Capitolo 7

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Althea

Accettarsi.

Prendere coscienza di sé, del proprio modo di essere e comportarsi non è propriamente semplice.

Per alcuni credo che sia addirittura impossibile, ed una di loro sono io.

<<Cosa succede dolce incantamenti?>> fulmino l'uomo sotto al ramo, sentire quel soprannome sulle sue labbra mi fa imbestialire.

E lui lo sa.

Mi prende in giro continuamente, sostenendo che sia divertente vedermi arrabbiata per così poco.

<<Non chiamarmi così...almeno tu chiamami per nome.>> gli dico, anzi imploro un briciolo di normalità, in questa esistenza che di normale non ha più nulla.

Sento le sue spalle irrigidirsi, è preoccupato, lo so.

Perché mi conosce, e sa che non mi arrendo facilmente, che mi piace battibeccare con lui e che di solito sto sempre al gioco.

Sempre, ma non stasera.

Oggi vorrei sparire, essere ingoiata una volta per tutte dalle mie ombre e restare lì, per un po' o forse per sempre.

<<Althea, sai che puoi dirmi tutto. Tua madre è preoccupata.- sospiro ed abbasso lo sguardo sulle mie gambe. Le cosce fasciate dai pantaloni neri. -Cos'è successo?>> chiede, sa benissimo di essere l'unico con cui vorrò parlare, ma confessargli questo mi fa male. Mi sento piccola, ingenua...a tratti persino stupida.

Mi sembra di essere tornata la bambina che si rannicchiava in un angolino, sparendo nel mio bozzolo d'ombra.

<<Niente...>> sale anche lui sulla quercia secolare e si siede sul ramo spesso di fronte a me, facendo scricchiolare la corteccia sotto al suo peso.

<<Per le orecchie degli astri, per i silenzi sconfinati di questi luoghi. Tu vento porta via le mie storie, ma non far navigare indietro le risposte. Voi potete udirle e sopportarle, io non ho mai avuto la forza di farlo...C'era una volta Sahir, una dolce fanciulla fatta di ombre.>> chiudo gli occhi e mi concentro sulla voce che ha cullato le mie notti da bambina.

<<Sahir guardava le stelle e sognava di poterle toccare ogni notte, ma le sue ombre non le permettevano di avvicinarsi mai a quella luce. Finché Rihas non le tese la mano, volarono insieme e lassù le ombre non riuscivano a toglierle la luce di quel quadro naturale.>> concludo io, conoscendo bene la fine della storia.

La leggenda di Sahir è una delle mie preferite, anche se mi sembra impossibile.

Riuscire a vedere la luce per me è un evento più unico che raro, soprattutto in serate come questa, dove le ombre sono più forti del solito e tutto ciò che mi circonda assume una colorazione sbiadita.

<<Non sarò Rihas, ma una cosa la so, hai disperatamente bisogno di vedere le stelle...- mi tende la mano e solo ora mi rendo conto delle ali spiegate dietro di lui, le piume remiganti di primo ordine mi accarezzano la pelle scoperta delle braccia -...andiamo a volare?>> la sua grande mano aspetta aperta di fronte a me.

Spesso mi sono chiesta quante vite abbia strappato da questo mondo e allo stesso modo quante invece ne abbia salvate.

<<Andiamo...- alzo lo sguardo di scatto sul suo viso -vuoi davvero rifiutare un volo con tuo padre il giorno del tuo compleanno?>> non me lo faccio ripetere due volte e cingo la sua mano con la mia.

In meno di un secondo siamo fuori da quel groviglio di rami, sopra di noi il blu sconfinato e quella luce che non ho mai pensato di poter davvero avere.

Quando però apro gli occhi e mi accorgo che sopra alla mia testa c'è il tessuto scuro della tenda e non quello spettacolo celeste, chiudo gli occhi e mi godo quella sensazione per qualche altro secondo.

<<Buongiorno..- secondi molto brevi, Caleb infatti mi sveglia nel modo più dolce che conosco. Mi accarezza i capelli e lascia un bacio sulle mie labbra. -..Stanotte ti sei agitata e mi hai fatto solletico.>> guardo le mie braccia da cui ancora fuoriesce qualche lingua d'ombra, mi copro istintivamente con le mani.

<<Scusa...mi dispiace...>>

<<Va bene così, incubi?>> scuoto il capo.

<<Non proprio...tranquillo, andiamo ad allenarci, poi svegliamo gli altri.>> da due giorni abbiamo iniziato ad evocare la luce.

Iniziato è un parolone, considerando che le uniche cose che riesco davvero a creare sono delle minuscole scintille in una bolla d'ombra.

<<Okay...non voglio metterti fretta, ma mancano tre giorni all'arrivo, forse dovremmo esercitarci di più.>> allaccio la divisa e lego i capelli decisamente cresciuti.

<<Iniziamo a farlo anche la sera, subito dopo cena...ma voglio stare lontana dal gruppo.>>

<<Hai dato fuoco ad un paio di fili d'erba, non sei pericolosa Althea.>> sospiro e mi mordo il labbro.

<<Non possiamo saperlo ed io non voglio fare del male a nessuno...tu sei pronto?>> annuisce prendendo gli anfibi.

<<Andiamo.>> esce dalla tenda chinando un po' il capo per passare dalla porta, movimento che a me non è richiesto.

Allaccio gli anfibi e seguo a passo svelto il mio compagno, gli altri dormono placidamente, mentre Dan e Kane sono di guardia, il pericolo dei Ramiz non è finito e noi dobbiamo essere pronti a tutto.

Ci allontaniamo di qualche metro dall'accampamento, Caleb si ferma di fronte a me e ripete la stessa routine da due giorni.

Si guarda intorno, trova un posticino che ritiene comodo sull'erba, si siede a gambe incrociate, infine si mette a fissarmi, in attesa che faccia qualcosa.

<<Quando vuoi..>> mi dice.

Mi siedo anch'io, chiudo gli occhi ed inizio a meditare.

Mio padre sosteneva che l'unico modo per conoscersi davvero era questo, stare da soli con sé stessi e ragionare.

Le ombre escono subito, sento la pelle freddarsi nonostante gli abiti caldi.

La luce invece rimane sopita, la sento, perfettamente, riesco quasi a toccarla.

Sento il calore, il suo profumo.

Poi scompare, quella piccola fiammella a cui dovrei aggrapparmi semplicemente sparisce.

<<Non ci riesco..- dico esausta -Dobbiamo trovare un altro modo.>>

<<Quel giorno l'abbiamo fatto ed eravamo molto più stanchi.>> prova a rincuorarmi.

<<Non c'è luce dentro di me, Caleb...non c'è mai stata...>>

<<Non è vero, tu sei piena di luce.>> scuoto il capo e ricaccio indietro le lacrime. Sono stanca e frustrata.

La cosa peggiore è che riesco a toccarla, riesco a percepirla ma non ad afferrarla.

<<Non ce la faccio.>>

<<Smettila di ripeterlo, l'hai già fatto, non può essere tanto diverso..>> alcune lacrime mi solcano le guance arrossate per il freddo.

'L'hai già fatto' me lo ripetevano sempre, ed ogni volta era una coltellata allo stomaco.

<<Althea...- ci voltiamo entrambi verso la voce che ha chiamato il mio nome. Gli occhi cerulei di Alec mi guardano, ha aperto le braccia. -Vieni qui.>>

Spazio autrice:

Buon compleanno Althea, e buon compleanno anche a me 😅.

Alcuni di voi avevano indovinato nei messaggi in privato il motivo di questo aggiornamento triplo.

Con la mia protagonista, oltre a condividere una timidezza fuori dal comune, condivido anche il compleanno. ❤️

Comunque che ne pensate del capitolo? Cosa avrà detto Caleb per scatenare questa reazione?

Lo scoprirete lunedì. ❤️

Un abbraccio,

Belle

La guardia del re - 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora