37 - Temo sia una coincidenza

819 50 7
                                    

7 Settembre 2023, Margherita di Savoia

"Jackie, prendiamo qualche sugo pronto che possono sempre servire" dissi al ragazzo, bloccandomi davanti allo scaffale colmo di quei barattoli pieni di condimenti di vario tipo. Io e il produttore avevamo perso la partita ad UNO con la quale ci eravamo giocati il primo turno per la spesa, quindi ci è toccato svegliarci presto per raggiungere il market più vicino così da procacciare abbastanza cibo per almeno due o tre giorni. 

"Prendiamo questo radicchio e speck, sembra buono" disse, prendendo dallo scaffale tre vasetti di quel sugo che aveva appena nominato. Io subito misi le mani nel carrello per togliere ciò che il ragazzo vi aveva appena messo. "Ti ricordo che Huda è vegetariana" lo rimproverai, mettendo a posto quei barattoli. Lui però, avendo deciso che avrebbe dovuto mangiare quello a tutti i costi li prese un'altra volta per riporli nuovamente da dove li avevo appena tolti.

"A Huda prendiamo questo ricotta e noci" disse poi, prendendo un altro barattolo e aggiungendolo all'ammasso di cose che avevamo già preso. Alzai gli occhi al cielo, sbuffando. "Sappi che non sarò io a cucinare due paste diverse a causa dei tuoi capricci" lo avvisai, mentre controllavo nelle note del telefono cosa mancasse ancora da prendere.

"Dobbiamo prendere il latte e un paio di buste d'insalata" constatai, guardando ciò che avevo scritto. "E il gelato!" Aggiunse il ragazzo. Era da quando avevamo messo piede fuori casa che non faceva altro che ripetere che avrebbe voluto un paio di vaschette di gelato per fare merenda. Avevo provato a fargli capire che il gelato che facevano al bar sotto casa era sicuramente migliore di quello del supermercato, ma il riccio non volle sentire ragioni.

"E il gelato" mi arresi, iniziando a camminare verso la zona frigo dove avremmo trovato tutto ciò di cui avevamo bisogno. Sentii Jacopo esultare alle mie spalle e sorrisi spontaneamente, per l'adorabile infantilità di alcuni suoi atteggiamenti.

"Quindi, ricapitolando: abbiamo il latte, l'insalata, il gelato, la pasta, i sughi pronti, il pane, gli affettati e le mozzarelle" ricapitolai, guardando ciò che avevamo all'interno del carrello. "Penso manchino solo le birre" constatai. Avevo appena ricevuto un messaggio da Dario nel quale mi spiegava che quella sera saremmo rimasti a casa, quindi avremmo dovuto comprare delle birre. 

Jack le andò a prendere e poi insieme ci dirigemmo in cassa per pagare tutto e tornare, finalmente, tra le mura fresche della nostra casa.

La serata era stata relativamente tranquilla. Reduci dalle ultime due nelle quali avevamo passato la sera fuori per poi trovarci a dormire poco e niente, avevamo deciso di prenderci una tregua almeno quel giorno, restando a casa con qualche birra per passare il tempo in nostra compagnia. Erano sempre state le mie preferite, le serate in famiglia. Amavo passare il tempo con i miei amici e in situazioni come quella si instaurava nell'aria un'atmosfera magica.

La mezzanotte era scattata da un po' ormai e qualcuno dei ragazzi si era già andato a coricare, accusando la stanchezza. Gli altri erano ancora in salone a parlare, probabilmente stavano avendo uno di quei discorsi filosofici che per qualche legge non scritta si sviluppano sempre a notte fonda. Io ero uscita in giardino da un paio di minuti, ero seduta su una delle quattro poltroncine da esterno che erano posizionate intorno ad un tavolino in vetro. Con le braccia mi stringevo le gambe che avevo portato al petto, poggiando il mento sulle ginocchia per guardare il cielo stellato. Il leggero venticello fresco che proveniva dal mare era l'unica cosa che mi teneva sveglia, a causa dei leggeri brividi che provocava sulla mia pelle. Non era fastidioso però, anzi mi cullava.

"Disturbo?" Chiese una voce a me familiare alle mie spalle, distogliendomi dal labirinto della mia mente. Girai lentamente la testa, guardando l'esile figura di Duccio, poggiato con la spalla alla porta di vetro che collegava l'interno dell'abitazione con il giardino. Io scossi la testa, rispondendo a quella che in realtà suonava più come una domanda retorica.

"A cosa pensi, guardando le stelle?" Domandò ancora, mentre a passo lento si avvicinava per sedersi sulla poltrona affianco alla mia. Poggiai la guancia destra sulle mie ginocchia, potendo rivolgere lo sguardo al mio migliore amico, che a sua volta mi stava già guardando.

"Niente di particolare, mi stavo solo rilassando" spiegai, stringendomi leggermente nelle spalle. A dire la verità, era già qualche giorno che ero particolarmente pensierosa, e forse anche un po' triste, ma non me ne era ben chiaro il motivo. 

"In realtà è un po' che ti vedo così" come accadeva ogni volta, il mio migliore amico sembrò leggermi nel pensiero, verbalizzando per conto mio tutto ciò che non dicevo espressamente. Era il suo superpotere: capire le persone. O almeno capire me, per lui ero un libro aperto da tempo ormai.

"Se c'è qualcosa che ti turba e vuoi parlarne, sai che puoi sempre venire da me" continuò, quando non ricevette risposta alla sua prima affermazione. Io annuii, ancora con la guancia schiacciata contro la rotula. "In realtà non so neanche io cosa sia successo" confessai, chiudendo per qualche attimo le palpebre, beandomi delle carezze del vento. 

"Io ho notato questo tuo atteggiamento pensieroso il giorno che ti sei andata a fare le trecce. E' successo qualcosa quel pomeriggio?" Indagò lui, facendomi realizzare che probabilmente sapeva più di me riguardo al mio umore.

"Cosa sai Duccio? Cosa mi nascondi?" Chiesi divertita, assottigliando lo sguardo per scrutare ogni suo minimo movimento che potrebbe portarmi a trovare una risposta alle mie domande, prima che possa parlare lui stesso.

"Giuro che non so niente" ridacchiò, alzando le mani in aria. "Però quel pomeriggio Pietro è stato in camera tua, e non per poco tempo" spiegò quello che lui sospettava potesse essere il motivo del mio distacco dalla realtà.

"Non tutti i miei problemi derivano da Pietro" sottolineai, sentendomi in parte infastidita dal fatto che quando ho qualcosa che non va il primo pensiero di tutti è rivolto sempre al biondo. Ormai era passata una vita da quando ci eravamo lasciati ma pareva comunque che i nostri amici non fossero in grado di accettarlo.

"Quel pomeriggio, mentre provavamo, anche lui era particolarmente distratto. Non posso credere che sia una coincidenza" il rosso continuò ad insistere, deciso a scoprire una verità che io in primis non ero pronta a rivelare, nemmeno a me stessa. Non sopportavo l'idea che ancora potesse annebbiarmi il cervello, dopo anni dalla nostra rottura.

"Invece temo sia una coincidenza, sai" ribadii, lasciandomi tradire dal mio tono di voce infastidito. "Bebe..." venni infatti ripresa dal mio migliore amico, che mi lanciò uno sguardo che diceva a gran voce 'Non mentire'. 

"Te l'ho detto Duccio, non lo so perché sto così" ripetei ancora una volta, facendogli capire che non avrei voluto altre repliche e che avevo bisogno che quella conversazione finisse là. Calò un improvviso silenzio, che servì ad entrambi per riprendere fiato da quella conversazione che aveva oppresso me e rassegnato lui.

-----
Capitolo trentasette

sinceramente non mi fa impazzire, è un po' di passaggio ma devono esistere anche questi capitoli purtroppo.

Mi sono accorta che stavo trascurando un pochetto il povero Duccio quindi big ritorno del rosso che svolge il suo usuale lavoro di psicologo.

Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate
al peossimo❤️

Back in time // FaresDove le storie prendono vita. Scoprilo ora