15 Dicembre 2022, Empoli
Il beat continuava a ripetersi in loop da almeno venti minuti, avrei saputo riprodurlo a memoria. Pietro continuava a ciondolare da una parte all'altra dello studio, camminando distrattamente con l'attenzione rivolta solo al suo cellulare, sul quale stava cercando di scrivere quelle maledette quattro frasi, cancellando e riscrivendo all'infinito mentre canticchiava sotto voce la melodia. In quella stanza eravamo solo io, lui e Faster e nessuno proferiva parola da fin troppo tempo.
"Basta, Pietro!" Andrea lo riprese, esausto. "Devi scrivere quattro barre di merda, ce la puoi fare" lo spronò scocciato, non riuscendo più a sopportare la noia che lo stava catturando dall'esatto momento nel quale aveva messo piede in quella stanza. Il biondo lo fulminò con lo sguardo, furioso per essere stato disturbato durante il suo processo creativo.
"Ma che cazzo vuoi? Facile parlare quando la tua parte è già scritta" rispose a tono Pietro, iniziando a gesticolare nervosamente. Tutta quell'agitazione era dovuta al fatto che non stesse scrivendo un pezzo qualsiasi, bensì quello che avrebbero portato alla serata delle cover insieme a Sethu, che li aveva invitati a duettare con lui al prestigioso festival di Sanremo. Il biondo, come suo solito, aveva subito iniziato a riempirsi di paranoie, avendo paura di non riuscire a rendere giustizia ad una canzone storica come quella. Ad Andrea, invece, era stato assegnato un pezzo della prima strofa - che avevano ripreso dal brano originale - che avrebbe cantato insieme al concorrente.
"Non litigate, per favore" li ripresi, anche io stremata da quella situazione. "Andrè, se ti annoi esci" suggerii al corvino. "E tu" puntai il dito in direzione dell'altro ragazzo "smetti di farti mille pare, sono sicura che riuscirai a scrivere la cosa giusta, come sempre" tentai di tranquillizzarlo, sperando che potesse servire a farlo lavorare meglio, in qualche modo.
"Ho bisogno di concentrarmi" disse Pietro, stropicciandosi gli occhi con il dorso delle mani. "Va bene, usciamo" rispose Andrea, alzandosi subito dal divano. Io imitai il suo movimento, venendo però fermata dalla voce del biondo.
"No" ci fece bloccare, stoppando in quell'esatto momento anche la riproduzione del beat. "Tu fuori" indicò Andrea. "Tu stai ancora con me, ti prego" mi fissava con sguardo affranto, mentre il corvino lasciava silenziosamente la stanza. Io tornai a sedermi sul divano, vedendo il ragazzo fare lo stesso. Lui poi si sdraiò, poggiando la testa sulle mi cosce.
Iniziai a passargli le mani tra la sua morbida chioma color grano. Amavo farlo e lui amava quando lo facevo, quindi ogni scusa era buona per ritrovarci così. Poi da quando se li stava facendo crescere era ancora più bello giocarci.
"Sfogati". Il mio fu più un suggerimento che un ordine, anche se suonò come tale. Il biondo sospirò, seguendo però il mio consiglio.
"Farò una figura di merda" disse, passandosi una mano sopra al viso. "Non sono pronto ad una cosa come Sanremo" continuò, preso dalle sue solite ansie e paranoie.
"Tu non lo sai, ma sei anche troppo per Sanremo" dissi sinceramente, guardando la sua fronte aggrottarsi.
"Sì, certo" rispose sarcastico mentre mi guardava dal basso, beandosi delle mie carezze.
"Sono seria!" Ribadii convinta, alzando leggermente la voce. "A Sanremo, di base, si portano solo canzoncine d'amore smielate, tu scrivi anche troppo bene per quel target" spiegai quella mia affermazione apparentemente esagerata.
"Stai cagando fuori dal vasetto Bea, te lo dico" mi fece sorridere lui.
"Va bene, tu non mi credi, ma ti assicuro che è la verità" insistetti.
"Comunque questo era per dirti che sei all'altezza di quel palco, te lo giuro" sperai di essere riuscita in qualche modo a rassicurarlo."Non lo so, tutto quello che scrivo mi sembra banale" sbuffò. L'ansia era una caratteristica che ci accomunava da sempre quindi potevo capire benissimo i suoi pensieri anche se io li ritenevo ingiustificati. "Non saprei come descrivere la vita di un quindicenne in depressione" iniziò a gesticolare agitato.
"Magari basta che parli di te" provai a proporre. "Anche tu hai avuto momenti di chiusura, svariati. Parla di quello in chiave giovane. Potrebbe funzionare?" Chiesi conferma al ragazzo. Ok che non aveva più quindici anni, ma le emozioni erano sempre quelle e gli sarebbe bastato ricordare cosa pensava all'ora. Dopo tutto, non erano passati troppi anni.
"Potrebbe, ma non lo so" rispose dubbioso. Questa frase mi fece capire che lui sapeva benissimo che la mia idea fosse valida, ma anche che aveva paura di provare e fallire. Non era bravo a gestire i "fallimenti" lui.
"Prova princi, non ti scoraggiare dai" continuai ad incoraggiarlo. A malincuore, smisi di muovere le dita nei suoi capelli e lo spinsi ad alzarsi per continuare il suo lavoro. Lui però sembrava non volerne sapere di muoversi da lì.
"No, fammi stare qua" si lamentò, ripoggiando la nuca sulle mie cosce. "Toccami i capelli che mi rilassa" mi intimò mentre riprendeva il telefono tra le mani, aprendo le note.
Io obbedii, volendo fare il possibile per aiutare lui e la sua concentrazione. Iniziò a canticchiare di nuovo la stessa melodia, senza neanche far ripartire la base. Lo osservavo muovere i pollici sulla tastiera, scrivendo qualcosa per poi correggerla, farla tornare come prima e, infine, cancellarla.
Le mie dita facevano a mo' di pettine tra i suoi capelli, mentre lo guardavo aprire Whatsapp ed entrare nel gruppo "Jackie ma che vuoi??", dove c'erano solo loro sei e Ghera che veniva utilizzato, in teoria, per le cose lavorative. Scrollò un po' fino ad arrivare ad un audio da parte di Erin di un paio di giorni prima, per riprodurlo. Il silenzio dello studio fu interrotto dalla voce del ragazzo che intonava la sua parte di strofa pronta.
La sentimmo un paio di volte prima che Pietro si decidesse a riaprire nuovamente le note e scrivere. Le parole sullo schermo apparivano velocemente, anche se non riuscivo a leggere cosa ci fosse scritto. Dopo aver finito le canticchiò. Alle mie orecchie in realtà arrivò solo la melodia, le parole si trovavano ancora nella sua testa. Fece un paio di piccole correzioni e poi si alzò di scatto da me, tornando seduto e mostrandomi un dolcissimo sorriso soddisfatto.
"Ce l'ho!" Esclamò pieno di entusiasmo. Si sbilanciò in avanti e mi strinse in un abbraccio caldo che sapeva di gratitudine, anche se era tutto merito suo. Ci staccammo quando la porta dello studio si aprì, rivelando un barcollante Caph che si muoveva con una mano a coprire gli occhi.
"Posso guardare? Siete decenti?" Domandò, muovendo l'altro braccio in avanti per non farsi male sbattendo da qualche parte. Noi due scoppiammo a ridere, comunicandoci subito dopo che avrebbe potuto aprire gli occhi senza problemi. "Prendo la chitarra e me ne vado" ci avvisò, non appena si concesse di utilizzare di nuovo la vista. Corse ad afferrare la chitarra e poi tornò velocemente da dove era venuto, venendo però fermato da Pietro.
"Caph!" Lo richiamò, facendolo girare verso di noi. "Ho la strofa, chiama i ragazzi" gli comunicò contento, ricevendo un grande sorriso in risposta da parte del platinato. Questo posò lo strumento appena recuperato vicino la porta e subito si avviò a dare la bella notizia anche agli altri.
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CinquantaquattroCome promesso, ecco il capitolo dopo quattro giorni. È stata una lunga attesa anche per me perché quando ho i capitoli pronti non vedo l'ora di pubblicarli. Però ho rispettato la parola e ho resistito alla tentazione.
Momenti di crisi per una canzone importante e tanto affetto tra i due bro.
Non ho molto da dire questa volta, quindi lo spazio autrice finisce qua.
Lascio la parola a voi.Fatemi sapere cosa ne pensate
al prossimo❤️
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Back in time // Fares
FanfictionPietro e Beatrice hanno sempre avuto un rapporto complicato. Lo avevano quando si erano appena conosciuti e, due anni e mezzo dopo, la situazione non è cambiata di molto. Forse hanno più consapevolezza, ma anche più paura. Così uniti e così distanti...