9 Febbraio 2023, Empoli
"Questa notte non ho dormito cinque minuti" ci informò Ghera, stopicciandosi gli occhi. "Quindi cercate di non farmi incazzare" aggiunse poi, indicando tutti i ragazzi. Si mise sul volto un paio di occhiali da sole e poi ci spronò a caricare i bagagli sui van, così che potessimo partire.
Quel giorno saremmo andati a Sanremo poiché la sera seguente, durante la serata cover, i Bnkr44 si sarebbero esibiti con Sethu. Ancora non lo realizzavo, al contrario del manager che lo aveva realizzato a tal punto da non riuscire a riposare per l'ansia. Noi seguimmo il comando e, nel il silenzio dettato dalle preoccuoazioni, caricammo le valigie sui due furgoni.
"No raga, mi serve una mano" si lamentò Huda quando dopo aver messo il suo bagaglio in cima al cumulo di tutti gli altri questi le sono scivolati addosso. La ragazza cercava di sorreggere la struttura pericolante con il suo corpo esile al meglio che poteva, ma chiaramente non avrebbe resistito ancora a lungo. Piccolo, Erin, Barto e Gin furono quelli con i riflessi pronti, che corsero immediatamente in suo aiuto. Nel frattempo io mi trovai a ridere della scena con Caph.
"Stronzi, che cazzo vi ridete?" Ci rimproverò la riccia, ottenendo in cambio solo una risata ancora più forte che coinvolse anche lei, nonostante cercasse di nasconderlo.
"Dai ragazzi, andiamo" ci richiamò Faster, che quella mattina sembrava stranamente ansioso. Non era solito del suo carattere farsi prendere dalle paranoie, eppure il festival stava riuscendo a scalfire anche la roccia più dura del gruppo. Noi seguimmo quella che sembrò quasi una supplica da parte del corvino e iniziammo a posizionarci nei furgoncini. Di lì a breve ci fu la partenza, che confermava ancora una volta quanto tutto quello fosse reale.
Io, non avendo fatto colazione, aprii il mio fedelissimo zaino eastpak rosso e ne tirai fuori un pacco sano di Pan di Stelle. Avevo troppa voglia di biscotti.
"Qualcuno ha fame?" Chiesi ai presenti nel mio van, mentre aprivo la busta. Le voci dei ragazzi si svrapposero tra ringraziamenti e richieste di cibo. Io tra le risate iniziai a distribuirli, immaginando già le condizioni di quel veicolo a fine viaggio.
"Io ho anche le Gocciole, se volete".ci offrì Duccio, aprendo il suo di zaino e tirandone fuori la prelibatezza da lui nominata. "O anche i panini" aggiunse poi.
"No dai, i panini teniamoli per dopo" disse Caph, mentre allungava la mano per rubare quanti più biscotti possibili dalla busta che il rosso teneva tra le mani. Io lo imitai, masticando ancora un Pan di Stelle.
"Raga, io ho le caramelle" prese parola Jack, frugando nello zaino alla ricerca di quell'evoluzione colorata dello zucchero puro. Andrea si risvegliò completamente a quella frase, essendo lui grande fan. "Goleador o Lupo Alberto?" Chiese il riccio. L'altro scelse la prima opzione e anche lui mangiò insieme a noi altri. Il van era diventato un bar praticamente.
Purtroppo però il cibo non li distrasse all'infinito e, in quindici minuti massimo, il silenzio era nuovamente calato nell'abitacolo. Sembravano militari reduci dalla guerra del Vietnam. Fissavano il nulla nel sacrosanto silenzio e ignoravano qualsiasi tentativo da parte di chiunque di aprire una conversazione. Un gelo infernale si era impossessato di quell'abitacolo, congelando qualsiasi cosa. Anche la stanchezza. Quella mattina ci era toccata a tutti una levataccia, eppure nessuno si era ancora addormentato. Nemmeno Andrea che era la persona più amante del sonno che io avessi mai incontrato.
"Raga, facciamo qualcosa?" Proposi, non sopportando più l'opprimente senso di noia che cresceva ogni attimo sempre di più. Mi avrebbe schiacciato a breve se non avessi lottato contro di questa.
"Tipo?" Mi chiese Pietro scocciato, rivolgendomi parola per la prima volta quel giorno. Da quel bacio nel bagno non era cambiato nulla tra di noi. Come se non fosse mai esistito. E forse era quello che speravo. Alla fine, non era contato nulla quindi meglio così. Era stato dettato dal turbinio di emozioni del momento, non ne valeva la pena di rovinare ciò che avevamo faticosamente costruito per questo.
"Non lo so... Mettiamo della musica, cantiamo, giochiamo a qualcosa... ho le carte da uno, volendo" provai a proporre, non sapendo bene neanche io cosa fare. Avevo solo bisogno di sciogliere quel ghiaccio che si era impossessato dei corpi dei miei amici.
"Se avessi voluto fare 'sta roba sarei andato in ludoteca con i bambini" sputò acido Faster, lasciandomi un breve sguardo infastidito per poi tornare a puntare i suoi occhioni neri fuori dal finestrino.
"Ok, non ti incazzare però" risposi io scioccata - oltre che offesa - dal suo comportamento. Posso capire l'ansia, ma trattarmi male mentre cerco una distrazione per loro anche no. "Ma sì che mi incazzo! Ti sembriamo dell'umore di metterci a giocare?" Alzò la voce il corvino.
"Faster!" Venne subito richiamato da Duccio, che entrambi ignorammo. "Oh ma calmati un po'. Io cerco di distrarvi e tu mi urli contro? Allora vaffanculo. Crogiolati nella tua ansia, che ti devo dire" risposi a tono, gesticolando agitata mentre tutti gli occhi dei presenti erano fissi su di noi.
"Se ci vuoi aiutare va bene, ma fai una cosa utile invece di sparare cazzate" continuò ad innervosirsi sempre di più, mentre il gelo che volevo scacciare si faceva sempre più imponente e pungente.
"Come dovrei sapere cosa vi è utile se non parlate? Vi siete chiusi in questo mutismo selettivo di merda! Io non ho la sfera di cristallo, Andrea, se vi serve qualcosa me lo dovete dire" gli feci notare. Avrei veramente voluto aiutare lui e tutti gli altri, ma non avrei potuto farlo se loro non mi avessero dato qualche indizio sul come farlo.
"E non ti viene in mente che forse ci serve silenzio?" Rispose con una domanda retorica, che era un chiaro segnale di quanto fosse incapace di relazionarsi con le emozioni negative.
"Certo, così potete autodistruggervi con le vostre ansie. Bell'idea del cazzo!" Sbuffai nervosa, sbattendo la schiena allo schienale di tela. I miei muscoli si afflosciarono sul sedile. Combattere contro il maschio alpha che finge indifferenza in ogni situazione era veramente stancante.
"Io ho bisogno che non urliate" Pietro si intromise nel discorso, portando l'attenzione su di lui. Aveva una faccia decisamente stanca e sicuramente il nostro litigio non lo aiutava a riposarsi. Conoscendolo, aveva sicuramente passato tutta la notte sveglio a pensare ad ogni possibile ipotesi di ciò che sarebbe potuto accadere di male su quel palco.
"Hai ragione princi, scusa" poggiai una mano sul suo ginocchio, abbozzando un sorriso che lui ricambiò a fatica, lasciando poi cadere la testa sul vetro del finestrino.
Il silenzio ci avvolse ancora una volta e non si fece più spostare fino alle fine del viaggio. Le mie scuse verso il biondo furono le ultime che sentimmo - oltre a quelle dello speaker della radio - fino al momento in cui le ruote fermarono la loro corsa sull'asfalto.
Eravamo a Sanremo.
E nessuno riusciva a dire una parola, che fosse di gioia o preoccupazione.
-----
Capitolo cinquantottoCorto, non bellissimo ma ce lo facciamo andare bene. Ve lo lascio in attesa di pubblicare il prossimo, che vi piacerà.
Indubbiamente.Ansia pre-esibizione e qualche litigio nella fam. Niente di nuovo su questi schermi.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
al prossimo❤️
![](https://img.wattpad.com/cover/365167747-288-k180221.jpg)
STAI LEGGENDO
Back in time // Fares
FanfictionPietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non è cambiata di molto. Forse hanno più consapevolezza, ma anche più paura. Così uniti e così distanti...