Quando arrivai a casa iniziai a pensare a cosa dire a Ceaser.
Perché sarei uscita con la tenuta che di solito usavo quando uscivo con lui in veste di guardia del corpo.
Da quando vivevamo a Los Angeles non l'avevo mai usata perché non avevo mai avuto nessuna occasione per usarla. Per fortuna.
La nostra copertura, per com'era stata costruita e progettata dalla mamma, stava funzionando alla perfezione.
E noi stavamo riuscendo a vivere benissimo senza l'aiuto economico, e per altre questioni di nostra madre. Esattamente come voleva lei.
E soprattutto avevamo una vita normale grazie ai sacrifici della mamma.
Quando pensavo alla mamma mi si riempie il cuore di orgoglio e amore.
Senza l'aiuto di nessuno, con un orrendo marito che si era trovata a causa del costretto matrimonio combinato, si era ritrovata a crescere noi due da sola e a non farci pesare la posizione che avevamo nella società.
Alla stampa non aveva mai parlato di noi, aveva cambiato i nostri nomi e cognomi, e ci aveva fatto frequentare luoghi comuni.
Ci aveva dato la vita che lei non ha aveva avuto, e che ero certa, avrebbe tanto voluto avere.
E per questo non basterà mai una vita per ripagarla per tutto quello che aveva fatto per noi.
***
Mentre mi facevo la doccia sentivo l'adrenalina salire perché questa sera potrei avere tra le mani delle informazioni decisive.
E poi perché questa situazione, da fanfiction di Wattpad, si stava avverando sul serio e per altro, superava di gran lunga qualsiasi trama io abbia mai letto in questi anni.
Solo che se avessi compiuto un passo sbagliato sarei morta.
E non ci sarebbe stato nessuno a narrare la vicenda di una ragazza folle, che era morta, per spiare dei presunti capi clan della malavita Californiana.
Con l'accappatoio ancora addosso mi diressi in camera e tirai fuori il mio borsone delle missioni.
Dentro misi il mio quadernino con la penna per gli appunti da spia, la macchina fotografica togliendo ovviamente il flash e lucina rossa, il registratore, la pistola che tenevo ben nascosta in una fessura del muro sotto un quadro, la mia maschera a metà viso e la valigetta del pronto soccorso d'emergenza.
Controllai tutto quanto due volte per essere sicura che dentro la borsa ci fosse tutto.
E poi mi misi finalmente la tuta da missione, legandomi i capelli in uno chignon morbido e andai in cucina a mangiare qualcosa.
Nel frattempo stavo elaborando mentalmente un piano perfetto per lo spionaggio e anche il piano di fuga d'emergenza.
***
Ceaser alla fine non era tornato a casa.
Quando arrivò il momento di uscire di casa scrissi velocemente un post it per lui comunicandoli che ero uscita. E poi corsi in macchina.
Erano le 21.30 e dovevo assolutamente arrivare prima di loro.
Volevo essere già nel posto dello spionaggio, comoda, nascosta e al sicuro. In queste missioni arrivare in anticipo era fondamentale.
Parcheggiai la macchina poco lontano dal punto dell'incontro e poi mi incamminai verso la spiaggia.
Per essere un quartiere di Hollywood, nonostante sia uno di quelli malfamati, metteva inquietudine. La strada era quasi del tutto buia e deserta, se non fosse per la luce della Luna, e il suo dolce dell'oceano.
Erano le 21.50 e nella spiaggia vidi solo un ragazzo, con una birra in mano, appoggiato ad una macchina chiaramente truccata.
Mi sedetti su uno scoglio al buio, poco lontana dal ragazzo. Era un posto davvero comodo e da questa posizione sarei dovuta riuscire a sentire tutto quello che avrebbero detto.
Mi tirai sul il cappuccio fissandolo bene, poi mi misi la mia maschera, presi il quaderno con la penna, la macchina fotografica intorno al collo e misi bene la borsa a tracolla attaccata alla schiena. La pistola la incastrai bene nello stivale destro.
Ero ufficialmente pronta per la missione di spionaggio più interessante della mia vita.
Cinque minuti dopo arrivò Logan.
E come avevo sospettato con lui c'erano anche Shachi, Dylan (avevo sempre saputo che quei due ragazzi, in qualche modo, c'entrassero con Logan non solo come colleghi o semplice conoscenza) e una ragazza che non avevo mai visto.
Le feci subito una foto e anche al ragazzo con la birra.
Salutarono il ragazzo con una pacca sulla spalla. Scoprii che il nome del ragazzo era Kai e lo scrissi subito sul quadernino.
Kai aveva i capelli castano chiaro ondulati che arrivano alle spalle, la pelle bronzea, e nonostante il suo fisico fosse molto possente e molto alto, ha un portamento molto delicato e fine.
Indossava un kimono moderno, che non avevo mai visto in giro, e al momento stava fumando una piccola canna. E lo sapevo dal profumo dell'erba che arrivava fino a me.
-Logan Jones. Non pensavo che saresti venuto alla fine.- Disse Kai con l'accento puro messicano stupito dalla sua presenza.
-Spero di non pentirmene.- Disse freddamente.
-Sono già in ritardo gli altri.- Constatò Kai guardando l'orologio che ha al polso.
-Lo so.- Disse Logan con una smorfia.
-Non li sopporti tanto da quanto vedo.- Commentò Kai con un sorrisetto divertito.
-Fatti cazzi tuoi.- Disse duramente Law.
-Come sei suscettibile.- Lo prese in giro ridacchiando.
Logan gli lanciò un'occhiataccia ringhiando.
-Capo, stai calmo.- Disse Dylan mettendole una mano sulla sua spalla.
-Esatto.- Disse Shachi. -Deve ancora arrivare Keith con gli altri. Se ci innervosiamo già ora va a finire come al solito. E non mi sembra il caso.- Conclude serio.
-Lo so.- Sbuffa staccandoseli da dosso.
-Hai dei collaboratori molto premurosi con te.- Disse Kai fumando senza particolare interesse verso di loro, ma solamente per chiacchierare e passare il tempo.
-Loro sono la mia famiglia.- Disse Logan serio mantenendo lo sguardo fermo nel suo.
-Eccoci.-
E poi sbucò fuori Keith con uno sguardo infuocato.

STAI LEGGENDO
ANCHE L'AMORE NON BASTA.
RomansaAlexandra Rojo sembra essere una ragazza comune: svolge il lavoro di segretaria in un'azienda medica privata, dedica il suo tempo libero alla palestra e si perde nei mondi di Wattpad. Tuttavia, queste apparenti normalità servono solo a nascondere l...