5 Settembre 2023, Margherita di Savoia
Il piccolo pennello che stringevo nella mano destra picchiettava frettolosamente sotto gli occhi, cercando di stendere quel correttore al meglio nel minor tempo possibile. Per stare tranquilli almeno la prima sera, avevamo prenotato in un ristorante. Quel pomeriggio però, nonostante fossimo arrivati relativamente tardi, non eravamo riusciti a resistere alla tentazione di tuffarci nelle limpide acque della Puglia. Proprio per questo stavamo tardando, e se non ci fossimo sbrigati avremmo sicuramente perso il posto.
"Ragazze dai, sbrigatevi. È tardissimo" la voce dura di Dario riempì l'abitacolo, mentre il suo pugno batteva insistente sulla porta chiusa della stanza nella quale ci eravamo rifugiate tutte noi ragazze per prepararci.
"Ci stiamo mettendo le scarpe, ora arriviamo" urlò Ginevra per farsi sentire dal ragazzo, mentendo spudoratamente sulle nostre condizioni. Io ero impegnata a passare lo scovolino nero del mascara sulle ciglia, con un asciugamano in testa a mo' di turbante per far asciugare un minimo le mie treccine. Huda si muoveva avanti e indietro per la stanza alla ricerca di un body verde che era sicura di aver portato ma che non trovava da nessuna parte. Ginevra, invece, era ancora in intimo, con i capelli fradici, davanti allo specchio mentre con una scadente spazzola da viaggio cercava di togliere tutti i nodi dalla sua folta chioma.
"Non vi crediamo!" Marco entrò nella conversazione, iniziando anche lui a sbattere sulla porta. Noi ignorammo quel rumore e tutte le suppliche dei nostri amici che lamentavano una gran fame. Ad un certo punto minacciarono addirittura di sfondare la porta, ma eravamo ben consapevoli che non lo avrebbero mai fatto visto che avrebbe comportato un ingente spesa per il rimborso danni al proprietario di casa. Cercammo di fare il più in fretta possibile e, al massimo cinque minuti dopo, eravamo fuori casa pronte ad avviarci verso il ristorante con le lamentele dei ragazzi a fare da sottofondo.
"Sarà una settimana molto lunga" scherzò Pietro, già rassegnato al fatto che passeranno sette giorni ad aspettarci. Portò un braccio a circondarmi le spalle, iniziando a camminare al mio fianco. Lo guardai, riflettendo su quanto Pietro fosse l'incarnazione dell'estate: la chioma dorata che ricordava il sole cocente delle giornate infinite, la pelle abbronzata di chi passa le ore a giocare a beach volley in spiaggia, tra un bagno e l'altro, l'inconfondibile profumo fresco e l'elegante stile che lo contraddistingueva da sempre. Quella sera portava un semplice pantaloncino di jeans bianco con sopra una maglia blu a tinta unita, eppure quei capi banali sembravano diversi su di lui.
"Non ti lamentare, noi saremo costrette a condividere la casa con sette maschi, sporchi e disordinati" risposi, fingendo un tono drammatico per esasperare la situazione. Mi portai una mano sul cuore per simulare un malore e il ragazzo al mio fianco scoppiò a ridere.
"Sporco a chi, scusa?" Mi chiese sconvolto, pizzicandomi il fianco. Io mi feci scappare un piccolo urletto, sia per lo spavento che per il fastidio del gesto, attirando l'attenzione del resto del gruppo. Io continuavo a guadare il biondo, tenendolo sotto controllo per evitare che potesse ripetere l'attacco, ma potei sentire gli sguardi dei miei amici pesarmi addosso.
"Stai buono tu, con quelle mani zozze" lo intimai, cercando di trattenere le risate mentre con le braccia tese tentavo di mantenere la distanza tra noi. Il ragazzo mi lanciò un chiaro sguardo di sfida e ormai lo conoscevo abbastanza da poter dire di sapere che aveva un significato preciso: scappa.
Io seguii il suo consiglio silenzioso e cominciai ad indietreggiare con cautela. Lui, di rimando, avanzò nuovamente verso di me, aumentando gradualmente la velocità. Nel giro di qualche istante mi trovai a dover correre in mezzo ai miei amici per non farmi prendere da Pietro. Ovviamente mi raggiunse in poco tempo, così che mi ritrovai stretta nelle le sue braccia, tra le nostre risate e gli sguardi scioccati e divertiti degli altri.
"Ripeti scusa" mi provocò, mentre io soffrivo per il solletico e il fastidio che i suoi pizzichi sui fianchi mi provocavano. "Chi è zozzo?" Continuò a stuzzicarmi.
"Bambini basta giocare, siamo già troppo in ritardo" fummo ripresi da Jacopo, che aveva lamentato una gran fame dall'esatto momento in cui mettemmo piede fuori casa. Noi al suo richiamo ci bloccammo, avevo la schiena completamente attaccata al suo torace che sentivo alzarsi e abbassarsi velocemente, segno che anche lui aveva il fiatone come me; le sue mani erano salde sui miei fianchi, coperte dalle mie che vi avevo poggiato sopra per cercare di fermarle. Eravamo rimasti immobili, come dei bambini che erano appena stati beccati dalla mamma mentre facevano qualche marachella.
Il riccio, non appena finì di parlare, ricevette uno scapppellotto ben piazzato, dietro la nuca da Andrea che gli sussurrò un "Fatti i cazzi tuoi", che io però riuscii a sentire ugualmente. Io e Pietro intanto ci eravamo ricomposti, cercando di regolarizzare i respiri. Il nostro cammino riprese e, mentre mi passavo le mani tra i capelli per sistemare qualche treccina che si era messa fuori posto, ricevetti uno sguardo malizioso e un sorriso soddisfatto dal corvino, che mi fece alzare gli occhi al cielo.
Quando finalmente finimmo di cenare ci trascinammo fuori da quel posto, sentendo il rumore del mare che accompagnava il brusio della folla che popolava il paese. Nonostante la stanchezza, decidemmo di comune accordo di andare a fare una passeggiata per scoprire un minimo il posto, così che l'indomani non saremmo stati totalmente spaesati.
"Amore, ora che la musica va bene e posso permettermelo, la vuoi una borsa di Gucci? Te la regalo io" sentì chiedere da Gherardo, che si rivolse alla sua ragazza indicando le borse, ovviamente finte, poste ordinatamente su un tavolino che le esponeva. Lì sul lungo mare era pieno di bancarelle e, insieme a quella delle cover, non poteva di certo mancare quella delle borse pezzotte.
La ragazza lo mandò a quel paese ridendo, per poi rubargli un fugace bacio a fior di labbra. Mi intenerii a quella vista. I due ragazzi stavano insieme da così tanto tempo che probabilmente neanche loro si ricordavano la loro vita prima dell'altro, e comunque sembravano amarsi ogni giorno di più. Poi inevitabilmente posai lo sguardo sull'altra coppia del gruppo. I due ragazzi erano impegnati a coccolare un gatto che avevano incrociato lungo il cammino, facendo le vocine e riservandogli dolci carezze sulla pancia. Mi fecero sorridere, costringendomi però a domandarmi ancora una volta quando sarebbe arrivato il mio momento. Quando, e se, avrei mai trovato quello giusto, come dicono tutti. Chissà se esisteva davvero uno giusto per ognuno. Forse era nostro compito cercare di creare una relazione giusta, per convivere con chi pensiamo potrebbe restare per sempre.
"Stellina, a cosa pensi?" Marco mi affiancò, prendendomi a braccetto e continuando la nostra passeggiata a passo lento. "Secondo te esiste l'anime gemella?" Domandai, verbalizzando i miei pensieri proprio come era stato richiesto dal ragazzo.
"Non credo di essere la persona adatta a cui chiederlo" ridacchiò il platinato, riferendosi alle ultime due relazioni che aveva avuto, nessuna delle quali era finita bene. "Però mi piace pensare di sì" aggiunse, continuando a guardare dritto di fronte a sé. Aveva ragione: non avremmo mai avuto la verità in mano quindi perché semplicemente non credere a quello che ci piaceva di più?
"Pensi di averla già incontrata la tua?" Continuai a chiedergli, ormai entrata totalmente nel mood della conversazione. Eravamo un gruppo di cazzoni, ma quando partiva un discorso serio ci chiudevamo in questo come se risolvere il dilemma del momento fosse una prerogativa necessaria per la nostra sopravvivenza.
"Più di una volta ho creduto di sì, ora non ne sono più sicuro" rispose serio. Tutti quando ci fidanziamo tendiamo a convincerci che quella volta sarà per sempre, e per questo motivo tutti siamo rimasti delusi più e più volte. "Tu? Credi di aver incontrato la tua?" Chiese di rimando.
"Sinceramente non lo so Marco. Potrei, ma il fatto che ora sia sola mi fa credere di no" dissi sinceramente. L'aria pesante del momento fu spezzata da un bambino che quasi ci venne addosso con il monopattino, facendoci scappare una risata ad entrambi.
"Sai come si dice, no? Certi amori fanno giri immensi e poi ritornano" mi lasciò questa perla di saggezza, un buffetto sul naso e poi si allontanò da me, dirigendosi verso Andrea che lo aveva attirato a sé per convincerlo a comprargli una pistola ad acqua.
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EccomiiVi ho fatto aspettare per un po' più del solito un semplice capitolo di passaggio, lo so. Non mi odiate però perché a suo tempo arriverà tutto.
Comunque in generale non mi dispiace affatto. Ogni tanto qualche momento di quotidiana spensieratezza ci sta bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate
al prossimo❤️
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Back in time // Fares
FanfictionPietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non è cambiata di molto. Forse hanno più consapevolezza, ma anche più paura. Così uniti e così distanti...