25. 'Cause I Forget

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Non avevo bisogno di fare niente per mantenermi e, a dirla tutta, mi piaceva. Mi ero adagiata molto bene sugli allori. Kellin mi aveva procurato un violino a causa della mia forte malinconia, dei vestiti alla moda e riforniva la mia cucina una volta ogni due settimane. Occupavo la maggior parte del tempo occupandomi della scrittura di alcuni romanzi o recensioni. Guardare lo schermo del computer fece soffrire molto i miei occhi, tanto da dovermi procurare degli occhiali da vista.

Era passato già un mese e mezzo dal mio arrivo in America e mi ci trovavo molto bene. Ci stavo facendo ancora l'abitudine. Come ogni sera, Kellin veniva a trovarmi ed erano sempre ottime dolci serate con lui.
"Buonasera, principessa" Lo feci entrare in casa. Ero solo con una canotta, ormai era inutile vestirsi in sua presenza. Brutto da dire, ma era la pura verità.
"Ciao" Risposi velocemente, serrando la porta.
"Solo 'ciao'?" Rimase scompensato con ancora un sorriso in volto e le braccia allargate per abbracciarmi.
"Mhm" Tagliai corto lasciandomi avvolgere.
"Tu hai qualcosa..."
"Cosa dovrei avere, Kellin?" Il mio tono insofferente non mi dava molta credibilità.
Mi staccai velocemente e tirai su col naso due volte.

"Sei raffreddata? Non ti senti bene?"
"Sto. Da. Dio. Credimi" Scandii con un sorriso inquietante. Kells riuscì solo a squadrarmi per qualche minuto mentre parlava, ma non capiva cosa mi prendesse veramente.

Quello che era successo era al dir poco imbarazzante e vergognoso, ma allo stesso tempo illuminante: nelle varie assenze di Kellin dovevo pur vivermi la mia esperienza Americana. Kellin mi aveva amorevolmente fatto conoscere la sua band; tutte personcine carine, a dire la verità.
Una sera decisi di dare una festa, insomma avevo quell'appartamento gigantesco e averlo tutto per me era da egoisti. Così invitai tutti quanti, dicendo a Kellin che avevo una sorpresa per lui. Mi aveva sempre spinto ad essere più sociale, ad integrarmi di più e volli seriamente seguire i suoi consigli.

Kellin non venì alla festa, alla fine. La sua ragazza aveva bisogno di lui e non poteva rifiutare ad una sua richiesta piuttosto che alla mia. Era assurdo solo pensare in che razza di situazione ero capitata. In mezzo ad una relazione come il terzo in comodo, nascosta per lo più. Passavo per l'amante, effettivamente, e mi sentivo tale. Eppure io non volevo questo. Dovevo darmi una svegliata.
Strinsi amicizia con tutti quanti i membri della band che rappresentavano l'attrazione principale della festa, e ci feci cose non proprio ortodosse, ma poco importava. Ero giovane e dovevo vivermi questo dolce brivido dei rischi che avrei potuto correre. Legai più di tutti quanti con Gabe, il batterista della band. Mi teneva sempre salda a lui, mi sfiorava i fianchi e, bhe, lo accontentavo. Pensavo non ci fosse nient'altro che quello e poco più per farlo contento e per far contenta anche me, ma mi sbagliavo.

D'un tratto mi prese per mano e mi strattonò fino alle camere dell'attico. Pensai volesse fare sesso con me, chiaramente parlando, e anche con quel pensiero non mi sentivo intimorita. Mi portò nella stanza da letto più vicina, ovvero la mia e mi fece sedere sul letto, in totale calma. Serrò la porta e i nervi iniziarono a tendersi.
"Carter, siamo amici, no?"
Osservai un suo tatuaggio brevemente per poi replicare.
"Certo"
"Gli amici si dicono tutto, giusto?"
"Quelli sono i migliori amici" Ammisi sorridendo malsanamente.
"Bhe, ti considero tale allora..." Ravanò in una tasca e tirò fuori delle buste che mi fecero spalancare totalmente gli occhi. Li sentivo come due grossi pesi che fuoriuscivano dalle orbite.
"Mi fai compagnia?" Domandò fiero. Aveva una busta di cocaina in una mano e della marijuana nell'altra. La mia idea era quella di escludemi totalmente dall'idea di compagnia.

"Non credo di averne voglia" Tagliai corto alzandomi. Si parò davanti alla mia traiettoria, lasciando le sostanze sul letto, e iniziò ad accarezzarmi il viso. Ad accarezzarlo, poi a baciarlo.
"Forza, fammi compagnia" mi sussurrò sensualmente all'orecchio. Al posto di rientrare in me stessa stavo proprio abbandonandomi. Mi stava dando ciò di cui Kellin mi aveva privato quella sera, per stare con la sua ragazza.
"D'accordo"

***

Oliver's pov.

Ero davvero, e dico, davvero nei casini per la storia di Amanda. Aveva sporto denuncia nei miei confronti per molestie sessuali e violenza. La mia carriera sarebbe affondata entro poche ore se non si placava la notizia legalmente. Era come un emorragia da tamponare imminentemente. Chiamai tutti quanti all'appello per informarli della notizia e in più un legale pagato profumatamente per difendermi e il nostro manager. Riuniti in cerchio stavamo sentendo cosa ci fosse da fare.

"Signor Sykes, coprire un fatto del genere non è così semplice; sopratutto uscirne a mani pulite...Le violenze sulle donne non sono mai ben viste e, sicuramente per il suo aspetto, andrà in contro a dei pregiudizi non deboli" Parlò l'avvocato.
"Lo so" Dissi a testa bassa, guardando il pavimento del mio appartamento.
"Deve avere un buon alibi per salvarsi la faccia e la band"
"So anche questo"
"Mi chiedo cosa ci facciamo noi qui, infondo il casino l'hai combinato tu Oli" Scagliò Matthew.
"Il mio casino farà affondare anche la mia carriera e infama il nome della band" Spiegai alle mie spalle, dove ergevano gli altri.
"Una specie di affondi tu, affondano tutti...bhe sinceramente questa cosa mi sta proprio sul cazzo. Se tu affondi, noi non facciamo parte di te, Oliver" Sentii ringhiare alle mie spalle. Matthew aveva seriamente paura di non farcela nel campo musicale, non lo biasimavo affatto per le sue forti parole. Difatti rimasi calmo e pacifico. La cazzata l'avevo fatta e adesso erano problemi miei, non loro.

"Matt, mantieni un certo contegno" Lo riprese il nostro manager.
"Contegno un cazzo, fratello. Questo mi fa fallire per una cazzata tutta sua"
"Nicchols..." Esordì lo stesso, ma l'insistenza di Matt fece si che la band non fece più parte del discorso sostenuto dal legale.

"Sykes, cosa testimonierai in tribunale?"
Mi chiese faccia a faccia l'avvocato.
"La ragazza sostiene di aver ricevuto un trattamento di violenza dal sottoscritto a causa di una recisione della relazione morbosa avvenuta in passato. La ragazza essendosi attaccata fortemente al mio successo personale, non era disposta ad accettare la fine della relazione"
Esso annuì alla mia falsa versione dei fatti, ma rimaneva pensieroso.
"Se lei l'ha maltrattata, significa che sul suo corpo verranno rinvenute lesioni. A qusto non ha pensato?"
"Avvocato, è passato un mese e mezzo, qualunque ferita che possa riportare è falsa, perchè saranno già belle che guarite"
Trovato l'accordo, eravamo pronti a discolparmi per potermi pulire la fedina penale. Avrei lottato con le unghie e con i denti per rendermi libero: rischiavo il carcere. Avrei lottato così tanto solo per un altra cosa nella mia vita, un altra persona: Carter.

"Le udienze si terranno nel tribunale di Sheffield"
"Non è un problema. Andarmene da qui è solo un toccasana"

Quando Phil, il nostro manager, fece rientrare tutti quanti, Matthew venne dritto sotto il mio muso con fare minaccioso.
"Siamo arrivati fin qua, non ho intenzione di mollare adesso perchè hai picchiato una donna"
"Ti stai fasciando la testa prima di romperla" Tagliai corto e con sufficienza. Nel mentre stavo rispondendo agli altri membri della band di ciò che avrei dovuto fare nei prossimi giorni, l'unico membro mancante, ovvero Matthew, mi sferrò un destro da dietro. Non seppi neppure io come fece a beccarmi lo zigomo da dietro le mie spalle.
Inutile dire che ero seriamente incazzato per l'azione che poteva benissimo evitarsi, ma continuavo a non biasimarlo. Infondo se non sarei riuscito a pararmi il culo, l'avrebbero pagata tutti.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora