34 - 11 MARZO 1976

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In fondo lo sapeva.

Padfoot lo sapeva.

Sapeva esserci qualcosa in lui. Puro istinto. Pura percezione. Se i cani e i lupi appartenevano alla stessa famiglia, era stato quello a rivelargli che in Remus ci fosse qualcosa di simile a lui.

Inizialmente, Sirius era fermamente convinto che fosse un animagus, ne aveva quasi la certezza. Quella notte, però, ebbe davvero paura.

Non lo si poteva negare, ebbe paura. E il lupo lo aveva percepito, dall'inizio.

Lo aveva visto, sentito ululare. Lo aveva visto fissare la luna. E poi aveva pensato «quale magnifica creatura».

Ne rimase esterrefatto, affascinato e, allo stesso tempo, terrorizzato.

Ma poi si lasciò guidare di nuovo dal suo istinto, e si avvicinò. Il lupo non gli fece neanche un graffio: rimase, anzi, a guardarlo con meraviglia a sua volta.

Fu una notte dolce, giocosa, divertente. Fu una notte strana, sadica, tenera.

E allo scomparire della luna, alle prime luci dell'alba, Sirius osservò il lupo cadere a terra, a pezzi, stanco e inerme. Lo vide ritrasformarsi, e Remus era di nuovo lì, ed era esattamente a pezzi, stanco e inerme. Come il lupo.

Si trovava disteso e addormentato a pancia in giù, infreddolito dal vento mattutino di quel gelido marzo.

Sicuro che non sarebbe finito sotto occhi indiscreti, Padfoot si ritrasformò in Sirius.

Una volta in piedi, raggiunse il letto malandato della stanza e prese una coperta che vi era piegata sopra, per poi coprirvi il ragazzo nudo, addormentato a terra.

Sirius sedeva accanto a lui, a gambe incrociate, e fissava il suo debole viso. Guardava le sue piccole lentiggini, la delicatezza del suo naso aquilino, i capelli che gli cadevano sporchi sulla fronte sudata. Glie la sfiorò: era gelida.

Avrebbe voluto abbracciarlo, scaldarlo, mentre si limitò ad accarezzargli la schiena coperta dalla lana e a guardare il sole sorgere completamente, e si rammaricò pensando a cosa dovesse passare ogni mese.

Non sapeva moltissimo su quelli come lui. Sapeva, però, di cosa ne pensava la sua famiglia, sapeva degli accordi di Greybeck con Voldemort, sapeva che era una lotta all'ultimo sangue. E, soprattutto, sapeva che non faceva parte del branco di quel viscido. Sapeva che era solo.

Remus aprì gli occhi e si mosse leggermente, completamente stordito. Con le poche forze che gli rimanevano, cercò di voltarsi e vedere chi fosse ad avere la mano sulle sue spalle, ma fece più fatica del previsto e non ci riuscì.

"Ssh, non muoverti." sentì un sussurro provenire da appena dietro di lui, ma la reazione che suscitò fu tutt'altro che quella voluta da Sirius.

Si sforzò di più, e finalmente lo vide: seduto accanto a lui, un volto pallido e apparentemente sereno. Capelli scuri, ricci, ribelli che sembravano avere una vita propria, formando una sorta di caos artistico attorno al suo viso, con tanto di occhiaie, marcate e profonde, che raccontavano di una notte insonne e che, ciononostante, non riuscivano ad offuscare la sua bellezza.

Remus elaborò tutto questo in pochi secondi, con la testa che ancora gli martellava a causa della lunga notte trascorsa.

"Tu che ci fai..." provò a dire, ma era praticamente senza voce.

"Non parlare." continuò a sussurrargli Sirius, continuando ad accarezzargli la schiena per cercare di riscaldarlo almeno un po'.
"Ti spiegherò tutto. Tu cerca di non agitarti, però."

Remus avrebbe voluto controbattere e alzarsi in piedi all'istante, coprirsi meglio per non farsi vedere, fuggire. Ma non ne aveva per nulla le forze. Tutto ciò che poteva fare era davvero niente.
Era guardare il ragazzo seduto accanto a lui, la sua pelle chiara, quasi trasparente, illuminata dalla luce del mattino contrastando magnificamente con i suoi capelli assolutamente in disordine.

Avrebbe voluto sotterrarsi, sparire, avrebbe voluto cancellare tutto. Come poteva sapere? E, soprattutto, come poteva sapere ed essere rimasto?

Il viso di Sirius era rilassato, anche se segnato dalla fatica, dalle ore in cui avrebbe dovuto dormire. Sembrava avere una tranquilla grazia che lo catturava imperturbabilmente.

"Per... perché sei.." Remus provò ancora a parlare.

"Ecco, vedi..." Sirius iniziò, stavolta con la sua voce normale, seppur mantenendola bassa. "Sono io il cane."

"S- sei.."

"Sì. Sono un animagus."

"Non sei..."

"Non sono registrato, no."

Remus osservava il suo profilo, la leggera ruga sulla fronte e il modo in cui le sue ciglia scure si adagiavano sulle palpebre.
Nonostante la palpabile stanchezza dipinta sul suo viso, la sua presenza era magnetica, autentica.

Un brivido gli percosse la schiena.

"Hai freddo, vedo?" gli domandò Sirius.

"Un po'."

"Riesci a sederti?"

Remus provò a tirarsi su, ma Sirius lo fermò all'istante. "Aspetta, lascia fare a me." Detto questo, afferrò il fragile corpo di Remus e lo aiutò a cambiar posizione, fin quando non si mise a sedere.

Sirius lo accolse calorosamente tra le sue braccia, in modo da farlo scaldare ulteriormente, mentre continuava ad accarezzargli le braccia con entrambe le mani.

"Grazie..." riuscì a dire Remus.

"Non pensarci neanche."

Solo in quel momento, Remus realizzò che sotto la coperta di lana era praticamente nudo, e cercò di avvolgersi meglio in essa, ma Sirius lo fece per lui.

Paradossalmente per la situazione in cui si trovava, erano anni che Remus non si sentiva così al sicuro, così protetto.

Sirius iniziò ad accarezzargli l'avambraccio destro, e Remus fece una smorfia di dolore.

"Ti ho fatto male?" gli chiese.

"No, non tu."

"Fammi vedere."

"Non è- non è niente."

"Su, fammi vedere."

L'avambraccio di Remus era cosparso di lividi, e c'era un taglio. Era piccolo, ma profondo.

Sirius tirò fuori la bacchetta e, senza neanche pronunciare l'incantesimo, la ferita, poco a poco, scomparve.

Remus non disse niente, ma ne rimase estremamente colpito. Non era da tutti essere così bravi negli incantesimi curativi, solo Madama Chips, nella sua esperienza, ci riusciva così bene, e non era da tutti essere in grado di padroneggiare la magia senza le parole.

Un altro brivido di freddo sopraggiunse sul corpo impassibile di Remus, e Sirius lo strinse di più, poggiando la sua testa nell'incavo tra il collo e la spalla di Remus, e Remus iniziò a godere del calore del fiato di Sirius sulla destra del suo petto.

"Pads.."

"Sì?"

"Non devi.."

"Non lo dirò a nessuno." Sirius lo precedette. "Non lo farei mai."

Un nuovo brivido, questa volta non causato dal freddo, percosse nuovamente la colonna vertebrale di Remus, e poi il resto del suo corpo, cosa che portò Sirius a stringerlo ancora più forte e ad accarezzarlo più velocemente.

"E poi siamo in due a non essere registrati." Sirius aggiunse, facendo sorridere Remus.

"Ah, Moony?" Sirius lo chiamò, dopo pochi minuti.

"Sì?"

"Buon compleanno."

LETTERE ANONIME ~ Sirius Black & Remus LupinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora