44 - DI NASCOSTO

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Se, la mattina, Sirius e Remus si scambiavano futili sguardi complici senza neanche dirsi ciao, la notte, tra il bagliore delle stelle e il silenzio delle aule deserte, Padfoot e Moony si incontravano furtivamente.
Nell'aula di Astronomia, tra telescopi e mappe celesti, si intrattenevano insonoramente, immersi nell'intensità del momento.

Anche la biblioteca, con i suoi libri antichi e scaffali, diveniva il loro rifugio segreto, un luogo dove le parole sussurrate risuonavano come promesse nell'aria.

Passaggi segreti, noti solo a loro, diventavano sentieri di connessione tra i loro mondi, così diversi, mentre il rischio che tutto finisse rendeva ogni istante ancora più prezioso.

In quel misterioso intreccio di spazi proibiti, la loro storia si scriveva, come pagine di un libro segreto scritto dalla notte stessa.

In quegli istanti rubati, Padfoot e Moony erano perennemente in preda all'eccitazione e alla paura. Le mani tremanti si cercavano nell'oscurità, mentre il cuore accelerava il suo ritmo in una danza di emozioni proibite.

Ogni angolo del castello aveva per loro una storia da raccontare. In quei momenti, Padfoot e Moony si sentivano invincibili, uniti da un legame che sfidava le regole, una storia segreta che era scritta tra le righe, come una postilla.

20 marzo 1976

Il suo riflesso gli restituì lo sguardo, occhi contornati da capelli neri. Si sentiva meno stanco quella mattina, e molto più in vena di iniziare la giornata.

Non c'era un motivo preciso. Sarebbe stata che una giornata uguale a tante altre. Ciononostante, una strana luminosa aura vibrava attorno al corpo di Sirius Black, quella mattina.
Non dovette neanche sforzarsi di infondersi fiducia, quel giorno.

Ecco fatto. La toga era pronta. Sirius prese in mano la cravatta nera e verde e se la mise attorno al collo.
Si fermò per un attimo. Rimase immobile a guardare il suo riflesso nello specchio. Più che se stesso, però, stavolta, guardava la sua cravatta. Stava di nuovo andando in overthinking. Pensò a come sarebbe potuto essere se, in altro universo, fosse stato smistato in un'altra casa. Si chiese come sarebbe potuta essere la sua vita se, a undici anni, la sua cravatta fosse stata rossa e gialla.

I suoi occhi divennero semilucidi, mentre dei passi dietro di lui interruppero l'insano flusso di pensieri.

"Che c'è?" gli domandò suo fratello.

Sirius si voltò e lo vide, poi ricominciò a guardare lo specchio di fronte a lui. "Niente." disse.

Indossò e fece un nodo saldo alla sua cravatta. Tutta la positività da cui era pervaso prima, sembrava essere sparita, solo grazie alla sua testa e ai suoi maledetti pensieri. Lo avevano incupito.

"Chi è lei?" quelle parole uscirono dalla bocca di Regulus velocemente, tutte d'un fiato. Come se suo fratello avesse meditato a lungo sull'indecisione di fargli o meno quella domanda.

"Lei chi?"

"Non fingere, Sirius."

"Non sono affari tuoi. Che t'importa di chi mi sbatto?" Sirius faceva finta di aggiustarsi ancora le pieghe della toga, nonostante fosse già a posto. Non voleva voltarsi e guardarlo in faccia.

Regulus, invece, guardava comunque il suo viso attraverso lo specchio, da più lontano.

"Se te la sbattessi e basta non saresti così... strano."

"Non sono strano."

"Ti prego. Perché non -"

"Adesso basta. Mi hai rotto e devo andare." Sirius si voltò. Prese la sua cartella, già pronta, e uscì dalla stanza.

LETTERE ANONIME ~ Sirius Black & Remus LupinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora