Capitolo 04

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Adam pov's
Coraggio ragazzo, continua così. Era queste le parole che mi ripeteva ogni volta che colpivo il sacco. Michael era stato il mio coach dal primo allenamento. Eravamo sempre in uno scantinato che aveva le cose essenziali: il ring.

Tutto sudato presi le mie cose e lo salutai con un pugno sul braccio come ero solito fare. Avevo parcheggiato non troppo lontano quindi non dovetti fare troppa strada a piedi con le spalle umide.

Quando arrivai all'appartamento poco vicino al campus, vidi che era tutto silenzioso. Probabilmente erano in giro a divertirsi, meglio per me. Mi sarei rilassato guardando la televisione.

"Sabato cena da noi" scrisse mio padre in un sms.

Lanciai il telefono sul bancone con rabbia e mi liberai degli abiti sporchi, docciandomi finalmente. Indossai solo dei pantaloncini, bevetti una birra fredda non rispondendo ancora al suo messaggio.

Se pensava di avere ancora il controllo nella mia vita, si sbagliava di grosso. Il fatto che mi avesse tolto da quel posto non gli dava il diritto di decidere tutto della mia vita.

Avevo accettato di frequentare il suo prestigioso college, c'erano tutti quei figli di papà, pieni di soldi che si credevano di essere chissà chi. Camminavano dandosi arie nei loro abiti costosi e si circondavano solo di gente di un certo rango.

Sentì un rumore provenire dal pianerottolo, i ragazzi erano tornati. Ethan aveva una ragazza sottobraccio, mi schiacciò un occhiolino e si rifugiò nella sua stanza sussurrando un veloce buonanotte.

Gli altri due, entrarono poco dopo e presero anche loro una birra sedendosi sul divano accanto a me.

«C'è stato il delirio a quella festa» ruttò dandomi fastidio. Mi alzai ignorando entrambi, mi rinchiusi nella mia stanza e ci misi poco a crollare.

Il giorno dopo, ero di nuovo in quella scuola. Andammo in sala mensa come al solito, appena entrammo si fermarono giusto quei quattro secondi a fissarci e poi ripresero di nuovo a parlare. Era routine ormai e non capivo il loro interesse.

Io mangiavo sempre un pancake proteico con burro d'arachidi e spremuta d'arancia. Qui la cuoca non li cucinava male ma preferivo il preparato che avevo a casa. I tre cavernicoli accanto a me divoravano di tutto, quindi fare colazione qui e ingozzarsi come se non ci fosse un domani era d'obbligo per loro.

Vidi quella morettina ferma in mezzo alla stanza mentre beveva un intruglio strano. Indossava un berretto come a nascondersi e abiti più grandi di almeno due taglie. La sua amica, Cressida Fox se ricordo bene, le stava incollata dicendole qualcosa all'orecchio.

Era da mesi che la beccavo sempre a fissarmi, era circondata da tanti ragazzi in questo campus e non era niente male eppure i suoi occhi azzurri erano proiettati su di me.

«Guardi Cressida Fox?» chiese Ethan guardandola anche lui.

«Ti pare che Adam noti qualcuna» ridacchiò Oliver verso l'amico come se io non ci fossi.

Li guardai tutti male, uscì dalla sala beccandomi nuovamente tutti gli sguardi dei presenti.

Nei corridoi vidi Margaret correre verso di me, aveva il fiatone e mi chiesi da quanto tempo mi stesse cercando.

«Tuo padre ti vuole» regolarizzò il fiato

Sbuffai e raggiunsi l'ufficio del preside, entrai senza nemmeno bussare. Sapevo che gli dava fastidio, qui voleva tenere alto il suo profilo ma io cercavo di tutto per impedirglielo quando si trattava di me.

«Ti ho scritto ieri sera» disse senza neanche salutarmi

«E quindi?» lo guardai annoiato

«Verrai?» chiese spazientito

«Ci penserò» risposi con nonchalance

«Tua madre sente la tua mancanza e sarebbe buona norma presentarti ogni tanto» mi ammonì

Non gli diedi più ascolto, uscì rapidamente con le urla che uscivano da quella stanza. Avevo bisogno di una sigaretta al più presto e di una scopata.

Per la prima potetti procedere subito, prendendo il pacchetto di Malboro che mi portavo sempre nel giubbotto di jeans. Nel frattempo mandai un messaggio a Penelope che mi rispose subito. Sarei passato a casa sua, l'avrei trovata lì nei suoi completini sexy di pizzo.

Non ci misi molto ad arrivare, fui sotto casa sua in pochi minuti. Mi aprì con un sorriso sulla labbra, entrai chiudendo la porta con il piede. La baciai con irruenza, sbattendola al muro. Palpeggiai il seno formoso che aveva sotto alla sua canotta aderente. Schiuse la bocca ansimando, ero sicuro che fosse già fradicia per me.

«Ho bisogno del tuo cazzo» supplicò con voce bassa

Non feci nemmeno i preliminari, non mi interessava nemmeno sinceramente. Infilai un preservativo e indietreggiando finendo in cucina. La misi sul tavolo, divaricai le sue gambe lisce.

«Tuo padre dov'è?» le domandai mordendole il capezzolo

«È andato via di- ahhh» la penetrai di colpo senza darle il tempo di pensare. Impartì un ritmo veloce e profondo, il mio cazzo era quasi tutto dentro di lei.

«Amo il tuo cazzo» si toccò il clitoride

Aumentai la velocità a tal punto che il tavolo prese a muoversi sotto i colpi spodestanti che le davo. Continuai così per diversi minuti, premendo un pollice sul suo clitoride. Lo mossi freneticamente e scoppiò in un orgasmo violento.

Venni qualche istante dopo gettando il preservativo a terra. Avevamo il fiatone ma una sana scopata aiutava entrambi.

«Grazie maschione» baciò le mie labbra rapidamente

Scese dal tavolo prendendo le mutande che erano finite sul divano. Chiusi la lampo dei miei pantaloni rimettendo il mio cazzo nelle mutande.

Risalì in macchina e l'ora sul riquadro nella macchina lampeggiava, ero ancora in tempo per entrare in seconda ora. Trovai un po' di traffico seppur Maysville fosse una piccola cittadina ma riuscì ad arrivare in tempo.

Quando entrai c'era il caos per il cambio d'ora, ognuno guardava i suoi orari vedendo in quale aula andare. Qualche ragazza mi lanciò sguardi languidi che ignorai prontamente.

Vidi i miei amici chiacchierare con delle ragazze, erano dei veri stronzi ma ci sapevano fare con le donne. Bastava guardarli in opera, gli sguardi che rivolgevano alle fanciulle e con la scusa di sfiorare i loro capelli guardavano anche il loro sedere.

L'Aidem era ambita da tutti, farne parte era il sogno di tutti. Per questo mio padre voleva che fosse sempre tutto perfetto e trascorreva gran parte delle sue giornate qui, a curare ogni minimo dettaglio in modo maniacale.

Quando vivevo ancora a casa loro, tornava sempre tardi. Spesso veniva chiamato durante la notte e doveva correre qui per delle bravate degli adolescenti. Volente o nolente dovevo venirci in questo college, non potevo tirarmi più indietro.

*Spazio autrice*💖
Mie lettrici e miei lettori vi ho pubblicato il capitolo 4.
Cosa ne pensate di Nathan? Cosa si nasconderà dietro la sua indifferenza?
Al prossimo capitolo...
~Nanny🌻

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