51. LA QUESTIONE DEI MANGIAMORTE

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La stanza di Severus Piton era fredda. Pareti di pietra umida erano illuminate solo da qualche candela tremolante, la luce fioca proiettava ombre lunghe e inquietanti sui volti dei presenti.
L'aria era densa di un silenzio carico di tensione, rotto soltanto dal lieve crepitio del fuoco che ardeva nel camino.
Gli occhi di tutti erano puntati su Sirius Black, che sedeva con un'aria apparentemente calma al centro della stanza.

Sirius aveva solamente cercato di temporeggiare, voleva evitare di fare del male a qualcuno mentre si definiva un ignavo e si godeva alcuni degli ultimi strascichi della sua giovinezza. Aveva fin'ora evitato di impartire ordini diretti, aveva lottato con tutto se stesso per non essere parte di quelle persone che disprezzava così tanto, sperando di rallentare l'inevitabile.

I suoi compagni, tuttavia, non erano stati così pazienti. L'attacco al tassorosso nato babbano del giorno precedente aveva scatenato il suo disprezzo, sebbene non potesse permettersi di mostrarlo apertamente.

"Non dovevate farlo," disse Sirius, la sua voce tagliente come un coltello. "Vi avevo detto di aspettare."

Lucius Malfoy, seduto con un'eleganza glaciale, incrociò le braccia al petto e lo fissò con uno sguardo sprezzante. "Aspettare? Per quanto ancora, Sirius? Siamo stanchi di non fare nulla. Il Signore Oscuro non apprezza i codardi."

Sirius lo guardò con occhi pieni di rabbia trattenuta, cercando di fare comunque la parte del posato, del controllato.
"Gli ordini li do io, Lucius," ribatté con fermezza. "Non è stato intelligente attaccare così presto, senza sapere quali potrebbero essere le conseguenze."
Sirius stava guardando il suo interlocutore con estremo disprezzo. Era il disprezzo di avere attaccato una persona indifesa per nessun motivo, ma lo mascherava bene. "Ora siamo tutti a rischio. Voi non avete il diritto di agire senza il mio consenso."

Regulus, che stava in piedi accanto al fratello maggiore, annuì con un cenno appena percettibile, sostenendo Sirius nella sua protesta. Anche se condivideva le sue stesse idee, c'era un'ombra di preoccupazione nel suo sguardo, sapendo quanto fosse pericoloso sfidare l'autorità di Lucius Malfoy, che godeva visibilmente e a pieni voti del favore di Voldemort. Lo si poteva notare dal marchio che, ogni volta che poteva, non faceva a meno di ostentare.

Severus Piton, seduto in disparte, ascoltava in silenzio. Era nuovo nel gruppo, e nonostante la sua arguzia fosse nota a tutti - basti pensare all'andamento della sua carriera scolastica - sentiva il peso della sua condizione di mezzosangue. Era stato coinvolto nell'attacco del giorno precedente, ma non era stato lui a prendere l'iniziativa. Guardava con una certa apprensione Sirius, chiedendosi come facesse a mantenere quel controllo apparente, anche di fronte alla sfida di Malfoy.

Avery e Mulciber, che si trovavano vicino a Piton, annuirono in segno di sostegno verso Lucius.

Mulciber, con un sorriso compiaciuto, disse: "Sirius, sappiamo tutti che hai un certo talento per la strategia, ma a volte l'azione è più importante. Quel tassorosso era solo l'inizio. Dobbiamo far vedere al mondo di cosa siamo capaci." Progressivamente alzava il suo tono di voce, fino ad arrivare a un "Devono temerci!" quasi urlato.

Sirius si alzò in piedi, la rabbia ora evidente sul suo volto. "L'azione senza intelligenza è solo stoltezza," replicò con asprezza. "E voi state agendo come degli idioti."

Il silenzio calò di nuovo nella stanza, pesante come un macigno. Persino Narcissa Black, che finora era rimasta in disparte, distolse lo sguardo, sentendo l'atmosfera farsi sempre più tesa.

Alla fine, fu Regulus a rompere la tensione. "Non possiamo permetterci di attirare troppa attenzione su di noi, non ancora. Sirius ha ragione: dobbiamo essere sicuri delle nostre mosse. Ma capisco l'impazienza di Lucius e degli altri. Dovremmo trovare un modo per agire con più cautela."

Regulus ottenne sguardi minacciosi da entrambe le fazioni, per quanto fosse equilibrata quell'uscita.

Lucius strinse le labbra, ma non rispose. Sapeva che sfidare apertamente i fratelli Black in quel momento non avrebbe portato a nulla di buono. Tuttavia, il seme del dissenso era ormai piantato.

La riunione proseguì, ma il silenzio di Severus Piton rimase. Sapeva che, nonostante la sua posizione ancora marginale nel gruppo, sarebbe presto stato costretto a scegliere da che parte stare. La lealtà alla causa dei Mangiamorte era una strada pericolosa, e il conflitto tra Sirius e Lucius era solo l'inizio di una guerra molto più grande, una guerra in cui tutti loro erano solo pedine.

[...]

Dal giorno dopo, il ritmo delle lezioni sarebbe stato ripreso regolarmente. Sarebbe stato tutto regolare, aveva detto Silente, sebbene di davvero regolare c'era ormai ben poco.

Gli studenti avevano sempre più paura a girare da soli all'interno del castello. Remus, in particolare, era sempre insieme a James e Peter, erano loro a insistere. Inoltre, James insisteva per accompagnare sempre anche Mary e Lily. Era più sicuro.

"Sapete qualcosa di Bennett?" chiese Mary, quella mattina, mentre si dirigevano verso la Sala Grande per fare colazione.

"Non se ne sa ancora niente" rispose Peter. "Da quel che so, non è ancora sveglio."

"Cazzo." esclamò la ragazza.

"Hey.." Lily le mise delicatamente una spalla.

"Lily, cosa c'è? È così. È così, cazzo. Potevo essere io, quella. Anzi, stavo per essere io. Fortunatamente io sono rinvenuta subito, ma poteva capitare a me!..."

"Poteva capitare anche a me" disse Lily seria, senza però togliere la mano dalla spalla della sua amica. "Credi che non lo sappia? Credi che non abbia paura anch'io da così tanto tempo?"

All'iniziare ad agitarsi della ragazza dai capelli rossi, James era sempre più attento ad ogni punto, ad ogni accento e apostrofo della conversazione. In particolare, al modo in cui le si arricciava il naso quando si arrabbiava o diveniva più seria del solito, alle fossette e alle micro espressioni dipendenti da ciò che dicevano gli altri. E spesso pensava che gli sarebbe piaciuto riuscire a controllare le parole di tutti quelli che aveva intorno solo per fare in modo che a Lily dicessero soltanto cose belle, ma si sentiva anche inopportuno a pensare a ciò, essendoci una guerra imminente, e sapendo che lei sarebbe potuta benissimo esserne una potenziale vittima.

Alla fine giunsero alla Sala e si sedettero al loro tavolo.

Naturalmente, guardare al tavolo dei Serpeverde fu la prima cosa che Remus fece appena seduto. E sorprendentemente, Sirius lo stava fissando. Ma aveva l'aria triste.

Remus incurvò le sopracciglia, e Sirius sbatté le palpebre e la sua bocca si disallineò in un'espressione rammaricata.

Remus aveva bisogno di parlargli, ma non sapeva come fare, e soprattutto non voleva risultare un disperato, un bisognoso. Cosa che forse, a quanto pare, credeva di essere. Ma non voleva che lo abbandonasse.

Ma Sirius non si alzava più per andare a far visita al tavolo dei Grifondoro. Non che lo facesse così spesso, ma Remus desiderava proprio che, quella mattina, lo facesse.

Si avvicinarono solo in corridoio, mentre avanzavano per andare a lezione.

Remus, che era insieme ai suoi amici, si ritrovò faccia a faccia con Sirius, che aveva con sé Rosier e suo fratello.

"Cosa succede?" James aveva chiesto a Remus a quel punto. "È di nuovo come prima? Devo parlargli io?"

"No no no no no" rispose impulsivamente Remus, "Va tutto bene. Davvero."

"E perché-"

"Ne abbiamo parlato. È più sicuro così."

Non ne avevano davvero parlato, ovviamente. Era solo quello che Remus si raccontava per avere un minimo di controllo su quel che stava succedendo.

Remus si voltò per un attimo verso di Sirius, che era ormai dietro di lui. Sirius era girato di schiena, ovviamente. Non l'aveva guardato. Ma Regulus sì.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 31 ⏰

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LETTERE ANONIME ~ Sirius Black & Remus LupinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora