Capitolo 38

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Nathaniel

«Perché morirei all'istante pur di vedere il tuo sorriso per una vita intera.»

Istintivamente gli angoli della bocca di Nev si incurvano verso l'alto, sfoderandole uno di quei suoi sorrisi che risanano i miei nervi scoperti. Sposto lo sguardo a lato della bocca per vedere la comparsa della fossetta, che appare solo quando sorride sincera.

Non me ne frega un cazzo se ora mi schiaffeggerà o cerca di darmi un pugno. Non gliel'ho detto per non farle pesare le mie azioni, ma perché lo penso veramente. È intelligente da saperlo.
Infatti il suo sorriso si appiattisce in una linea e la sua mano si alza.

Sollevo la mano e unisco le nostre dita, per poi intrecciarle. Con un gesto secco rigiro il suo polso e con la mano libera, le faccio fare mezzo giro.
La sua schiena è contro il mio petto e la sua mano incastrata tra i nostri corpi.

«Puoi arrabbiarti, sclerare, urlare, picchiarmi, ma ora sei qui con me.» Sussurro al suo orecchio e sfrego il naso contro il suo collo.
Il suo corpo è subito sull'attenti e la mia mano pronta ad insinuarsi sotto la sua maglia.

Non obbietta al tocco freddo delle mie dita contro la sua pelle calda. Non scendo verso il bottone dei jeans, ma non salgo neanche verso il reggiseno. Ho solo bisogno di sentire il suo corpo sotto il mio tocco.
Non sono mai sazio di lei. Del suo profumo che cambia ogni volta che mi inebria le narici, nonostante sia sempre lo stesso.

«Sapevi il posto dove mi avrebbero portata?» Infila la mano sotto la maglia e afferra il mio indice, scostando la presenza intrusa. «Si.» Affermo e appoggia il mento sulla sua testa. Non ho bisogno di nasconderle ciò, anche perché se lo sarebbe immaginata.

«Sapevi che mi avrebbero torturata?» Sfilo la mano da sotto il tessuto di cotone e lancio un'occhiata a posto vuoto, dove fino a poco fa c'era Jake. «Si.» Non vuole vedermi in questo momento, perciò non si volta per guardarmi in faccia.

Sapevo che Thomas l'avrebbe portata via da me, da quando ho premuto il grilletto per mettere fine alla vita a quella merda ambulante di suo figlio. Sapevo che mi avrebbe messo davanti ad una scelta, non è la prima volta che tenta di manipolarmi con i suoi giochetti mentali. Tutto quello che mette in atto è ciò che ci ha insegnato.
Non si ruba a casa dei ladri.

«Sapevi che mi avrebbero drogata?» Ha sempre sviato il discorso, ma ora ne sta parlando. «Si.» Mi inumidisco le labbra e sollevo la testa verso il soffitto. Sapevo tutto e non me ne pentirò mai della scelta che ho fatto.
Tutte le persone che sono state portate in quel seminterrato sono state torturate dal sottoscritto, per fino drogate fino a morire di overdose.

«Sapevi che l'unica cosa che riuscivo a vedere eri tu che mi volevi morta?» Una sensazione di fastidio si fa largo nel mio stomaco, provocandomi il prurito alle mani.
Un silenzio assordante cala nella stanza.

«Sapevi che ad un certo punto.» Prende un respiro profondo e si volta verso di me. I suoi occhi lucidi si nascondo dai miei. «Speravo di morire solo per poter mettere fine al dolore.» Sbatte le palpebre e una lacrima solitaria le riga il viso. Non la asciuga e scivola fino all'angolo della sua bocca.

Afferro il suo viso tra le mani e faccio pressione per avvicinarlo al mio, Nev di conseguenza di solleva sulle punte. Le sposto una ciocca ribella da davanti al viso, che si è appiccicata sulla guancia bagnata. Passo il pollice sotto l'occhio, sfiorandole lo zigomo con il polpastrello.

«Guardami Nev.» Scuote la testa, imbarazzata dalla sua ultima confessione. «Quella sera ero lì. Non nel seminterrato. Non sono stato io a salvati, ma ero in ospedale. Stavi per morire.» Metto le dita attorno al retro del suo collo e appoggio il pollice sulla sua guancia.

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