Capitolo 47

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Tutte le bambine sognano l'abito bianco, il castello, l'anello, la coroncina ed il lieto fine.
L'ho fatto anche io. Ma arriva un punto nella vita di una donna che capisce che è tutto falso.
Non esiste alcun principe dalla scintillante armatura che ti salva col suo cavallo bianco. Non c'è alcun castello eretto in mezzo alle nuvole che ci aspetta. Non v'è alcun anello di diamanti magico, che non appena lo metti non si trasformi in una catena legata al collo.
Si dice che il matrimonio sia la tomba dell'amore.
Ma nessuno ti spiega mai il perché.
Nessuno ti spiega che ad un certo punto, l'amore termina. Che ad un certo punto la si vuole solo fare finita. Che ad un tratto guardi la persona che hai accanto, e ti accorgi che la odi.
Molta gente vive felice. Trova l' amore. Ma tantissimi altri soffrono di matrimoni falliti o in via di fallimento. Perché accanto hanno persone che non li apprezzano. E che li trattano come scarpe vecchie.
Eppure continuano ad esserci matrimoni. Perché nonostante tutto, chi non ama una bella fiaba. Alle volte sposi il principe, altre volte ti capita
il lupo.
Chi dei due sia migliore o peggiore sta alla principessa capirlo. Ma di solito quando lo si capisce, è troppo tardi.

Penso ancora a Luke. Sono due giorni che penso a lui. E alla sua presenza qui. Sono sicura che voglia vendicarsi di me.
Non perché fosse innamorato. Ma perché lasciandolo davanti a tutti ho ferito il suo orgoglio. Gli sarebbe bastata una vita infelice. Ignaro del peso che portavo.
Ma l'umiliazione pubblica che gli ho fornito, deve averlo spinto a pensare molto. E adesso chissà cosa farà.

È sera. È venerdí. Sono pronta e aspetto che Austin venga a prendermi. Rose è qui con me insieme a Pearl. Mi terrà il bambino stasera.
<< Se succede qualcosa mi devi chiamare >> <<Non succederà niente. Tu stasera devi divertirti. Pensare a te e ad Austin. Lui vuole vederti per poter ricordare. E dove ti porta ?>> <<Non lo so ma io mi sono comunque messa elegante. >> Faccio un giro su me stessa. E lei guardandomi sorride.
Indosso un abito blu, lungo fino al ginocchio. Leggermente attillato, senza maniche e con scollo a barca. Delle calze color carne ma pensanti, perché fa pur sempre freddo. E degli stivali neri di pelle, lunghi con un po' di tacco.
Ho i capelli sciolti. Sono leggermente truccata e indosso orecchini e bracciali dorati che tintinnano.
Mia cugina mi mostra due pollici in su.
Sono soddisfatta e spero che vada tutto bene.

Dopo un po' sento il ruggito di una moto. E subito dopo suonano al citofono.
Sono nervosa. Ma credo di sapere
chi sia.
Corro ad aprire e mi trovo di fronte Austin. Bello come non mai. Gli anni non lo scalfiscono mai.
<<Ciao Austin>> lui mi fissa, sembra nervoso. Direi quasi impacciato
<< Ciao Briar. Stai benissimo. Ma sono venuto con la moto >> <<Non è la prima volta che prendo la moto con te e ho la gonna. >> Vedo come si trattiene dal ridere. Annuisce <<Okay, andiamo ?>>
annuisco a mia volta. Saluto Rose. Prendo la giacca e la borsetta. Bacio Ivar, dopodiché mi precipito fuori, insieme al mio centauro.

Saliamo in sella. Mi stringo a lui. Come hai vecchi tempi.
Lui mette in moto e partiamo lungo le strade. Ricordo la prima sera. Il vento come allora, mi scompiglia i capelli. Mi sento volare.
Come se avessi delle ali.
Poggio il viso sulla sua schiena, e mi beo del battito del suo cuore.
Mi sembra di avere le ali stasera.
Brividi percorrono la mia pelle.
Nelle curve sembra che la moto
tocchi l'asfalto.
Poco dopo Austin parcheggia in un vicolo. Scendiamo, e procediamo verso il marciapiede. Entriamo poi in una tavola calda.
Essa è molto illuminata. Austin si toglie la giacca di pelle. Ha prenotato
<<Nome prego ?>> Chiede la donna alla cassa con sguardo annoiato e masticando la gomma.
<< Collins >> risponde l'uomo al
mio fianco.
Veniamo introdotti cosí nella sala e ci mettiamo seduti ad un tavolo, fatto di legno scuro. Leggiamo i menù. Poi ordiniamo del risotto all'anatra.
Sono curiosa non ne ho mai mangiato.
Austin chiede del vino rosso e poi mi guarda fisso, mentre la cameriera va via con i nostri ordini.
<< Allora parlami di te Briar >> non mi ha mai posto questo quesito. 
<<Ecco...mi cogli alla sprovvista. Io, da bambina sognavo di diventare un avvocato. Volevo essere come mio nonno. >> <<E ci sei riuscita?>> annuisco, piego un tovagliolo bianco, evito di guardarlo <<Sono contento per te. E hai un figlio !>> <<Si, peccato io non sappia chi è il padre. >>
Mi fissa confuso <<Cosa vuoi dire? >>
<<Voglio dire che potrebbe essere tuo, o potrebbe essere del mio ex, Luke>> <<Luke Tudor >>
Ha ricordato ? Sono sconvolta <<Te lo ricordi ?>> <<No, l'ho incontrato due giorni fa >> tremo. Cosa gli avrà detto ?
Lui però sembra tranquillo.
Sospiro e cerco di tranquillizzarmi a mia volta. <<Capisco. Dovremmo forse fare un test di paternità>> <<Si. Ma non so se sono pronta. Prima conosciamoci di nuovo, che ne pensi ? E poi deciderai se ne varrà la pena >> <<Sono sicuro che sia la cosa giusta. Avvocato Tail. Non mi faccia causa.>> Scoppio a ridere <<No, non lo farò, per stavolta>> Austin finge di asciugarsi il sudore aumentando le mie risate << La ringrazio. Pericolo scampato>>
È sempre lui, scemo, dolce e tremendamente sexy.

Dieci minuti dopo, cominciamo a mangiare. Gli racconto molti aneddoti della mia infanzia. E alcune cose che abbiamo vissuto insieme.
Lui mi ascolta. Curioso e forse malinconico. Dimenticare non è bello. Nasce la rabbia e lo sconforto.
Lui però sdrammatizza con molte battute, e a fine cena, mi rendo conto di quanto mi sia mancato. E di quanto ancora dovessimo conoscerci.
È lui a voler pagare il conto. Dopodiché usciamo dalla tavola calda, e Austin mi prende per mano.
Poi mi fissa e dolcemente afferma <<C'è la spiaggia qui vicino, ti va di andarci ?>>
mi nasce un sorriso timido <<Hai tuoi ordini>>
Intrecciamo le dita e corriamo verso la nostra meta.
È una bella serata. Il cielo e ricoperto di stelle, e la luna è solo un leggero spicchio. La sabbia è fredda sotto le nostre dita dei piedi. Entrambi ci togliamo le scarpe. Il mare è agitato. Le onde alte arrivano fino a riva. Ed il vento trasporta con sé freddo e odore di salsedine. Ma io mi sento felice.
Libera come non mi sentivo da tanto tempo.
Austin si siede sulla sabbia e mi osserva dal basso verso l'alto.
<<Ti piace il mare, vero ?>> Mi abbasso in ginocchio. E mi metto davanti a lui <<Te lo ricordi?>> Scuote la testa ed io allora poggio la mia mano sul suo ginocchio, come a volergli dare conforto.
<<Non fa niente. Comunque si. Io adoro il mare.>> <<Perché ?>> <<Perché cambia sempre. Non è mai lo stesso. È libero. Può essere dolce e letale. Mi piace l'acqua e ogni suo movimento. >>
<<Sei strana Briar >> abbasso lo sguardo <<È una cosa brutta ?>> <<No, non lo è >> sussurra a pochi centimetri dal mio viso. <<Hai le labbra color corallo>> bisbiglia.
Poi inaspettatamente, lega le nostre labbra in un bacio.
I sentimenti, che invenzione. Puoi perdere tutto. Ma essi rimangono attaccati a te.
Allaccio le braccia al suo collo e lascio che le sue mani vaghino sul mio corpo fino alla mia vita. Lo stringo a me.
Mi metto a cavalcioni su di lui. E Austin si lascia trasportare per un momento. Intrecciando le nostre lingue. Poi si stacca.
<<Dovremmo andarci piano >> rimango confusa. Gli uomini non lo dicono mai.
<<Perché ?>> Chiedo con affanno
<<Perché non ti conosco. Tu conosci me, conosci noi. Mai io non conosco te. Non mi ricordo di noi >>
Mi trema il labbro. Ma annuisco.
<<Certo. Hai ragione. Ti va di passeggiare ?>> Mi rialzo e gli offro la mano. Lui l'accetta. E cosí, rimanendo a riva passeggiamo in silenzio. Pestando la sabbia bagnata, e ascoltando il rumore delle onde.

****

Mi ha riportata a casa ieri sera. Erano quasi le due. È stato un bellissimo appuntamento. Ma avrei voluto terminasse a casa sua.
Austin però vuole andarci piano.
Vuole conoscermi. È come se fosse l' Austin di quattro anni fa nell'aspetto. Ma col carattere di poco tempo fa. Ieri sera mi è mancato l' Austin impetuoso, che mi ammaliava e mi cingeva a sé.
Sto allattando Ivar. Rose invece è in cucina, è ancora qui, e prepara il pranzo. Pearl gattona sul tappeto. È davvero carina e sta crescendo in fretta.

<<Quindi ti stai lamentando perché è stato un gentiluomo?>> Domanda mia cugina sbucando dalla cucina, armata di un cucchiaio di legno sporco di salsa <<Non mi sto lamentando>> Lei mi fissa poco convinta, a sopracciglia inarcate. Sospiro <<Va bene forse un pochino. Avrei voluto di più. È un anno che non andiamo a letto insieme. Mi manca >> <<Si, ma lui non si ricorda di te. Forse il suo corpo si ricorda, ma la sua mente no>>
<<Lo so.>> sbuffo.
Faccio fare il ruttino al mio bambino e poi lo metto nella sua culletta con le ruote. Sistemo la sua copertina e  accetto il piatto col pranzo.

Ci vedremo ancora. Austin ha detto che vuole rivedermi. Ma stavolta vuole con noi anche Ivar. E solo il cielo sa quanto io voglia vederli insieme.
Sto per mangiare il mio primo boccone, ma ad un tratto suonano alla porta. Cosí mi appresto ad andare ad aprire la porta.
<<Signora ecco a lei>> è il postino con una lettera per me. Lo ringrazio e poi richiudo la porta.
Rientro in salone e apro la busta bianca.
Tiro fuori un foglio nero. È vuoto ma quando lo giro c'è scritto:

[ Sono qui per mio figlio].

Tremo, che sia Luke ad avermi mandato questo messaggio ? Ho paura. Mi appoggio al parete.
<<Cosa c'è ?>> domanda mia cugina.
Non so cosa rispondere.
Non ho parole. Ma ho paura. Comincio a guardarmi attorno. Mi affaccio alla finestra.
Ma tutto ciò che vedo è il cielo. Il sole. Le persone. Le auto ed il mio terrore.

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Chi avrà mandato quella lettera ?
Baci Sara 💞

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