2 Dicembre 2023, Firenze
Trascinavo i piedi lungo il corridoio, sconsolata e delusa da me stessa. Appesa alla spalla destra tenevo la pesante borsa colma di tutte quelle cose che avrei dovuto studiare decisamente meglio. In quel periodo le distrazioni erano state troppe e, nonostante le ore notturne di studio matto e disperatissimo, evidentemente non ero preparata abbastanza.
Ero uscita di casa rassegnata all'idea che, se fosse andato bene, sarei riuscita a strappare un 20 - sempre se il professore fosse stato magnanimo nei miei confronti - e avrei accettato un voto relativamente basso. Invece non andò come avevo previsto.
Sapevo di non essere preparata al massimo e l'ansia dovuta a ciò mi aveva mangiato viva. La sera prima ero scoppiata a piangere tra le braccia del mio amico e coinquilino, il quale aveva provato in tutti i modi a rassicurarmi con carezze e dolci parole. Prima di andare a letto mi ero presa un paio di gocce per conciliare il sonno, visto che sapevo benissimo come sarebbe proseguita la nottata.
Nonostante ciò, quella mattina mi ero svegliata alle cinque e mezza, con il cuore a mille e le mani tremanti. Non riuscii più a prendere sonno e, rassegnata, mi ero messa a ripassare. Questo però aveva solo portato la mia ansia ad accrescere esponenzialmente e una volta davanti al professore - vecchio a tal punto che potevo benissimo vedere il suo piede destro ad un passo dal baratro -, non riuscii a mettere più di tre parole di senso compiuto una dietro l'altra.
La colpa di tutto ciò era solo mia, e lo sapevo benissimo. Avevo prenotato l'esame per il primo appello disponibile, sebbene non fossi minimamente pronta, per non rischiare di non poter seguire i ragazzi a Sanremo Giovani. Anche perché, se lo avessi prenotato troppo tardi, avrei passato quell'esperienza con l'ansia e non mi sarei goduta quei giorni.
Camminavo a testa bassa tra le persone delle quali evitavo lo sguardo come fosse la peste. Nessuno aveva idea di chi fossi probabilmente, ma nella mia testa ognuno di quei ragazzi era conoscenza della figura terribile che avevo appena fatto in aula d'esame, avendo trascurato uno di quei proverbi che mi ripeteva sempre mia madre: La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. E cazzo se aveva ragione la mamma. Ero sempre stata troppo impaziente.
Appena vidi la luce infondo al tunnel - che mi si presentò davanti sotto forma di uscita - iniziai a velocizzare il passo. Non vedevo l'ora di uscire da quell'immensa struttura che mi si stava ripiegando addosso, soffocandomi lentamente.
Una volta all'esterno della struttura mi fermai di colpo, respirando a pieni polmoni l'aria fredda che mi congelò le vie aeree. Non fu spiacevole però, era semplicemente la prova tangibile che mi confermava di non trovarmi più in quel palazzo che mi stava rendendo claustrofobica.
Presi il telefono dalla tasca per distrarmi, trovando una notifica che mi fece irrigidire.
Quando hai finito
fammi sapere com'è
andata
11.28Recitava così il messaggio di Pietro, che mi fece sorridere. Però lo ignorai, non essendo del giusto umore per parlarne. Al biondo, come a tutti, avrei raccontato la mia terribile mattinata una volta raggiunto il bunker.
"Bebe" Huda mi venne in contro correndo euforica, con un sorrisone dolce impresso sul viso. I ragazzi erano tutti impegnati con le prove ma io necessitavo di supporto quel giorno e l'unica libera si era rivelata essere la riccia, che non aveva aspettato un attimo ad accettare la mia richiesta.
"Com'è andata?" Chiese fermandosi di fronte a me con le mani unite e le dita intrecciare. Si portò il labbro inferiore tra i denti, impaziente di sapere l'esito del mio esame.
"Una merda, non l'ho passato" sbuffai, sentendo gli occhi pizzicarmi per la delusione. La mia postura gobba e sconfortata enfatizzava la stanchezza che lamentavo da quella mattina e il mio volto sconsolato probabilmente fece provare pena alla ragazza di fronte a me, che subito si alzò sulle punte per stringermi in un caldo abbraccio.
"Mi dispiace, amore. Quando lo devi rifare?" Mi chiese dolcemente, mentre passava una mano tra i miei capelli che da poco avevo liberato dalle treccine. Io mi beai di quel contatto, stringendo l'esile corpo della ragazza al mio per trovare conforto nel profumo di caramella che la contraddistingueva.
"Non lo so e sinceramente non lo voglio sapere per ora" risposi, non volendo più pensare a quello scempio che avevo compiuto poco prima. Ci staccammo, trovandoci faccia a faccia, e potevo benissimo leggere nel suo sguardo la compassione.
"Come stanno i ragazzi? Li hai sentiti?" Decisi di cambiare argomento, sperando di distrarmi mentre ci avviavamo verso la mia auto, con la quale eravamo arrivate lì la mattina stessa.
"Sono in ansia, provano ininterrottamente da 'sta mattina" mi assecondò, avendo capito che non volevo più parlare dell'università. "Dario mi ha scritto poco fa dicendo che Marco ha vomitato" raccontò, facendomi stringere il cuore. Ogni tanto capitava che Caph faticasse a contenere le preoccupazioni, anche se era da un po' che non accadeva.
"Stellina lui" dissi, in pena per il ragazzo. "Per il resto procede tutto bene, sì?" Mi preoccupai, mentre frugavo nella borsa alla ricerca delle chiavi dell'auto. Avrei dovuto cercare un'alternativa più comoda per non perderle ogni volta.
"Sì Beatrice, stai tranquilla. Sta andando tutto nel verso giusto, e così continuerà" provò a tranquillizzarmi Huda mentre finalmente aprivo la macchina, ma fallendo totalmente.
"Ma perché l'hai detto?! Ora se va tutto male è colpa tua, te lo dico" le feci presente, posizionandomi al posto del guidatore, con la mano destra impegnata a scacciare la sfiga agitando le corna verso il basso. "Per favore chiamali e digli di darsi una grattata" la implorai. Non ero mai stata una persona scaramantica, ma è sempre meglio non far arrabbiare il fato.
"Come sei esagerata" mi prese in giro ridacchiando. Si allacciò la cintura e mi spronò a partire, così che avremmo potuto raggiungere i nostri protetti al più presto.
"Guarda 'sta testa di cazzo, le frecce ce l'ha per bellezza lui" imprecai contro un suv che mi tagliò la strada, innervosendomi più di quanto già non lo fossi e facendo uscire tutta la toscanità che si nascondeva in me. Con le unghie ricoperte di gel verde petrolio picchiettavo sul volante, alternandole con un certo ritmo, scaricando la tensione che mi rendeva impossibile stare ferma.
"Bea stai calma" mi riprese la ragazza, probabilmente infastidita dal suono ripetitivo che stavo producendo. Non appena parlò mi bloccai. "Sei più agitata di loro" mi fece notare divertita, oltre che preoccupata.
"Hai ragione, scusa" dissi, respirando a fondo nella speranza di riuscire a calmarmi. "Ora giuro che mi rilasso, devo solo sbollire la rabbia per l'esame e anche l'ansia per i ragazzi diminuirà" cercai di convincere più me stessa che lei, in realtà.
"È un periodo che ti vedo nervosa" Huda cercò di riaprire quel discorso. Da quando le avevo raccontato degli strani avvicinamenti tra me e il biondo per lei ogni scusa era buona per cercare di strapparmi qualche informazione in più, che in realtà non avevo neanche io.
"Non ne voglio parlare, amo" la fermai subito. Non era decisamente giornata per perdersi in discorsi senza fine.
"Non puoi evitare il discorso per sempre" mi riprese lei. Con la coda dell'occhio la vidi lanciarmi uno sguardo contrariato per il mio comportamento.
"Non per sempre, solo fin quando non mi stancherò" la buttai sul ridere, tirando il freno a mano dopo aver parcheggiato fuori casa si Gherardo. Mi voltai per regalarle un sorriso e la trovai a scuotere la testa con un sorrisetto in volto, contraria e divertita per il mio atteggiamento.
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Capitolo quarantacinque!Anche questo in realtà è di passaggio, già mi piace più dell'altro ma comunque non è un granché. Giuro che dal prossimo (inteso come prossimo nel presente) qualcosina ci sarà.
Riguardo a questo capitolo poco da dire, a parte che secondo me Huda profuma proprio di caramella. Giuro ha quelle vibes.
Poi visto che l'ultima volta mi sono divertita tanto a creare hype, vi dico che il prossimo capitolo è abbastanza importante e lo potrete capire già dal titolo quando lo leggerete.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
al prossimo❤️
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Back in time // Fares
FanfictionPietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non è cambiata di molto. Forse hanno più consapevolezza, ma anche più paura. Così uniti e così distanti...