Capitolo 51

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Il mio telefono non è mai squillato così tante volte. Di solito non ricevo telefonate. È mattina presto. Mi sollevo dal letto e con occhi semi-chiusi, guardo l'ora. Sono le sei del mattino. Fuori non v'è ancora la piena luce.
Rispondo alla chiamata <<Pronto ?>> Dico con voce assonnata.
<<Lei è la signorina Briar Tail ?>> <<Si, che succede ?>> <<Abbiamo ricoverato il signor Austin Collins e lei era nei suoi contatti di emergenza>> sobbalzo. Mi scopro e mi metto in piedi << Cosa ? Perché è
all'ospedale ? >> <<È stato trovato in un vicolo. Ha avuto un incidente con la moto ma ora sta bene non si preoccupi. È solo svenuto>>
<<Arrivo subito>> la donna mi dà l'indirizzo e poi chiudiamo la telefonata.
Mi affretto a vestirmi. E poi corro in cameretta da Ivar. Lo tiro fuori dalla sua culletta. Dorme cosí bene, per la prima volta dopo tanto, ma sono costretta a vestirlo. Deve venire con me. Lo metto sul fasciatoio. Gli cambio il pannolino, veloce gli metto un body bianco ed una tutina celeste con gli orsetti blu. Gli pettino i capelli e poi lo metto nel seggiolino. Mi dò una mossa nel sistemare la sua borsa. Poi me la metto in spalla e afferrato il seggiolino mi affretto all' entrata. Indosso le scarpe da tennis bianche. Lego i capelli con l'elastico al mio polso e mi affretto fuori casa. Aperta l'auto, metto Ivar dietro, incastro cosí il suo seggiolino. Lui emette qualche mugugno ma continua a dormire tranquillo. È proprio un dormiglione.
Salgo veloce al posto di guida, e una volta messo in moto il motore, parto verso l'ospedale.
Nel cielo tutto scuro, si può scorgere la prima luce da lontano.
Ieri il carro attrezzi me l'ha riportata qui. Credevo non l'avrei usata per un po'. Volevo prendermi alcuni giorni di vacanza per stare col mio bambino.
Ma eccomi di nuovo alla guida.

L'ospedale sembra essere lontanissimo. Forse è l'ansia che mi scorre nelle vene. Ringrazio di non trovare semafori rossi e sfreccio con moderazione. Appena arrivo, parcheggio, mi tolgo la cintura di sicurezza, prendo Ivar, le sue cose e corro dentro la struttura.
In reception chiedo di Austin Collins.
Mi danno il numero di stanza, e veloce mi reco all'interno. Austin è seduto sul letto. Sveglio. Indossa il camice ospedaliero e guarda verso la finestra. Poggio il seggiolino sul letto accanto al suo, e accanto la borsa.
<<Austin ?! Sono arrivata il più in fretta possibile>> lui non accenna a voltarsi.
Rimane dritto, serio. Poi esclama <<Perché mi hai detto di aver
abortito?>> la terra sotto i miei piedi sembra crollare.
Trattengo il respiro per alcuni secondi <<Ecco...tu ricordi ?>> <<Ricordo
tutto >> si gira finalmente e nel suo sguardo leggo la consapevolezza. I suoi occhi appaiono come due pozzi senza fondo. Ogni volta che li guardo mi trasportano in fondo, immersa nell'acqua e desiderosa di lui.
<<Austin io non sapevo chi fosse il padre. E non volevo costringerti a crescere un bambino che non fosse tuo. Sono stata vigliacca. Volevo proteggerti, o almeno credevo fosse quello il motivo.
La verità è che avevo paura. Tutto sarebbe cambiato. Un figlio cambia tutto. Si è costretti a crescere e non volevo privarti della tua libertà.>>
Sto attenta alle sue espressioni. Lui fissa le sue mani poi solleva la testa e mi guarda ancora. Meno serio più tranquillo <<Sei qui per restare o scapperei di nuovo ?>> <<Sono qui per restare, perché ti amo >> lui annuisce e allarga le braccia. Mi fa segno di raggiungerlo. Non me lo faccio ripetere, e felice corro tra le sue braccia.
Lo stringo forte e lui fa la stessa cosa.
<<Non andare più via>>
<<No, mai più >>
Non vi sono lacrime o almeno non nostre. Ivar comincia a piangere ed entrambi ridacchiamo. Mi sposto e dopo avergli slacciato le cinture, prendo Ivar in braccio. Lo cullo e poi lo passo ad Austin. Lui gli bacia la fronte.
<<Sai che c'è è la probabilità che sia suo vero ?>> dico tremante <<Non m' interessa. È tuo figlio e che condivida o no il mio DNA. È mio figlio. >> Entusiasta sorrido.
Molti uomini si creano gli scrupoli, ma lui non è molti uomini. Lui è un vero uomo. Con pregi e difetti. E soprattutto è il mio uomo.

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