48 - Ironico

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23 Giugno 2022, Empoli

Alla fine ci avevo parlato con Flavio, giusto quattro giorni dopo l'accaduto, e Spotify aveva deciso di rinfacciarmi ogni mio errore, punendomi tramite la riproduzione casuale che avevo avviato mentre disegnavo. Era un po' che non disegnavo, a dir la verità. Era sempre stato il mio modo di scollegarmi dal mondo reale e in quel periodo ne avevo decisamente bisogno. Eppure non stava funzionando come al solito, i miei pensieri non erano magicamente svaniti anzi, si erano amplificati se possibile, sulle note di una delle mie canzoni preferite dei miei amici.

E anche oggi sono stanco di aspettare
Coi pugni in mano un treno che non arriverà
Rimango solo qua tra istanti come
Proiettili che spari tu dentro di me

Mentre la matita lasciava segni di graffite sul foglio riaffiorarono, per l'ennesima volta, le immagini di quel giorno. Ero arrivata a casa sua, come in un pomeriggio qualsiasi, e lui mi aveva accolto con un caldo sorriso e un tenero bacio a fior di labbra. Però notò subito che qualcosa non andava in me e mi chiese cosa fosse successo. Io gli dissi solo che sarebbe stato il caso di chiuderla lì quella storia, che non avevamo futuro.
Non lo avevamo perché io lo avevo distrutto.

Rimango solo qua, non mi ha risposto nessuno
Tu fai finta di nulla, ma forse non provi nulla davvero

Gli occhi del moro si fecero subito lucidi, mentre io restavo impassibile. Probabilmente avevo prosciugato tutti i liquidi nei giorni precedenti, piangendo mentre pensavo a cosa avrei dovuto dire al ragazzo. Lui allora iniziò a chiedermi spiegazioni, cosa fosse cambiato e perché io non sembravo minimamente turbata dalla cosa. Ebbi un déjà vu, di quando lasciai Pietro. La storia si ripeteva. Per motivazioni decisamente diverse ma non importava, ero io il comun denominatore tra quelle storie finite male. Ero io il problema, ero io a non riuscire a tenermi un uomo senza rovinare tutto.
Pietro, pensare a lui in quel momento mi portò a cedere nuovamente e, per l'ennesima volta, scoppiai a piangere, lì nel salotto del moro. 
Pietro, quel ragazzo con il quale avevo ridotto al minimo i contatti, dopo quel giorno. Lui cercava di far finta di nulla - e per un breve periodo anche io ci avevo provato - ma non riuscivo a sostenete la pressione.

Ed io un po' ci credevo, mhm 
Sto vedendo tutto nero 

Si avvicinò a me continuando a chiedere cosa fosse successo, dicendo che l'avremmo potuto aggiustare insieme e io, non riuscendo più a trattenere quel segreto, glielo dissi.
"Ti ho tradito".
A quelle parole le sue carezze di conforto si bloccarono improvvisamente e il suo corpo si allontanò dal mio, lasciando un freddo senso di vuoto. La tristezza nei suoi occhi in un attimo mutò in quella che era facilmente riconoscibile come rabbia. Le sue suppliche si trasformarono presto in grida rabbiose e io quasi faticavo a riconoscere la persona dietro quell'espressione.
Dovetti asciugare una lacrima solitaria che si stava facendo strada lungo la mia guancia, per evitare che finisse sul foglio dove stavo lavorando, rovinando anche quello.

Il treno che deve passare è in ritardo di anni
In spalla coi bagagli
Abbiamo già pagato il biglietto e tutti gli sbagli

Restai a lungo a casa di Flavio quel pomeriggio, a subirmi il suo sfogo più che giustificato tramite il quale speravo di espliare almeno parte delle mie colpe. Stavo pagando gli sbagli, ma evidentemente l'universo non era ancora soddisfatto e quindi continuava a farmeli gravare addosso. Tornai a casa drstrutta e continuai a piangere per tutta la sera, in compagnia delle ragazze che avevo convocato in mio soccorso.

Tu chissà quando tornerai, chissà se sarà libero il posto accanto
Se stai ancora aspettando 
Non c'è soluzione 

In quel momento mi vennero sfilate le cuffie dalla testa. Ironico che sia accaduto in quello specifico momento della canzone. Non c'è soluzione. Come è anche ironico il fatto che una strofa del mio ex potesse rappresentare così bene il momento di rottura con il mio altro ex. In realtà, parlava molto anche della mia rottura con Pietro, lo avevo capito dal primo ascolto. E questa mia consapevolezza altro non era se non un'ulteriore testimonianza del fatto che il problema ero sempre stata io. 

Fermai il mio lavoro sul foglio e mi girai, trovandomi davanti il ladro che aveva interrotto il mio stato immersivo nei sensi di colpa. Duccio mi guardava con un sorriso compassionevole in volto. "Era tanto che non disegnavi" constatò. La sua non era una semplice affermazione, perché lui conosceva benissimo tutti i metodi che utilizzavo per fuggire dalla mia mente.

"Oggi ne avevo bisogno" spiegai, stringendo le labbra in una linea rigida che doveva essere un sorriso, ma che probabilmente fu più simile ad una smorfia di dolore. "Sta funzionando?" Chiese poi, indagando sui riscontri di quella terapia con la quale anche lui si era sempre curato. Io scossi la testa, negando. Il mio amico fece ancora un paio di passi verso di me, sporgendo la testa sul tavolo per scoprire il mio lavoro.

"Bebe, è stupendo" commentò, analizzando il foglio. Il rosso era sempre stato uno dei miei più grandi fan, nonostante i nostri stili completamente diversi. Lui nell'arte creava un mondo tutto suo, dove le uniche regole comprendevano un'utilizzo smodato dell'immaginazione e il totale annullamento di ogni verità; io ero sempre stata affascinata dall'iperrealismo, verso il quale avevo puntato sin da piccola. Ancora non ci ero arrivata del tutto in realtà, nonostante i miei disegni fossero oggettivamente dei gran bei disegni io trovavo sempre qualcosa che non andava, screditandoli. Tutto ciò che riportavo nella mia arte doveva essere reale.
Duccio amava dipingere su tela, utilizzando i colori più disparati nella maniera più improbabile, avendo questi - secondo lui - l'unico scopo di riportare le emozioni; io ero innamorata del bianco e nero, del chiaro-scuro fatto con matite di diversa durezza, su fogli di ogni tipo, che sembravano enfatizzare ogni tratto dei disegni. Dare i colori era compito di chi osservava.

"Parlamene" disse poi, volendo capire le mie emozioni attraverso quel disegno, ormai quasi finito. "C'è poco da dire. Giravo su Pinterest per cercare l'ispirazione e ho trovato le foto di tanti vecchietti adorabili, allora ho deciso che avrei fatto un vecchietto" spiegai. "Quindi ecco a te un anziano signore rugoso, al quale mancano probabilmente tre giorni di vita e che, nonostante questo, tiene una sigaretta tra le labbra. L'essere umano è autolesionista per natura" aggiunsi poi, dicendogli ciò che voleva. 

Il mio amico comprese ciò che c'era dietro quelle frasi, quindi portò una mano a carezzare la mia guancia. "Perché pensi che ti stai autolesionando?" Domandò piano, ingobbendosi leggermente per avvicinare il volto al mio. Quei due occhioni verdi mi scavavano dentro.

"Perché rovino qualsiasi cosa bella io sia riuscita a costruire" la voce mi uscì rotta mentre pronunciai quelle parole. I miei occhi si gonfiavano di lacrime e io faticavo a tenere dentro tutte quelle emozioni. Il rosso afferrò entrambe le mie mani, tirandomi su dalla sedia. Mi circondò le spalle in un caldo abbraccio, uno di quelli con i quali assorbiva i miei mali, facendoli suoi così che mi pesassero di meno.

"Beatrice, tu non rovini tutto" mi sussurrò all'orecchio mentre io mi aggrappavo alla sua maglietta, sgualcendola nei miei pugni stretti intorno a quel tessuto. "Sei circondata di persone che ti amano. Hai solo fatto un errore, questo non ti rende una brutta persona" mi lasciavo cullare dalle sue parole, alle quali credevo solo in parte. Suonavano così sincere dette da lui, eppure non riuscivo a convincermi del tutto della veridicità di quel discorso.

"Ti va di farti una doccia? Poi ti porto a fare una passeggiata così liberi un po' questa testolina" propose lui, accarezzandomi la testa da sopra i capelli. Io annuii sul suo petto, sentendo la necessità di uscire dalle quattro mura della mia camera, nella quale ero rinchiusa da fin troppo tempo.

Mi lasciò da sola e io subito mi preparai per precipitarmi sotto il getto dell'acqua, che lavò via i segni del pianto dal viso e la polvere di graffite dalle mani, ma il resto rimase esattamente dov'era. Potevo solo sperare che fosse il mio migliore amico a risanare, almeno in parte, le mie ferite.

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Io amo questo capitolo.

Lo amo, davvero. Ci tengo tantissimo e spero che vi possa piacere almeno un quarto di quanto piaccia a me.

Non vedevo l'ora di pubblicarlo, infatti l'ho fatto precocemente. Dovete sapere che io quando pubblico un capitolo ho sempre i seguenti tre già scritti, così sono sicura di poter colmare eventuali blocchi dello scrittore. Ora come ora ne ho due e un po', di capitoli, quindi per la mia regola non scritta questo non sarebbe dovuto ancora uscire. Ma non resistevo più e ho dovuto pubblicarlo.

Perché l'arte è questo per me: una dimensione nella quale non esiste altro e attraverso cui tiro fuori tutto, sotto altra forma. Non amo parlarne con le persone, ma scriverlo mi è piaciuto.

Poi sono riuscita ad infilarci una delle mie canzoni preferite dei bnkr, quindi sono doppiamente contenta.

Fatemi sapere cosa ne pensate voi, invece.
Al prossimo❤️

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