19 - Per abitudine

1K 72 0
                                    

3 Giugno 2023, Empoli

Giocavo nervosamente con il cucchiaino, rigirandolo nella coppetta di vetro poggiata sul tavolo di fronte a me, contenente del gelato pistacchio e caffè, due dei miei gusti preferiti. Sentivo lo sguardo del ragazzo di fronte a me bruciarmi addosso non appena finii il racconto.

"Quindi vi siete baciati" ripetè Marco, come per assicurarsi di aver capito bene. "Un'altra volta" aggiunse poi. Io semplicemente annuii, non sapendo bene cosa avrei dovuto dirgli. "E parlando non avete risolto nulla" continuò il suo resoconto. Non aveva un tono giudicante, non stava criticando né il mio né il suo comportamento.

Era per questo che ogni tanto mi piaceva confessarmi con il ragazzo platinato: era un ottimo ascoltatore, non giudicava mai e dava sempre ottimi consigli. Poi, tra le altre cose, era imparziale, assolutamente oggettivo, e questo mi rassicurava sull'affidabilità di qualsiasi cosa avrebbe detto.

"È stata colpa mia quel giorno, a casa di Ghera. Non l'ho fatto parlare e l'ho pure trattato di merda" mi colpevolizzai, mentre mangiavo un cucchiaino di gelato mezzo sciolto. Il ragazzo copiò il mio gesto prima di rispondermi.

"Eri ancora scossa, ci sta" provò a rassicurarmi. "Sono sicuro che se parlaste ora risolvereste tutto" disse poi convinto, prima di posare il cucchiaino nella coppetta ormai vuota.

"Non ne sono molto sicura, sai" confessai, mentre lo vedevo armeggiare al cellulare, come se stesse mandando un messaggio. La cosa un po' mi fece storcere il naso - insomma, ti sto parlando - però pensai che magari era una cosa importante e lasciai correre. "L'ultima volta sembrava molto arrabbiato e non abbiamo più parlato da quel giorno".

"Non penso ti possa tenere il broncio ancora a lungo" disse convinto alzandosi dal tavolo per andare a riporre le stoviglie sporche che avevamo appena usato nel lavandino.

"Non è tenere il broncio. Sono stata stronza e lui è incazzato" gli spiegai, iniziando ad agitarmi. "Giustamente" aggiunsi poi, poggiando la testa sulle mani, lasciandomi prendere dalla disperazione. Cercavo di salvare un'amicizia invece l'ho rovinata.

"Non può essere incazzato per sempre, Bebe" precisò, puntando i suoi grandi occhi vitrei nei miei. Il momento fu interrotto dal campanello di casa di Caph che suonò improvvisamente, facendomi quasi spaventare.

"Aspettavi qualcuno?" Gli chiesi confusa, non volevo essere un disturbo. "Più o meno" fu la risposta enigmatica che mi diede, mentre sul suo viso compariva un sorriso.

Andò ad aprire la porta e io, presa dalla curiosità, lo seguii a passo svelto. Quando aprì il portone la figura di Pietro si palesò prepotentemente nella stanza, mentre parlava a macchinetta mangiandosi le parole.

"Che è successo? Appena mi hai scritto sono corso, ero qui vicino che andav-" si bloccò non appena mi vide, restando un paio di secondi in silenzio. Mosse lentamente il braccio, puntandomi con l'indice. "È questa l'emergenza per la quale mi hai fatto correre con l'ansia?" Domandò, sembrava quasi scocciato. "E io che pensavo ti servisse aiuto per una cosa seria".

Iniziò a camminare nuovamente verso la porta dalla quale era appena entrato ma Marco prontamente lo fermò, tirandolo per il braccio.

"Tu non vai da nessuna parte" lo riprese il platino. "Voi ora state qua e risolvete" disse lapidario, con un tono che non accettava repliche. Prese il cellulare, il portafogli e le chiavi di casa, precipitando fuori dal suo stesso appartamento.

Back in time // FaresDove le storie prendono vita. Scoprilo ora