Il bello dei finali è che non è detto siano la vera fine

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Charlotte
Non ricordavo molto di quello che fosse accaduto.
Non sapevo dove mi trovassi e esattamente cosa mi fosse successo.
Qualche ricordo si faceva largo nella mia mente con immagini confuse ma strazianti.
Ricordavo le urla disperate di Neville, la mia sete accecante di vendetta, e la mia voglia di non fermarmi.
I miei occhi assetati di rabbia e odio, quelli si, li ricordavo perfettamente.
Il mio respiro divenne affannoso nel rivivere quella scena e lì mi sentii un mostro. Come avevo potuto fare del male ad un mio compagno? Come avevo potuto desiderare così ardentemente la sua sofferenza?
Forse c'era un lato di me che ancora non avevo avuto modo di conoscere: forse ero davvero cattiva anche io.
Poi d'improvviso un dolore lancinante alla testa e un altro ricordo.
Io in una pozza di sangue e Draco accanto a me.
Ricordo le sue grida disperate in cerca di un aiuto, ricordo le sue mani sul mio viso e le sue parole che mi supplicavano di non lasciarlo, di restare con lui.
Non ricordo altro.

Istintivamente mi toccai il braccio e il petto.
Niente.
Non c'erano ferite o tagli.
Non c'era sangue lungo il mio corpo.
Era come se non fosse successo nulla ma il problema era che dentro di me si erano realizzati tutti i miei incubi peggiori.
Per me era successo l'irreparabile.
Ed io non mi sentivo più la stessa.

Cercai di sollevarmi leggermente dal letto in cui ero stata posizionata.
Non avevo dolori fisici ma una stretta al cuore mi fece vacillare.
Non avevo la forza di affrontare la realtà e così mi riaccasciai sul materasso, coprendomi la testa con il cuscino per nascondermi dalle mie stesse lacrime che inconsapevolmente stavano correndo lungo il mio viso.
Ero forse nell'infermiera della scuola, non lo sapevo o meglio in quel momento non volevo realizzare dove mi trovassi. Potevo essere ovunque perché in realtà io mi sentivo all'inferno.
C'erano troppe cose dentro di me ancora da risolvere e questa prova le aveva fatte semplicemente emergere tutte troppo velocemente.
Mi odiavo per non aver fatto abbastanza per le persone che amavo: per mio padre, per Remus e Fred. Li avevo visti andare via così in fretta da non rendermi conto del vuoto che mi avevano lasciato dentro.
Mi odiavo perché quando tutti pensavano al bene del mondo magico io mi struggevo per un amore che, in fondo, mi aveva solo fatto allontanare dai miei affetti più cari.
Amavo Draco, lo amavo tantissimo e forse era proprio questo il problema. Lo amavo più di quanto amassi me stessa. E un amore così non poteva portare a nulla di buono.
Annientarsi per una persona significa non amare nel modo giusto e io non lo stavo amando come meritava o meglio, come io meritavo di amare.
L'avevo sempre giustificato e difeso fin dai primi anni qui a scuola. E anche durante la guerra, durante l'ascesa al potere di Voldemort io non gli avevo mai voltato le spalle.
Sarei stata con lui, in qualsiasi circostanza non l'avrei mai abbandonato a costo di mettere a repentaglio i miei stessi valori e principi.
Avrei voltato le spalle all'ordine pur di salvarlo.
E questo amore così ossessivo aveva bisogno di una pausa. Io dovevo capire chi ero per poterlo amare, dovevo capire quale fosse il mio posto in questo mondo e non potevo farlo con lui.
Lui si sarebbe caricato del mio dolore, della mia sofferenza e della mia confusione pur di non lasciarmi.
Lui mi avrebbe difeso dalle mie paure e insicurezze ma non potevo affidargli anche questo peso. Lui già ne aveva dovuti sopportare troppi anche a causa mia.

Qualche giorno prima l'avevo sentito parlare con Potter e forse proprio la loro conversazione mi spinse a difenderlo contro la maledizione scagliata da Harry.
Volevo prendermi un po' del suo dolore.
Il dolore di essere diventato un mangiamorte anche a causa mia.
Se Draco doveva affrontare incubi ogni notte la colpa era mia, solo mia.
Lui aveva deciso di unirsi a loro per proteggere me. E questo non me lo sarei mai perdonato.
L'amore dovrebbe renderti libero e felice ma invece, io l'avevo rinchiuso in una prigione di paure e debolezze.
Ed era stata tutta colpa mia. Io avevo contribuito al suo male e alla sua sofferenza.

Lentamente chiusi gli occhi. Cercai per un attimo di scacciare quei pensieri per abbandonarmi ad un sonno profondo.
Non sapevo dove fossero tutti gli altri, speravo solo che stessero bene.
Non so perché fossi da sola, dove fosse Madama Chips ma pensai che era meglio così.
Non volevo vedere nessuno. Non avevo le forze o meglio il coraggio per affrontare tutto e per ammettere che stavolta avevo fallito.
Avevo fallito come amica, come figlia, come strega ma soprattutto come fidanzata.
Provai a regolarizzare il mio respiro e schiacciai la faccia sul cuscino morbido e fresco ma sentii dei passi avvicinarsi.
Erano passi fin troppo familiari.

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