Capitolo 39

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( Pov. Stella )

È tragico rendersi conto, di come gli anni migliori sfuggano via. E di come certe occasioni siano ormai perdute. Sono andata via. Ho rinunciato ? Non so dirlo con certezza. Voglio ancora riprendermi la mia vita. Ma non è il momento giusto. Ieri sera sono passata in un locale. Ho speso i miei ultimi soldi in alcool.
Non ricordo nulla di ciò che ho fatto quando ho cominciato ad ubriacarmi.
L'alcool si è impadronito di me. Credo al sesto giro di tequila.
Apro gli occhi. Sono a terra. Il pavimento è bianco, liscio e sporco. Che schifo.
Inorridisco e mi metto seduta. Mi guardo attorno, mentre sento un gusto di chewing-gum in bocca. Ho la gola secca. Accanto a me c'è un uomo semi nudo. Io indosso una camicia bianca. Credo sia la sua. E sotto non ho niente. Mi passo le mani sul viso.
<<Ma cosa...>> Mi domando cosa io abbia combinato.
D'un tratto l'uomo dai capelli rossi si gira. Rimango sconvolta. Cosa ci fa il senatore Luke Tudor steso su un pavimento di New York, in un locale, affianco a me ?
Il nuovo anno ha portato tante sorprese.
E pensare che non l'ho nemmeno festeggiato il Natale. Poi mi torna la memoria. Siamo a maggio. Il Natale è già passato.
Noto che sta per svegliarsi e cosí cerco di alzarmi. Rischio di scivolare, allora mi tolgo i tacchi. Riesco finalmente ad alzarmi. E vado a specchiarmi. Sono un disastro, i miei capelli sembrano una matassa aggrovigliata. Il trucco e
tutto sbavato.
Sento Luke Tudor mugugnare. Poi vedo dal riflesso che si è messo seduto.
<<Ma dove sono ?>> <<Siamo in un bagno, a New York>> Luke si alza in piedi. È nudo. Giro lo sguardo, tento di non fissarlo, non appena se ne accorge si copre mettendosi i boxer e i pantaloni. <<Tu conosci me ma io non conosco te >> mi volto, sorrido e allungo una mano << Sono Stella Vannifer>> lui sorride malizioso e fissandomi tutta.
<<È un piacere, la mia camicia ti sta molto bene >> sorrido <<Se la rivuoi devi rispondere ad una mia
domanda >> <<Che vuoi sapere ?>> <<Sei sposato ?>> lui si sistema la cintura << Si ma mia moglie però  è orrenda, tu dimmi sei una
modella ?>> <<Lo ero>> faccio un giro su me stessa <<Si vede >>
Ci sorridiamo e poi ci rivestiamo. Mi lavo il viso, mi pettino e mi aggiusto il trucco. Luke si abbottona la camicia.
<<E ora dove andrai ?>> mi domanda.
<<Dovrò cercare casa. E un lavoro>>
<<Ho un appartamento qui vicino, potresti...>>
Sorrido e mi lego i capelli in una coda di cavallo << Mi piacerebbe signor senatore>> Luke allora mi offre la mano e insieme usciamo da questo sudicio bagno. Abbiamo bisogno di una doccia. E poi si vedrà cosa succederà.
Forse ho trovato un nuovo passatempo.

Arrivati al suo appartamento mi compiaccio di notare che è decisamente lussuoso.
<<Posso sapere, come mai un senatore inglese si trova qui a New York ?>> mi appoggio al suo divano rivestito. Luke chiude la porta e lancia le chiavi in un mobile, poco lontano dalla porta.
Prende a fissarmi con malizia <<Sai dirmi dove si trova l'azienda dei
Collins ?>> piego la testa << Austin Collins ? Sei qui per vendicarti ?>> <<Può essere >> dopo tutti questi mesi.
Forse si è stufato della moglie e della sua campagna elettorale. Si annoia. Ha bisogno di uno svago.
<<Potrei dirtelo ma prima voglio che fai una cosa per me >> si toglie la giacca e cammina lentamente verso di me << Cosa vuoi che faccia ?>>
<< Tienimi con te. Ho bisogno di una casa e di un lavoro. Potresti essere tu il mio lavoro. >> gli tolgo la camicia di dosso e lui sorride <<Mi prenderò cura di te, fammi restare >> <<Okay. Ora dimmi dove posso trovare
Austin >> mi tolgo il vestito dalla testa. Sciolgo i miei capelli neri. E prendo a slacciargli i pantaloni. Gli dico l'indirizzo e poi lascio che faccia di me, ciò che vuole.
Credo di aver trovato una soluzione hai miei problemi.

( Fine Pov. Stella )

Sono passati cinque giorni dal parto. Ivar dorme solo tre ore. Poi si sveglia perché vuole mangiare. Lo cambio e quando si riaddormenta. Dopo tre ore si risveglia. Sono sfinita dopo neanche una settimana. Adesso sono in cucina. Ho il bambino in braccio. Sta dormendo ed io sto mangiando. Sono ancora in pigiama, con i capelli legati ma in disordine e ho le occhiaie sotto agli occhi. Sono scalza e la maglietta  che indosso è sporca del rigurgito di mio figlio.
Mangio della frutta tagliata male. Oggi la signora Puller non è venuta. E mi sono dovuta arrangiare da sola.
Ad un tratto la porta d'entrata si spalanca. <<Dov'è il mio nipotino ?>>
È la voce di mia madre ? Forse sto sognando. Mi alzo e vado a vedere.
Mia madre è davanti a me. Appena arrivata da Indianapolis.
<<Mamma ?! Cosa ci fai qui ?>> <<Ho pensato che non fosse giusto lasciarti sola ora che hai avuto il bambino. E poi volevo vedere il mio nipotino dal vivo>>lei è pimpante. Sicura della sua decisione.
Dietro di lei c'è Elle. Comincio a piangere di gioia. E le metto tra le braccia il mio piccolo.
Ivar continua a dormire. E mia madre lo tiene come fosse una reliquia preziosa.
<<Briar è identico a te >> esclama assorta, nel guardarlo.
Sorrido <<Si, è vero. Non c'è dubbio che io sia sua madre>> Elle viene verso di me e mi abbraccia, mentre mia madre va verso il salotto << Grazie che l'hai portata qui>> <<Non sono stata io. È stato Justin. Io sono arrivata qui mentre tua madre scendeva dal suo pick-up. >>
Basita la fisso.
Justin non si vuole proprio arrendere.
<<Va a lavarti. Io penso al pranzo. Tua madre ad Ivar. Prenditi un momento per te. >> Sono otto mesi e cinque giorni, che non mi prendo un momento per me.
Sempre a correre dal ginecologo, a correre quando piange Ivar. In questi mesi ho pensato solo al mio bambino. Alla sua salute. Ho fatto la mamma ancora prima che nascesse. E ho dimenticato che anche io sono importante.
<<Okay. Grazie siete le migliori>> lei si allontana verso la cucina. Ne approfitto, ora che posso corro su per i gradini. Corro verso la mia camera, e verso il mio bagno. Una volta dentro, mi spoglio.
Riempio la vasca e gli verso dentro un bagnoschiuma alla lavanda. Appena si forma la schiuma mi immergo. E lascio che ogni mio muscolo si rilassi.
Sono sfinita. E da più di settantadue ore che non chiudo occhio.
L'acqua è tiepida. Dopotutto siamo agli inizi di giugno. Presto comincerà a scaldarsi l'aria.

Vivere in Cornovaglia ha stravolto ogni mia priorità ed essere incinta ogni mio ricordo. Per esempio non ho festeggiato il Natale. Ne il Capodanno. A Natale ho fatto la prima spesa per Ivar. Tutine, ciucci, bavaglini, calzine, il seggiolino, il passeggino, il biberon e i cappellini. Invece il primo gennaio avevo la visita ginecologica. E non sono uscita nemmeno per la festa di mezz' inverno. D' adolescente la aspettavo con gioia. Ma essendo incinta ho preferito non rischiare e non uscire di notte.
Mi lavo anche i capelli. Poi esco dalla vasca ricoperta di sapone. Afferro il mio accappatoio nuovo. Mi sta larghissimo. L'avevo comprato per quando ero incinta. Solo ora mi accorgo di quanto grande fosse la mia pancia.
Mi copro anche i capelli e metto il pigiama tra le cose da lavare. Mi sento meglio. Rigenerata.
Rientro in stanza. Apro l'armadio e tiro fuori un pantalone grigio e una magliettina a maniche corte a scacchi rosa. Non fa ancora caldo ma il tempo è decisamente cambiato. Sono già cominciate le fioriture estive e le giornate sono più lunghe. Ci sono diciotto gradi oggi.
Mi asciugo i capelli frizionandoli con un asciugamano. Li lascio un po' umidi sulle spalle. Prendo un elastico e me lo metto al polso. Dopodiché scendo in cucina. Trovo mia madre ed Elle che ridono e Ivar seduto sul suo seggiolino che dorme. Mi avvicino a lui e gli accarezzo la piccola testolina.
<<Cosa state preparando?>> << Sei arrivata ? Elle sta preparando delle verdure>> annuisco. Da Elle me lo aspettavo. Abbraccio mia madre da dietro <<E bello che tu sia qui>>
<< Lo so. Starò qui una settimana. Tua zia se la caverà bene, ne sono certa>> annuisco col sorriso. Poi mettiamo i piatti a tavola, ci mettiamo a mangiare. Prendo Ivar e gli do il suo biberon. Appena apre gli occhi rimango folgorata. Sono blu.
Ma perché mi ricordano lo sguardo di Austin. Non dico nulla. E mi perdo tra i loro discorsi.
Ormai qualsiasi cosa io faccia lui è nei miei pensieri.

( Pov. Austin)

Certe volte sento le orecchie che mi fischiano come se qualcuno chiami il mio nome. Come se qualcuno pensi a me. Lo so che è una stupidaggine.
Ma sono in vena di scherzare.
Sono in azienda. Stiamo sviluppando un nuovo cellulare. Ho davanti a me i progetti.
Li sto analizzando. Leggo anche le proiezioni di vendita.
Ho la testa che mi scoppia però.
Sono qui dalle sette. E adesso è pomeriggio.
Getto tutto sulla scrivania. Mi sollevo e prendo anche la giacca. È meglio che io mi prenda una pausa.
Esco dall'ufficio. Mi premuro che nessuno mi noti, e mi reco all'esterno dell'azienda.
Chiavi in mano mi reco correndo al parcheggio. Entro nella mia Mercedes
GLA nera. L'ho acquistata il mese scorso. È un auto dinamica. Mi fa sentire a contatto con il vento e poi amo le sue luci posteriori a led.
Svolto, grazie al volante maneggevole.
Ad un tratto giro lo sguardo verso il finestrino e mi sconvolge vedere un viso familiare <<Briar ?!>> Sconcertato abbasso il finestrino. E mi  fermo allo stop. Lei è sul marciapiede.
Ella gira il viso, sto per chiamarla. Ma non è lei. Mi era sembrato di vederla. Negli ultimi mesi. La vedo ovunque. Ma non è mai lei. Sospiro. Sento un clacson. Giro il viso.
Ma ciò che sta per succedere non è il compimento delle mie speranze. Un camion slitta a pochi metri da me, E non appena metto mano al volante per allontanarmi, esso mi investe con un impatto inaudito.
Lo schianto mi porta in avanti. Sembro un manichino. Sbatto la testa sul parabrezza. Comincio a sanguinare. Non sento più nulla all'improvviso. Come se fossi sprovvisto delle braccia e delle gambe. Poi tutto si fa buio.
E cosí, in un attimo la mia vita cambia. Vorrei aver aspettato. Forse stare in ufficio, alla fine non era una cosí brutta idea. Io ed il mio sordido tempismo.

( Fine Pov. Austin)

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E adesso cosa succederà ad Austin?
Al prossimo capitolo. E godetevi Avril Lavigne con Head above the water.
Baci Sara 💕

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