Distorted life - parte 2

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Capitolo scritto ascoltando
“When you're gone - The Cranberries”

Italia-Monza, 27 ottobre 2024
“Signorina, signorina”
Una voce femminile mi sveglia e per qualche minuto mi sento spaesata.
“Mi scusi” Dico sistemandomi i capelli tutti scompigliati.
“La famiglia del paziente è qui”
Volgo lo sguardo alla mia sinistra e noto le facce dei quattro, sui quali e possibile vedere i segni della vita dovuti alla stanchezza.
Subito corro verso Pascale che mi accoglie in un abbraccio.
“Sh, tranquilla cara, sta bene, vedrai che si riprenderà”
Sciolgo l'abbraccio e Pascale mi accarezza una guancia sorridendo.
Le sorrido a mia volta prima di congedarmi e uscire in corridoio dove trovo solo Carlos e Pierre.
“Buongiorno”
“Che faccia, ma hai riposato?”
“Sì Carlos, ho dormito”
“Ma a che ora sei andata a dormire”
“Non lo so Pierre, saranno state le due”
“Le due, forza vieni, stavamo giusto uscendo a fare colazione”
“Non serve, non ho fame, che ore sono? Gli altri?”
“Sono le dieci e mezza”
“Gli altri sono tornati in albergo stamattina presto” Dice Pierre strofinandosi un occhio.
“Hai passato tutta la notte attaccata a lui, ti ho vista qualche ora fa entrando in stanza” Dice sorridendo Carlos.
Con le angosce che mi assalgono, mi perdo tra i pensieri, e ad un tratto mi sorge un dubbio.
“Voi sapevate di Giada?”
“Sì da un pezzetto” Interviene Lando.
Lando!?.
“E tu quando sei arrivato scusa?”
“Ora, con la colazione, un uccellino mi ha detto che hai saltato la cena e che hai dormito attaccata a Charles”
Fulmino Carlos con lo sguardo.
“Non riesco a stargli distante, non dopo quello che mi ha detto, so che sembrerà assurdo, ma, sento che lui in questo momento ha bisogno di me”
“Conoscendo il legame che avete, sono sicuro che lui ti senta e a sua volta si senta meno solo”
Dice Carlos strappandomi un sorriso.
“Forza ho portato cornetti e succo per tutti”
Dice Lando sventolando la busta bianca.
Leggermente più sollevata sento che l'appetito sta tornando, così prendo un cornetto alla crema dalla busta e lo addetto, mentre Carlos, premuroso come un fratello infila la cannuccia nel bricchetto di succo alla pera.
“No, no, non alla pera”
“Cosa vuoi, ace, pesca o albicocca”
“L'ace è mio”
“Tranquillo Lando, avrei scelto l'albicocca”
“Oh bene, la pera la prendo io, grazie Carlos”
“Allora a me spetta la pesca”
Facciamo colazione seduti sulle fredde sedie in ferro nel silenzio totale.
“Ah, Linda, ha chiamato tua madre per sapere se era tutto apposto, dice che non rispondi alle chiamate” Mi avvisa Lando.
“Cazzo, sono cucinata, ero talmente fusa che mi sono dimenticata di mettere il telefono in carica, si è spento”
“Se vuoi ho un powerbank”
“No, tanto dovrei tornare lo stesso in albergo, ho bisogno di una doccia, devo scappare, ci vediamo dopo”
Finendo velocemente il succo corro via, scendo frettolosamente le scale e con un taxi raggiungo l'albergo.
Salgo in camera e distrutta inizio a spogliarmi per lavarmi.
“Il telefono” Lo cerco in ogni dove, e preoccupata inizio a sudare freddo.
Finalmente lo trovo nella tasca del giubbotto appeso all'attaccapanni, prendo il cavo e lo metto in carica per poi andare a lavarmi.
Esco pulita e profumata, indosso dei jeans comodi, né skinny né baggy, una via di mezzo, una maglietta aderente nera e sopra una bella felpa pesante nera, e ai piedi dei calzini da appena sopra la caviglia della puma bianchi.
Prendo il telefono e noto le numerose chiamate di mia mamma.
Velocemente entro nella rubrica e la richiamo.
“Pronto…eh? Sisisi, sono appena tornata in albergo, ho dormito si…no, sono stata lì tutta la notte…si ho mangiato…va bene si, saluto tutti…appena si sveglia torno, tranquilla…noo, no, no, non resto, torno a casa, casa casa, quella mia…vabon dai, ci sentiamo più tardi, ciao, si, salutami tutti li, ciao”
Saluto mamma e poggio il telefono sul comodino, mi siedo sul bordo del letto, e lentamente arrivo a poggiare la testa sul cuscino.
“Che sarà mai se mi stendo due minuti”
Sbadigliando mi metto sotto le coperte e senza accorgermene prendo sonno.
Mi sveglio quattro ore dopo tutta sudata con i pantaloni arrotolati fino al ginocchio, con un calzino mezzo su e uno chissà dov'è, la maglia è tutta storta, e la felpa è sparita.
“Ma che cazz…che ore sono? Le 14:40 porco cane, ma quanto ho dormito, dov'è il mio calzino? E la felpa?”
Cerco tutti gli indumenti persi e mi do una sistemata ai capelli tutti arruffati e spettinati, raccolgo il telefono dal comodino e noto i messaggi da parte di Carlos.

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