Inganno

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DRACO

UN MESE PRIMA

Avevo ancora l'odore di Charlotte addosso quando rientrai a casa.
Vidi mio padre seduto sul divano della sala da pranzo. Fissava il vuoto.
I suoi occhi erano consumati non solo dalla stanchezza ma dalla terribile sensazione di impotenza.
Mio padre era impotente dinnanzi al Signore Oscuro, e ne era pienamente consapevole.
Non so come facesse a sopportare tutto questo.
A sopportare le continue umiliazioni, offese e i continui oltraggi.
A dirla tutta non so come facesse a sopportare il peso di non aver protetto la sua famiglia a sufficienza.
Di aver permesso che mia madre fosse coinvolta in questa storia tanto quanto lui.

Ero l'unico ragazzino in quella casa, ma a nessuno importava. Venivo trattato come uno di loro, perché, in effetti, ero uno di loro.
Avevo anche io il marchio nero inciso sulla mia pelle e questo doveva rendermi orgoglioso e coraggioso, ma io invece mi sentivo solo un codardo.
Nessuno poteva scoprire le mie vere emozioni.
Per tutti dovevo essere cattivo, spietato, deciso. Dovevo seguire le orme di mio padre, anche se io non lo volevo.
Dovevo essere temuto, dovevo far paura ma in verità l'unico ad avere una paura fottuta ero io.
Nessuno si accorgeva di me e della mia fragilità, nessuno a parte mia madre.

Narcissa era in camera mia, mi stava aspettando seduta sul mio letto.
Quando entrai la vidi accarezzare il cuscino e respirare profondamente, come per catturare l'odore della mia pelle, per inalare il mio profumo e inserirlo nel database dei suoi ricordi.

"Dove sei stato?" Mi domandò in tono preoccupato, senza distogliere però il suo sguardo dal mio letto. Ora aveva in mano una coperta, la stessa coperta che mi aveva adagiato addosso la sera precedente per coprirmi dal freddo o dai miei incubi.
Non la risposi.
Le andai vicino e le diedi un bacio sulla fronte.
Fu costretta ad alzare il suo sguardo e a portare i suoi occhi grandi verso i miei.
Aveva appena smesso di piangere. Le sue pupille erano arrossate e il suo sguardo spento.

"Mi hai fatto preoccupare" Incalzò

"Mi dispiace, non volevo" Le risposi onestamente.
Non volevo farla stare in pensiero e mi faceva male sapere che si sentisse così ogni volta che ero fuori casa, ma Charlotte...bhe...dovevo proteggere anche lei, o almeno cercare di farlo.

Mi ero allontanato da lei per non sentire più niente, perché era la cosa giusta. Ho finto che non ci fosse alcun trambusto nel mio cuore, ma passavo le notti a pensare a lei.
Sentivo la sua mancanza.
Sentivo la mancanza della persona più sbagliata. Perché Charlotte era sbagliata per me. Io ero un mangiamorte, lei un membro dell'Ordine, io ero con Voldemort, lei con Potter.
Eravamo agli antipodi e io dovevo mettere un punto a questa storia.
Avevo capito che una fine fosse necessaria anche senza un formale addio.
E forse questa sera ero andato da lei proprio per questo.
Non ci eravamo detti addio perché non ce n'era stato bisogno, l'avevamo fatto nel momento in cui io non ero rimasto da lei e lei non mi aveva dato retta nell' andare via da Hogwarts.
Ma se era davvero finita da tempo, perché vedevo nei suoi occhi ancora quel fuoco che ci aveva divorati fin dal primo istante? Perché i suoi occhi continuavano a farmi sentire vulnerabile?
Sembravano svelare la mia vera anima...

Ma io cosa volevo realmente?
Questa domanda mi tormentava giorno e notte e mia madre sembrò accorgersene perché, accarezzandomi il viso mi chiese: "come sta?"

La guardai con un attimo di esitazione.
"Chi?" Risposi

Lei sorrise.
Aveva capito perfettamente dove ero stato e con chi.
I miei occhi non mentivano.

"Sei troppo vulnerabile per pensare anche a lei"

"Sono vulnerabile perché lei non è qui!" Sputai più agitato del solito.
Mia madre aprii le sue braccia e io appoggiai la mia testa sul suo petto.
Mi accarezzava i capelli, mentre il mio sguardo era perso nel vuoto.
In quel momento mi sembrai mio padre.
Quel pensiero mi gelò.

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