Capitolo 42

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Sto seduta nella stanza d'ospedale di Austin. L'operazione è andata bene. È stato sotto i ferri per tre ore. Adesso però è stabile. Ora è sera. Fuori piove. Ivar dorme dentro il passeggino. Ed io veglio sul mio amato.
In questo momento mi sento come Psiche, come nella storia di Apuleio, guardo il mio amato che giace addormentato. Ma quando cadrà la goccia di cera che lo riporterà a me ?
La pioggia scende prepotente sulle strade di New York.
Sbadiglio. E per un momento socchiudo gli occhi. Sbadiglio perché  sento la stanchezza, dettata dall'ansia, cadere su di me. Mi piego in un angolo del letto. Poggio la testa proprio al fianco della sua mano.
E mi lascio andare al sonno, e hai sogni.
In essi tutto diventa simile ad un flashback. Torno indietro. E come se fossi appena arrivata dall' America. Poi mi trovo sopra una grande moto. Il vento mi circonda e mi attraversa. Come se fossi uno spettro. È tutto tanto spaventoso ma anche adrenalinico.
Una sensazione che non provo da quasi cinque anni. Ho sacrificato la parte migliore di me, perché ero convinta che amare significa lasciar andare. E cosí le nostre vite si sono separate, lontane risuonavano come una canzone triste.

Sento aprirsi la porta della stanza. Il mio dormiveglia s'interrompe. Mi siedo e con occhi stanchi, noto che è entrata mia cugina.
<<Rose che succede ?>> <<Ho una cosa da dirti e voglio che tu mi ascolti attentamente>> annuisco e mi appoggio con la schiena alla sedia.
<<Austin è qui, bloccato. Si risveglierà, ma tu non puoi continuare a stare qui. >> <<Che stai dicendo Rose ?>> sembra in difficoltà. Non mi guarda neppure.
<<Ho parlato col dottore. Ha detto che dopo un operazione del genere è raro che un paziente si risvegli... in poco tempo. Gli ci vorrà tempo.
E tu cosa farai ? Starai mesi qui all'ospedale? Vuoi crescere tuo figlio qui dentro ?>>
Non so cosa si aspetta che io risponda. Mi passo le mani sul viso <<E cosa dovrei fare ?>> <<Trova uno scopo. Un lavoro. Una casa. Va avanti e quando lui si sveglierà tu sarai qui. Ma non lasciare che ciò fermi la tua vita. Hai un bambino da crescere. Non te lo scordare >> mi sembra che il suo discorso abbia senso. Eppure sento di tradirlo lasciando questa stanza.
Viene verso di me e piegandosi mi abbraccia. Le accarezzo il braccio. Sospiro, mi accorgo che non ha torto. La vita deve continuare a scorrere, e quando Austin si sveglierà. Io sarò qui per lui.
Mi sollevo in piedi, mi aggrappo al passeggino e cammino lentamente verso l'uscita. Rose mi segue. Lo guardo un' ultima volta. Poi esco definitivamente.
Lungo i corridoi sto a capo chino.
Fuori l'ospedale, la brezza mi scompiglia i capelli e i pensieri mi scompigliano il cuore. Non posso essere certa di nulla ma posso almeno trovare un lavoro.

Domani mi metterò all'opera. Un taxi mi porta all'hotel. E una volta in camera, trovo mia madre che dorme. Spoglio il mio bambino e poi mi affretto a fare una doccia. Lo porto con me, e lo stringo al mio petto, mentre l'acqua viene giù dal soffione.
<<Domani verrai con la mamma a cercare lavoro. Secondo te cosa sono brava a fare ?>> Ivar accucciato sonnecchia. Gli bacio la testa. Esco dalla doccia e faccio varie pozze d'acqua sul pavimento. La verità ? Non so cosa sono brava a fare. Asciugo Ivar e lo poggio sul fasciatoio. Poi indosso l'accappatoio dell' hotel.
Fisso l'orario sul mio cellulare. È quasi mezzanotte. Metto il pannolino ad Ivar e lo riprendo in braccio.
Entro in stanza e dopo aver messo una tutina bianca e blu ad Ivar lo metto nella culla, lo copro e poi penso ad indossare il mio pigiama.
Una volta coricata nel letto mi prendo qualche minuto per ragionare sul da farsi. Ho una laurea come avvocato. 
Potrei fare del lavoro d'ufficio. Oppure potrei insegnare.
Raggelo per il freddo e cosí mi copro.
Mi volto su di un fianco. Ho due ore di sonno dopodiché dovrò dare da mangiare al mio bambino. Sarà meglio dormire un po'.

La terra gira, le nuvole rilasciano la pioggia e la dolce luna, lascia il posto al caldo sole.
Sono già sveglia. Ad occhi socchiusi cullo Ivar. Lo allattato e adesso lo sto facendo addormentare. Ha pianto molto stanotte. Come se volesse impedirmi di dormire o di cercarmi un lavoro oggi. Sono le sette del mattino. Credo di aver dormito solo quattro ore. Minuto in più, minuto in meno. Lo metto nella culla. E rilascio uno sbadiglio. Mi sento uno straccio. Mia madre dorme ancora. Non si è svegliata per niente stanotte. Fortunata lei. Il suo respiro e pesante e a bocca aperta. Ha ancora il raffreddore.
Mi stiracchio, e dopo aver emesso un grugnito mi alzo in piedi.
Il pavimento è freddo ed io sono scalza. Mi lego i capelli. Mi dirigo verso il bagno dove mi lavo il viso e i denti.
Dalla valigia tiro fuori un paio di pantaloni bianchi e l' indosso. Metto sopra una maglietta verde e una giacca nera. E hai piedi indosso gli stivali bianchi di pelle. Mi pettino e mi faccio due trecce. Poi sistemo la borsa di Ivar. Lo cambio e gli metto una tutina di jeans. Ed un giubbottino imbottito blu. Prendo la mia borsa. Metto Ivar nel passeggino e poi lascio un biglietto a mia madre con scritto:

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