49 - Potere decisionale

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18 Dicembre 2023, Sanremo

"Beatrice... Bea... Ti svegli per favore? Dai Beatri'" quella voce insistente mi costrinse ad abbandonare il mondo dei sogni, dopo essermi fatta qualche ora di sonno in van. Mi stropicciai gli occhi, non volendo aprirli del tutto. Avevo ancora bisogno di riposare.

"Dai alzati!" Huda mi incitò ancora una volta, strattonandomi il braccio. "Arrivo!" Sbiascicai alterata, stava decisamente parlando troppo per i miei gusti. Ok tutto, ma comunque mi ero appena svegliata.

Appena presi coscienza del mondo mi accorsi di avere la testa poggiata sulla spalla del malcapitato che mi sedeva affianco. Alzai lo sguardo per identificarlo e, quando mi resi conto fosse Pietro - che mi guardava sorridendo un po' a disagio -, mi alzai di scatto. Riaffiorarono i ricordi di quando i ragazzi avevano fatto i salti mortali per farci sedere l'uno affianco all'altra e io, per evitare di entrarci troppo in contatto, preferii lasciarmi andare al regno di Morfeo.

Non avevo rispettato il patto con Andrea: eravamo appena approdati a Sanremo, e io ancora non avevo ripreso i rapporti con il biondo. Quei giorni mi servirono per rendermi conto che effettivamente lui mi mancava quando non c'era, ma non poteva bastare. Avevo bisogno di capire qualcosa in più. Uscii dal van e mi trovai di fronte tutti i ragazzi, con alle spalle l'hotel.

Ghera, appena tornato dal check-in, ci distribuì le chiavi delle nostre stanze, dicendoci di andare a posare i bagagli. Noi salimmo impazienti, occupando tutti i tre ascensori del palazzo, fiondandoci nelle nostre stanze.

"Mamma che bello!" Mi lanciai a quattro di bastoni sul letto matrimoniale che avrei condiviso con Duccio. Le ragazze avrebbero dormito con i rispettivi fidanzati, quindi a me era rimasto solo il rosso.

"Hai intenzione di dormire ancora?" Chiese divertito, mentre apriva la sua valigia sul pavimento per iniziare a sistemare almeno le cose fondamentali. "Non mi dispiacerebbe, sai" risposi, ironica ma neanche troppo. Le nostre risate furono interrotte da qualcuno che bussò alla porta, attirando la nostra attenzione.

Duccio si avvicinò alla porta e a malapena fece in tempo ad aprirla che Andrea entrò prepotentemente nella stanza. "Bea, io e te avevamo un patto" mi puntò il dito contro, mentre io mi tiravo su a sedere guardandolo colpevole. "Avevi bisogno di tempo, l'hai avuto. Quanto ancora hai intenzione di far finta che non esista? Appena siamo entrati in stanza ha iniziato a smattare perché non capisce cosa ti ha fatto. Io non ce la faccio più a nascondergli la verità" si sfogò contro di me, cercando di non alzare troppo la voce dato che la stanza che condivideva con il biondo era proprio affianco alla nostra.

"Ti prego, Andre. Dammi ancora qualche giorno, ho bisogno di riflettere ancora. Lui è grande ormai, saprà badare a sé stesso" lo implorai di reggermi il gioco ancora per un po'. Avevo una gran confusione in testa e ancora non ero riuscita a mettere tutto in ordine.

"Sto veramente esaurendo la mia pazienza" mi avvertì il corvino con tono duro. Quei due occhi neri potevano risultare davvero intimidatori, soprattutto se uniti all'espressione seriosa che i suoi lineamenti definiti stavano formando in quel momento. Faster era un ragazzo con un grande cuore, e forse anche per questo perdeva totalmente le staffe quando un suo amico stava male. E Pietro stava decisamente male, me lo ripetevano tutti, ancora e ancora, non sapendo il perché del mio atteggiamento.

"Ti chiedo solo qualche giorno" insistetti io. In tutto questo il rosso era rimasto in silenzio affianco alla porta, non volendo intromettersi tra me e il ragazzo. Lo sguardo di Andrea però non mutò di una virgola anzi, se possibile, si indurì ancora di più.

"Ne hai avuti di giorni. Ora tu vai da lui e gli dai almeno una cazzo di spiegazione! Poi puoi tornare ad ignorarlo, ma devi parlarci" il suo tono non ammetteva repliche, ma io ne avevo eccome di obiezioni. Non ero pronta, il ragazzo probabilmente non avrebbe voluto vedermi e - anche se fossi effettivamente andata - non avevo la più pallida idea di cosa dirgli.

"Senti... se vuoi parlaci tu. Io non ce la faccio" dissi con voce arrendevole. Non avevo le forze fisiche per affrontare quel ragazzo che ultimamente mi spaventava più del dovuto.

"Beatrice lui non vuole parlare con me! Ha bisogno di te. Fallo per il gruppo almeno, Pietro domani deve fare l'esibizione della sua vita, ti ricordo" il corvino non sembrava intenzionato a mollare. Io sbuffai, divisa tra i pensieri e le paure. La mia parte razionale avrebbe voluto assecondare le parole di Andrea e andare dal biondo per calmarlo prima dell'esibizione, la mia emotività però spingeva nel verso opposto.

"Forse dovresti andare" la voce di Duccio si fece sentire, per la prima volta da quando il corvino aveva compiuto quell'invasione imponendosi in camera nostra. "Vaffanculo. Pregate per me: potrebbe uccidermi il vostro amico" mi alzai finalmente dal comodo materasso, avvicinandomi alla porta. Uscii di fretta, prima che potessi avere qualsiasi tipo di ripensamento e bussai energicamente alla sua porta.

"Faster, ti avevo detto di portarti le chiavi Dioca-" le sue imprecazioni si fermarono non appena aprì la porta, trovandomi là davanti a lui. Era letteralmente in boxer, ma io cercai di ignorare il fatto, e il conseguenziale rossore sulle mie guance. I suoi occhi verdi - che nel mio ricordo erano tra le cose più dolci e confortevoli che esistessero - apparivano come di fuoco, e bruciavano tremendamente sulla mia pelle. "Cosa vuoi?".

"Posso entrare?" Chiesi speranzosa, abbozzando un sorriso. "Beatrice, cosa vuoi?" ripeté lui, ancora più rabbioso della prima volta. Per un attimo mi scoraggiai e pensai di girare i tacchi per fuggire con la coda tra le gambe di nuovo in camera mia, ma desistetti da quest'idea.

"Parlare" asserii quindi convinta, vedendo un sorriso amaro aprirsi sul suo volto."Strano" disse, ed era percepibile una certa polemica nella sua voce. "In realtà stavo per andare a fare la doccia. Ripassa un'altra volta, sarai più fortunata" mentre pronunciava la prima frase mi mostrò un asciugamano che teneva stretto nella mano sinistra, del quale non mi ero accorta fino a quel momento. Stava per chiudermi la porta in faccia ma io, seguendo l'esempio del ragazzo che poco prima era entrato nella mia camera, la bloccai con le mani. Entrai senza il suo permesso, feci qualche passo e poi mi girai, trovandolo lì sulla porta a guardarmi.

"Per favore, dammi solo un attimo". Giusto qualche istante prima ero a pregare Andrea di lasciarmi qualche giorno per pensare, e ora stavo facendo lo stesso con lui per qualche secondo di attenzione. Lui chiuse la porta, rassegnato, guardandomi in attesa che parlassi.

"Tu non mi hai fatto nulla, Pietro" iniziai, volendo fargli capire che lui in quella storia non aveva colpe, se non quella di rendermi terribilmente vulnerabile. "Non si direbbe, sai" mi interruppe, velenoso. Io accettai quell'attacco, feci un bel respiro e poi ripresi a parlare.

"Lo so, però giuro che tu non c'entri. Sono io che ho bisogno di tempo per stare da sola con i miei pensieri. Prima o poi tornerà tutto come prima, intanto non avvelenarti per favore. Devi restare concentrato" spiegai agitandomi leggermente. Troppe cose giravano nella mia mente, tanto che faticai a verbalizzarle, tirando fuori quello che probabilmente risultò come un discorso confusionale.

"Certo, come ho fatto a non arrivarci? Sei qua per la finale di domani, non te ne frega un cazzo di darmi una vera spiegazione" alzò la voce, avendo totalmente frainteso le mie parole. "Stupido io che pensavo ti interessasse davvero di me. Vattene, ti prego" mi invitò ad uscire, indicando la porta.

"No Pietro, aspetta, non hai capito" provai a spiegarmi. "No, sei tu che non hai capito. Non voglio sentirti, o sei solo tu ad avere il potere decisionale sulle nostre conversazioni?" Continuò, trapassandomi completamente con lo sguardo. Iniziavo a sentirmi veramente a disagio, non avrei retto un secondo di più in quella stanza, quindi mi avviai verso l'uscita proprio come mi aveva chiesto lui.

Gli lasciai un ultimo sguardo dispiaciuto, prima di lasciarmi lui e quella conversazione alle spalle.

Avevo fatto un casino.

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Capitolo quarantanove!

Siamo quasi a cinque decine, follia. Capitolo un po' triste perché, come avevate preannunciato anche voi, il piano di Beatrice non è stata proprio l'idea migliore della sua vita. Ora, giustamente, il principino è alterato, il giorno prima della finale tra l'altro.

Il capitolo in sé non mi convince a pieno, anche se è abbastanza importante per la storia.

Fatemi sapere cosa ne pensate,
al prossimo❤️

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