Io volevo il mio cavallo, un cavallo degno di una guerriera, come mi piaceva definirmi ogni volta in sella al mio fedele destriero. Ed ora quell'olmo è solo un ricordo, perché grazie al ragazzo su cui ora la mia testa è poggiata, ho tutto quello che ho sempre desiderato.

«Ti prende una paralisi facciale se continui a sorridere, piccola ficcanaso.» Incurvo gli angolo della bocca, finché non sento la pelle tirare. «La mia testa è su una tua zona sensibile, piccolo coglione. Ti conviene stare attento con le parole.» Con il retro della nuca, faccio pressione sulla patta dei suoi jeans, sento la sua lunghezza contro la mia testa.

Allento la pressione quando un verso ringhio fuori esce dalle sue labbra carnose. Gli faccio l'occhiolino e riprendo a sorridere, guardando lo scorcio degli alberi muoversi velocemente.

Gli accarezzo il dorso della mano, che ho intrappolato insieme alla mia sul suo stomaco. Le nostre mani non si sono mai lasciati, se non per il suo solletico improvvisato quando gli davo fastidio. Solleva la mano libera per una dose nuova di tortura, ma la blocco al volo, cingendogli il polso con le dita.

«Smettila. Non ho più le fo-» Non riesco a terminare la frase, che si libera dalla mia presa e le dita tatuate si insinuano sotto sulla pelle scoperta del mio stomaco, solleticandomi l'addome. Il mio corpo scatta sull'alleata e i muscoli dello stomaco si tendono, facendomi scoppiare in una risata fragorosa.

«Nate smettila!» Mi contorco sul sedile e sposto la sua mano, ma lui con la posizione in vantaggio, afferra entrambi i miei polsi, bloccandoli sopra la testa. «Nate!» Arriccio il naso ridendo e oscillo i fianchi, cercando di spostare i suoi polpastrelli caldi e scattanti.

«Assolutamente no.» La sua voce roca sovrasta la mia risata. Piego le ginocchia e appoggio i piedi sul bordo sottostante al finestrino. Il solletico si trasforma in una serie di pizzichi sui fianchi, facendomi sobbalzare.

«Nate!» Lo rimprovero ridendo, visto che i pizzichi sono lievi, ma più fastidiosi del solletico. Giro la testa di lato e gli mordo lo stomaco da sopra la maglia. Il mio tentativo di liberarmi è invano. Ad ogni pizzicotto, stringo con forza i denti sulla sua pelle.

«Ma ogni volta che scopate siete così calmi? Che posizione fate?» La voce di Harry rompe la nostra bolla fatta di pizzichi e morsi. «La posizione che prima o poi ti arriva un calcio tra le gambe se non la finisci!» Mi volto, guardandolo attraverso lo specchietto retrovisore.

«Poi mi ci dai un bacino, portafortuna?» Mi l'occhiolino e mi libero la mano dalla presa di Nate. «Di do questo.» Sollevo il medio, guardandolo seriamente. Jake se volta, per capire quale era il soggetto della conversazione.

«Dagli un peluche. Gli piace baciarli a quanto pare.» Sogghigna il fratello più piccolo, così da far sparite il sorriso soddisfatto ad Harry. «Jake ti lascio per strada se solo ti azzardi a tirare fuori questo
argomento!» Asserta Harry con serietà.

«È per questo che non scopi in camera tua! Hai la collezione segreta di peluche.» Le nocche di Harry diventano bianche per quanto sta stringendo forte il volante ed esce dall'interstatale accelerando invece di fare il contrario.

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