Capitolo 17

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Nathaniel

Faccio un respiro profondo, per quanto i miei polmoni me lo permettono, visto che sono compressi da un corpo con le curve mozzafiato.

Abbasso lo sguardo verso la testolina bionda che sta dormendo. Ha le labbra schiuse e i capelli che le ricadono sul viso. Arriccia il naso quando una ciocca le solletica la punta. La sposta con la mano, ma io ce la rimetto apposta.

Ghigno quando la sento sbuffare nel sonno e gira la testa dall'altra parte, sfregando la guancia contro il mio petto nudo. Le sue braccia stringono la mia vita e le mie mani sono piazzate sui suoi fianchi.

Giro la testa verso il comodino e allungo il braccio, recuperando il cellulare. Lo sblocco per controllare l'orario. 7.00 am. Non ho dormito un cazzo e non perché avevo il peso di Nev addosso, ma per via del il suo fottuto bacio sulla fronte. Non ho bisogno della sua protezione. Ha fatto abbastanza quando stava rischiando di saltare in aria insieme alla macchina.

Aggrotto le sopracciglia quando l'immagine di lei che mi bacia la fronte riemerge in superficie. Per quanto io mi ostenti a dimenticarla, sembra quasi impossibile. Lancio il telefono dove stava per e ringhio in frustrazione, pizzicandomi il ponte tra le sopracciglia.

«Sei una grandissima bastarda, lo sai vero?» Mormoro, ma spero che mi abbia sentito. I suoi occhi sono chiusi, ma il suo viso si sposta in prossimità del mio capezzolo e lo morde con forza.

«Per quale cazzo di motivo lo hai fatto?» Ispiro profondamente e faccio ammenda alla mia non pazienza per non buttarla giù dal letto. «Così hai un motivo valido per avermi dato della bastarda di prima mattina.» I suoi occhi si spalancano e le iridi color miele si puntano sulle mie.

Ignoro il dolore al capezzolo e la guardo male, ma a lei non sembra fregarle un cazzo. «Ce lo avevo anche prima.» Ribatto e mi metto a sedere, Nev accompagna i miei movimenti e si tira su, ma invece di restare sulle mie gambe, si sdraia nuovamente sul letto.

«Prepara la lista degli insulti la leggerò quando mi sveglio.» Sospira e alza la mano, sollevando solo il pollice. Serro la mascella alla sua dose mattutina di sarcasmo. «Li sentirai quanto te li dirò in faccia uno per uno.» Lei alza nuovamente il pollice alle mie parole, ma questa volta alzo la mano e le do uno schiaffo sul sedere.

Sobbalza per il gesto e assottiglia gli occhi, fulminandomi con lo sguardo. «Vedi di svegliarti tra mezz'ora, altrimenti ti butto giù dal letto con la forza.» Passo una mano tra i capelli, spostando le ciocche ribelli indietro.

Farfuglia qualcosa nel sonno e sfrega la testa sul cuscino, girandosi dalla parte opposta. Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa. Esco dalla stanza e la chiudo alle mie spalle.

Nello stesso momento esce Jake dalla sua camera e mando un'occhiata alla porta, che cattura la mia attenzione. Ora non c'è solo un suo sticker, ma bensì tre, tutti e tre in tre pose diverse.

«Ti piacciono? Credo che queste tre espressioni mi rappresentino di più.» Jake incrocia le braccia al petto e guarda i sticker. «La prossima sarà la tua faccia con un occhio nero.» Lo guardo serio e lui mi guarda accigliato.

«Sei invidioso perché io a differenza tua riesco a fare più espressioni facciali, tu invece solo una: questa.» Si indica con l'indice mentre fa una faccia incazzata. Schiocco la lingua sul palato e gli do una spinta.

«Smettila di fare il pagliaccio.» Lo sorpasso dandogli una spallata. «Dicendo ciò ti sei appena detto pagliaccio da solo.» Mi prende per il culo e si mette al mio fianco, muovendo le sopracciglia su e giù più volte.

«Ti accartoccio come quelle cazzo di lattine di birra alla radice con cui hai riempito il frigo.» Gli do un'altra spinta, facendolo sbattere contro il muro. «Le hai bevute?» Alza la voce e mi guarda per poi raggiungere a passo affrettato il frigo e lo apre.

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