Capitolo 9

17.2K 768 299
                                    


Nathaniel

Faccio il nodo al laccio dell'anfibio per poi alzarmi dal letto. Serro la mascella quando inciampo tra le bottiglie vuote di Jack Daniel's, ma ne sbatto il cazzo e calcio la bottiglia vuota così da liberarmi il passo. Il vetro urta il muro per il gesto rabbioso, rompendosi in tanti pezzi ed emettendo un rumore che riecheggia in tutta la stanza.

Recupero lo zaino sulla scrivania e ignoro i vetri rotti, uscendo poi dalla camera. La fortuna di non avere quei due rompi cazzo dei miei fratelli a casa, è il silenzio che regna. Ogni fottuta mattina litigano per una fottuta stronzata.

Guardo il mio riflesso attraverso l'armadio a vetro e sistemo i capelli tirandoli indietro. L'argento del pendente a forma di pugnale intorno al collo viene esaltato dai raggi del sole. Gli anelli sbattono tra di loro quando stringo la presa sui miei capelli.

Mi giro e vado verso la scrivania, afferro la giacca di pelle e la infilo. Istantaneamente il profumo di lavanda mi invade le narici, facendomi serrare la mascella. Ogni cazzo di mio indumento ha il suo profilo. Il suo fottuto vizio di mettere i miei vestiti ed impregnarli con il suo profumo.

Scuoto la testa e sistemo il colletto della giacca, per poi recuperare lo zaino e il cellulare. Esco dalla mia stanza e attraverso il corridoio, superando poi la cucina mentre mi dirigo verso la porta. Non ho intenzione di fare il caffè e mi rompo il cazzo di aspettare.

Esco di casa sbattendo la porta dietro di me e alzo gli occhi al cielo quando vedo la vicina poco distante dal mio vialetto. Un sorriso ampio le contorna il viso e il suo sguardo si sposta sulla patta dei miei pantaloni. Ha una fame di cazzo e se suo marito non la soddisfa, non sono io il suo ripiego.

Attraverso a passo svelto il vialetto e sblocco la macchina a distanza, per poi fare il giro e passarle accanto. Sento il suo sguardo bruciare su di me, ma io in questo momento vorrei solo bruciarle per non ritrovarmi quei fottuti occhi languidi che mi fissano.

«Tuo fratello mi ha detto che sei interessato alle donne più grandi.» Blocco i miei movimenti nell'aprire lo sportello e le lancio un'occhiataccia. La giornata inizia a fare schifo quando le persone mi parlano.

«Ti ho per caso dato il permesso di rivolgermi la parola?» Le dolando mentre penso ai mille modi per uccidere quel demente di Jake. Per quel testa di cazzo è finita quando lo avrò tra le mani. «No, ma fai così perché sei timido.» Azzarda lei spavalda. Quanti cazzo di anni ha? Non si riescono a decifrare dalle molteplici rughe sul viso.

«Levati dal cazzo te e le cazzate che ti rifila mio fratello.» Ringhio furioso e apro lo sportello, mettendo un piede dentro. «Ho una pistola e ho intenzione di usarla se ti azzardi di nuovo a rivolgermi la parola.» La sua espressione muta e mi guarda con gli occhi sgranati. Ghigno quando si gira e si allontana il più velocemente possibile da me.

Tiro un sospiro di sollievo e salgo in macchina, lanciando lo zaino sui sedili. Jake è morto. Un altro minuto e avrebbe continuato con il teatrino messo su da Jake. Mi sporgo verso il sedile del passeggero e apro il cruscotto, recuperando i miei occhiali. Mi tiro su e li sistemo sul naso, mettendo poi in moto.

Abbasso il finestrino e poso il gomito sulla portiera, tenendo la mano fuori appoggiata contro il tettuccio, mentre faccio scivolare l'altra mano sul volante per svoltare alla fine dell'incrocio. I miei muscoli si muovono involontariamente conoscendo la stessa strada che percorro da cinque giorni.

Il calore del sole contrasta con la brezza fredda invernale, che mi entra nelle ossa. Me ne frego dei capelli che si scompigliano e della ciocca che ricade sulla fronte. Mi concentro sulla strada prendendo l'anellino argentato tra i denti e lo tiro, finché non sento la pelle lacerarsi.

ONEIRATAXIA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora