20 Luglio 2022, Empoli
"Non esiste, io non ho intenzione di arrivare fino in pizzeria" disse lapidario Pietro, non volendo camminare sotto il sole per andare a recuperare quella che sarebbe stata la nostra cena. Il biondo era comodamente stravaccato su una delle poltrone, con gli occhiali da sole in viso e il telefono tra le mani. Capivo perché non volesse lasciare la sua zona di comfort.
"Dai Pietro, alza il culo. Non puoi non fare mai un cazzo" Marco si spazientì, dopo una buona dozzina di minuti passati a tentare di convincere l'amico a fargli quel favore. Avevano iniziato a litigare poco dopo e io stavo per dare di matto.
"Ma non ho capito perché io, siamo letteralmente in dodici!" Continuò a protestare il ragazzo. "Jack, Dario e Andrea stanno registrando; Duccio è a prendere da bere; Ghera sta apparecchiando con Gin; io e Barto abbiamo appena finito di montare il nuovo tavolo, visto che l'ultimo si è rotto. Tu stai là a grattarti i coglioni" gli animi si scaldavano sempre di più e se non avessi fatto qualcosa probabilmente si sarebbero saltati addosso.
"Quanto parlate, vado io a prendere le pizze così non bisticciate dai" mi intromisi, mentre camminavo verso le scarpe che avevo abbandonato affianco divano quando ero entrata.
"No, deve andarci Pietro" contestò Marco, non volendo tornare indietro. Sembrava più che intenzionato a mantenere la sua posizione a tutti i costi, come un soldato al fronte che si rifiuta di abbandonare la trincea per non lasciarla ai nemici. Fares era il suo nemico, e non voleva dargli alcun vantaggio.
"Va bene così, Marco. Davvero, non mi pesa" insistetti, mentendo solo per farli smettere. Mi pesava eccome, era ancora giorno e il sole - nonostante fosse vicino al tramonto - ancora era caldo. Ma avrei fatto questo e altro per non sentirli più.
"Accompagnala almeno, non puoi lasciare una donna a camminare da sola per strada" il platinato stava cercando ogni scusa possibile per far uscire l'amico dal bunker ma io pregavo che non avrebbe ceduto. Ancora non avevamo ripreso totalmente i rapporti dopo quello che era successo e non mi sarei sentita a mio agio a stare sola con lui.
"Siamo letteralmente a Villanova, non penso di essere in pericolo" minimizzai le finte preoccupazioni del più grande, mentre stringevo i lacci delle scarpe. Volevo veramente scappare il prima possibile dai loro screzi e dalla possibilità di restare sola con lui.
"Guarda, ci vado solo per non sentirti più mentre ti lamenti" con mio grande stupore, Pietro assecondò l'idea di Marco alzandosi finalmente da quella poltrona che ormai aveva preso la forma del suo corpo, dopo averlo accolto per tutto il pomeriggio. Io per un attimo mi bloccai, per poi riprendere a prepararmi per non far notare il mio disagio nel fare quella commissione accompagnata da colui con il quale avevo commesso uno degli errori di cui mi pentivo di più in tutta la mia vita.
"Grazie!" Il platinato portò le mani in segno di preghiera, alzando la testa per guardare il cielo - in realtà coperto dal soffitto -, ringraziando qualche divinità. Lui, come anche gli altri ragazzi, non aveva idea di cosa fosse successo tra noi. La mattina dopo io e il biondo avevamo concordato di non dirlo a nessuno, di dimenticarci l'accaduto e di riprendere la nostra amicizia come non fosse successo nulla. Quindi non aveva colpe, chiaramente, ma io comunque sentivo un forte impulso che mi spingeva a tirare fuori il mio lato violento e scaricarlo sul ragazzo.
Senza aggiungere altro, uscii dal bunker e sentii Pietro seguirmi frettolosamente, dato che avevo un certo vantaggio su di lui e se non si fosse sbrigato lo avrei lasciato esattamente là dove si trovava.
"Ei Faster, ti ricordavo diverso" scherzò, cercando di rompere il ghiaccio con il quale lo avevo tenuto alla larga nell'ultimo periodo. Io abbozzai una risata, cercando di risultare il più naturale possibile. Però non avevo considerato il fatto che fossi una pessima attrice. "Dai Bea... io ti capisco, ma non possiamo continuare così ancora a lungo" mi rimproverò con tono dolce. Sentivo che volesse sembrare più duro di quanto effettivamente risultò, e la cosa mi fece intenerire.
"Pietro, io non ho niente contro di te. Solo non sono a mio agio" spiegai imbarazzata, nascondendo le mani negli shorts di jeans che indossavo. Effettivamente lui non aveva colpe, era tutto nella mia testa. Sapevo di non avere la coscienza pulita e la sua presenza non faceva che ricordarmelo.
"Non puoi continuare a torturarti all'infinito, tutti sbagliamo" tentò di rassicurarmi. La nostra bolla fu interrotta per qualche istante da una simpatica vecchietta che ci salutò, affacciata alla sua finestra. Lo faceva sempre, nonostante noi non avessimo la più pallida idea di chi fosse. I sorrisi temporanei che erano comparsi sul nostro volto mentre agitavamo la mano in segno di saluto verso la donna sparirono in fretta, e intorno a noi tornò l'aria pesante che avevamo dimenticato momentaneamente.
"Se continuo, magari prima o poi mi perdono" risposi, sentendo gli occhi pizzicare. Era tipico per me: espiare le mie colpe attraverso l'autolesionismo psicologico. Da sempre avevo avuto la tendenza a incolparmi fin quando non sentivo di aver sofferto abbastanza. La totalità della mia concentrazione era posta solo e unicamente sull'asfalto del marciapiede che scorreva sotto le nostre scarpe, tramite il quale cercavo di scappare dalla conversazione. Forse se mi fossi concentrata abbastanza, questo mi avrebbe inglobato in se e, da lì sotto, avrei guardato il biondo allontanarsi lasciandomi alle sue spalle.
"Non hai bisogno di questo per perdonarti" continuò. Io iniziavo a sentirmi piccola in quella conversazione. Come se avessi assunto qualche funghetto strano, mi sembrò di vedere il cielo ripiegarsi su di me, pronto a schiacciarmi, mentre il ragazzo al mio fianco si faceva sempre più grande, a tal punto da oscurare il sole dietro di lui.
"Possiamo non parlarne più?" Domandai stanca. A metà della frase la mia voce si incrinò leggermente, provando quanto stessi faticando a sorreggere quel discorso. "Scusa" sussurrò, portando un braccio a circondarmi le spalle, grazie al quale mi avvicinò a lui per lasciarmi un delicato bacio sulla tempia.
"Prendiamo 'ste pizze va" cambiai argomento, indicando la tenda rossa non molto distante da noi. Da quel momento tra noi calò il silenzio. Non so bene se fosse perché avessimo finito gli argomenti o semplicemente se non sentivamo la necessità di riempire il vuoto di parole tra noi.
Parlammo nuovamente solo per comunicare il nostro ordine e ringraziare dopo aver pagato. Poi di nuovo il nulla. Il viaggio di ritorno fu assolutamente privo di qualsiasi suono all'infuori dei fruscii delle piante mosse dal vento e dei motori delle auto che ogni tanto ci passavano affianco. Ci eravamo divisi i cartoni anche se lui, da bravo galantuomo, aveva insistito per portarne di più rispetto a me.
Quando arrivammo nuovamente al bunker, impossibilitati dall'aprire la porta con le nostre mani, Pietro si avvicinò, bussando con un piede. Ad aprirci fu Ghera che, una volta tolto dalla nostra visuale, rivelò l'intero gruppo alle sue spalle. Andrea e Duccio, posti agli estremi dello schieramento, fecero scoppiare i tubi che tenevano in mano, riversandoci addosso una cascata di coriandoli verdi e dorati. Tutti insieme urlarono un chiassoso "Sorpresa!" che inizialmente mi confuse parecchio, poi ricollegai tutto: era appena passato il compleanno di Pietro che lui non aveva festeggiato con noi dato che era in vacanza con la sua famiglia, e i ragazzi avevano deciso di rimediare.
Il biondo li abbracciò uno a uno, ringraziandoli. Poi, non appena il caos si calmò, presi parola per chiedere una delucidazione da parte dai miei amici.
"Scusatemi, perché io non sapevo nulla?" Li guardavo abbastanza perplessa, non avendo saputo niente da nessuno per quella festa. "Non sei molto brava a mantenere i segreti, sei assolutamente sgamabile" mi spiegò Dario, scatenando una risata generale dalla quale anche io mi lasciai contagiare.
Dopodiché la festa ebbe inizio.
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Capitolo cinquanta!Aiuto non finisce più tutto ciò. Ma va bene così, noi continuiamo.
Non capisco se questo capitolo mi piaccia o meno, quindi lascerò ai posteri l'ardua sentenza. Intanto c'è una simpatica litigata e un mezzo confronto barra riappacificamento. Quindi non male dai.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
al prossimo❤️
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Back in time // Fares
FanfictionPietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non è cambiata di molto. Forse hanno più consapevolezza, ma anche più paura. Così uniti e così distanti...