33 - 10 MARZO 1976

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Remus correva a più non posso sul prato appena fuori dal castello, quello accanto al campo di Quidditch, inseguito da un grande cane nero che scodinzolava.
Non c'era d'aver paura, Remus stava ridendo a crepapelle.

Il ragazzo si lasciò cadere sull'erba morbida, invitando il cane a giocare con lui.
Il cane, con la lingua penzoloni, si avvicinò e posò amabilmente la testa sul petto di Remus, chiedendo carezze.
Con un risolino, Remus si girò sulla schiena e il cane iniziò a leccargli il viso, scatenando ancora più risate da parte del ragazzo.

Si alzarono di nuovo entrambi, e Remus ricominciò a correre mentre il cane continuava a inseguirlo felice. Il vento gli scompigliava i capelli, il sole brillante disegnava ombre allegre sul prato, e il mondo sembrava rallentare il suo ritmo mentre i due amici si divertivano senza alcun pensiero.

Remus si chinò per afferrare un rametto, desiderava lanciarlo. Appena lo prese, tuttavia, si accorse che qualcosa non andava: dalle sue dita si intravedeva una moltitudine di peli che non era normale. Lui le osservò, stranito, poi guardò il cielo: il sole splendeva ancora. Non poteva essere.

Tornò a guardare le sue mani, poi si alzò le maniche e vide che i peli gli stavano aumentando sempre di più dappertutto. Lasciò cadere il rametto a terra senza prestarvi attenzione, continuando a osservare il suo corpo, a toccarsi il collo, per poi sentire dolore in faccia quando fece il tentativo di toccarsi le guance: si era graffiato. Tornò a guardarsi le mani e notò come le sue unghie, a tal proposito, si fossero allungate, e non poco.

Sarebbe stato tutto normale, se ci fosse stata la luna piena. Ma il sole era alto nel cielo.

Remus cadde sul posto, in ginocchio, quasi esasperato per non poterlo più controllare. Sentiva le gengive iniziare a fargli male, e digrignò i denti, e il cane con cui prima giocava gli si avvicinò, ma era interrogativo.

"Te ne devi andare..." disse Remus. Glie lo disse a parole, con lo sguardo e con i sensi, e il cane sembrava aver afferrato il concetto, questione di istinto. Tuttavia, era come se avesse deciso di sua spontanea volontà di restare. Era come se volesse aiutarlo, soccorrerlo, ma... era solo un cane.

Remus rialzò in piedi ed iniziò a contrarre gli addominali, e fu così strano per lui pensare che, per la prima volta, avrebbe ululato al sole anziché alla luna.

"Remus..." si sentì improvvisamente chiamare. La voce echeggiava lì nei dintorni, come fosse contenuta in uno specchio, ma non c'era nessuno.

Remus si guardò intorno, ancora preoccupato, ma con lui c'era solo quel cane.

"Remus..." di nuovo quella voce. Sembrava familiare e sempre più forte.

Remus aprì finalmente gli occhi e vide James, Peter e Lily.

Si guardò velocemente le mani, che erano normali. Si toccò la faccia, la cui pelle era liscia.

Aveva di nuovo sognato.

"Ragazzi..." disse con un fil di voce, ancora col cuore che gli batteva forte dentro il petto.

Lily Evans si avvicinò di più alla sua faccia e gli diede un bacio quasi violento sulla faccia. "Auguri, Remu." disse, infine.

Remus sorrise.

"Buon compleanno, Moony." esclamarono, poi, Peter e James, per poi abbracciarlo.

Finalmente Remus alzò il busto e si sedette, guardandosi intorno, ancora con l'ansia che via via stava svanendo.

Non era ancora giorno, e nella stanza si trovavano anche Marlene e Mary, che andarono ad abbracciarlo dopo James e Peter.

"Buon compleanno, Remus!" dissero.

LETTERE ANONIME ~ Sirius Black & Remus LupinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora