Capitolo 38

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<<Sta andando tutto magnificamente Briar. Il bambino è sano, forte. Il tuo peso è leggermente fuori parametri, ma non inciderà in nessun modo. Evita per un po' le torte >>
<<Dottore, è quasi un mese che non ne mangio>> rispondo ridendo.
Sono nello studio del mio ginecologo. Da alcuni giorni sono entrata nel ottavo nono mese di gravidanza.
<<Okay, voglio fidarmi. Comunque scherzi a parte è tutto normale. Allora ecco a te la lista delle vitamine, e le foto come concordato>> <<Grazie. Avrei una domanda >>
Lui posa la penna e si appoggia allo schienale della sedia girevole
<<Dimmi >> << Come capirò quand'è il momento di partorire ? >> <<Vedi Briar, verranno le contrazioni.. Ti consiglio di monitorarle. Non appena saranno frequenti, vieni qui. Non attendere che ti si rompano le acque, okay ?>> annuisco anche se sono ancora nel panico.
Durante il sesto ed il settimo mese ho avuto alcuni falsi allarmi. Ma durante quest'ultima settimana, tutto è andato per il meglio. E mi manca ancora
un mese.
Saluto il dottore ed esco dal suo studio.Devo tornare a casa adesso.
Ormai la mia pancia è enorme e mi muovo come una papera. Mi stanco presto ed infatti l' unica cosa che faccio da sola e andare dal ginecologo.
Per il resto c'è la signora Puller o Elle.
Justin sono quasi due mesi che non si fa vedere. Sembra sia ancora risentito per il mio rifiuto.
Poco m' importa. Io non gli ho dato alcuna speranza. Solo perché accettavo le sue torte, non significa che lo avrei sposato.

La signora Puller mi apre la porta e mi aiuta a raggiungere il salotto.
<<Dovreste farvi accompagnare. Nel vostro stato non è prudente andare da sola dal medico>> mi siedo su una delle poltrone. <<Voglio essere indipendente. E poi il dottore ha detto che va tutto magnificamente>> lei scuote la testa. Ormai ha capito che non c'è verso di farmi desistere.
Mi porta un bicchiere d' acqua, e va a preparare il pranzo.
Mi è stato molto d'aiuto in questa mia avventura.
Porto la testa all'indietro, chiudo gli occhi e lascio che la stanchezza mi scivoli via. Mi accarezzo la pancia. Ormai non mi vedo più i piedi e fare le scale è diventato davvero pesante.

Mi squilla il telefono. Lo tiro fuori dalla mia borsa e rispondo senza preoccuparmi di chi possa essere.
<<Ciao Briar >> è Rose.
Felice riapro gli occhi <<Rose, come stai ? E la piccola Pearl?>> <<Va tutto bene. La piccola è impegnativa ma diventa ogni giorno più bella. Somiglia molto a me. Ma ha il carattere deciso di suo padre. >> la sento ridere. Rido a mia volta <<E tu come va ? Partorirai tra un mese,
no ? >> <<Si, ho paura. Ma aspetto con ansia quel momento. >> <<Ti capisco, anche io non ce la facevo più. Era diventato impossibile fare qualsiasi cosa>> <<È vero. Senti, com'è è stato ? Partorire intendo>> lei diventa titubante nel parlare <<Vedi...tutti dicono sia un momento magico. Che sarà un dolore che dimenticherai appena avrai il bambino tra le braccia. Non ti fidare.
Lo ricorderai per tutta la vita. >>
Mi mette terrore <<Ma il suo viso compensa tutto, anche se sembrerà di star per morire >> <<Grazie della tua... tremenda onestà >>
Finiamo per ridere. Erano mesi che non la sentivo. Com'è cambiata tanto la nostra vita.
Ormai siamo entrambi madri. Non siamo più quelle ragazze appena arrivate in America.
<<Tra tre mesi aprirò il mio centro estetico. Qui a New York. Spero che verrai all'inaugurazione.>>
mi mordo il labbro. Non so cosa risponderle. Mi sento di dire no. E invece dalle mie labbra esce <<Si. Vedrò cosa posso fare >> detto questo cambio argomento, e comincio a parlarle di ciò che mi ha detto il dottore.
Tornare a New York col bambino sarà davvero complicato. La paura di poter incontrare nuovamente Austin. Che scopra la verità.
Non so cosa deciderò di fare.

Dopo mangiato, saluta la signora Puller. Tornerà in serata. L'accompagno alla porta e poi decido di salire le scale e andare a riposarmi.
Ma non appena sono a metà scala, suonano alla porta. Ci ho messo più di dieci minuti a salire. Sbuffo frustata.
<<E adesso chi è ?>> sussurro a denti stretti. Mi giro e comincio a scendere.
Sembra che lo facciano apposta ad arrivare in certi momenti.
Sento dolore alla schiena. Un dolore che va e viene. Faccio dei respiri profondi e poi apro la porta.
<<Ciao Briar >> è Justin.
Rimango impassibile<<Ciao Justin che cosa vuoi ?>> <<Possiamo parlare ?>>
Sento ancora dolore. Devo sedermi. Cosí lo lascio entrare e andiamo in salotto. Mi siedo e trovo subito un po' di ristoro.
<<Cosa sei venuto a fare ?>> <<Mi mancavi>> <<Justin se vuoi possiamo essere amici, ma solo quello, nulla
di più >> ha un' espressione da cane bastonato <<Vedo che non hai cambiato idea dopo tutti questi mesi>> <<E non la cambierò, stanne certo>> <<Sei talmente ostinata. Perché non ammetti che hai bisogno del mio aiuto ?>> <<PERCHE NON NE HO BISOGNO. >> grido. Forse cosí mi capirà meglio.
Io non sono quello che vuole e lui non è ciò che voglio io.
Se dovessi dirgli di si, so per certo che arriverebbe un giorno, in cui entrambi ci pentiremmo di questa scelta.
<<Va bene. Non urlare. >> afferma spaventato, a sguardo basso. Sono stufa dei suoi sogni ad occhi aperti. Mi sollevo dalla poltrona e guardandolo lo prego di andarsene.
<<Dai, sono qui per parlare>> <<Non sei qui per parlare. Dopo tre mesi non hai ancora capito niente, quindi è meglio che te ne vai>> lo guardo arcigna.
Non può fare altro che uscire dal salotto. Sento dolore alla pancia. È un dolore acuto. D'un tratto avverto una pressione e poi mi sento tutta bagnata.
<<JUSTIN!!>> al suono della mia voce torna da me. Ha il viso preoccupato <<Cosa...>> guarda hai miei piedi. Mi si sono rotte le acque.
<<Io...vado a prendere il furgone >>
Annuisco spaventata. I dolori cominciano ad aumentare. Sento di star per morire <<Justin porta qui il
medico !!>> Lui grida un va bene di rimando. Non ho più tempo. Sto per partorire in casa.
Comincio a respirare. Piccoli respiri, ma lunghi. Mi sposto dal salotto e riesco ad arrivare nell'ingresso. Mi accovaccio e mi appoggio al corrimano della scala. Non riesco più a camminare. Credo che nascerà qui.
Grido e piango. I dolori sono sempre più riavvicinati. Mi sento come una statua, dura. E come se non riuscissi a respirare. Mi esce del sangue lungo le gambe. Cosí mi tolgo i pantaloni.
Sta succedendo tutto cosí in fretta.
<<Austin. Vorrei tu fossi qui>> rimpiango le mie scelte. Ho paura, Austin dovrebbe essere qui.
D'un tratto sento di dover spingere. Mi accovaccio sempre di più e poi comincio a spingere. Le gambe quasi mi cedono. Riesco a mettermi a gattoni e continuo a spingere. Esce il sangue. Il sudore mi invade tutto il corpo e sento le vene della fronte, quasi esplodere. Poi tutto diventa più leggero. Ma poi si fa nuovamente doloroso. Continuo a spingere.

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