6O. I Know Exactly Where You've Been

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La pancia era davvero evidente. Non potevo rimanere sola quando da un momento all'altro le acque si sarebbero rotte. Non ebbi altra scelta che tornare dall'unica persona che mi avrebbe accolta: mia madre.
Oli era partito per il tour americano ed era già una sofferenza dirlo, saperlo lontano era struggente il doppio. Il fatto era che avevo chiuso con lui a parole; quel cuore bastardo continuava a provarci ancora vedendoci invano del buono, in lui. Basita da me stessa, dopo un quarto d'ora di viaggio, mi presentai con una valigia stracolma sul ciglio di quella che era casa mia. Ormai, casa di mamma.

Ero un po' imbarazzata nel presentarmi dopo tanto tempo e sopratutto con un pancione enorme. Con mano tremolante ed insicura premetti il campanello di casa. Guardai dalla finestra nel caso non ci fosse stato nessuno, fortuna voleva che mia madre c'era.
Fremetti nel vederla avvicinarsi alla porta; un brivido insicuro mi attraversò la spina dorsale.
Aprì la porta e la sua espressione spaesata fu tutto quello che c'era da sapere. Rimase paralizzata alla vista del grembo.
"Carter..." Gemette in un sorriso incerto.
"Ciao, mamma...Potrei en-entrare?"
"Ma certo, certo che puoi entrare" Mi scortò dentro prendendomi il bagaglio dalla mano, anche se avevo insistito di lasciar perdere.

Mi preparò un the caldo e fece le stesso per lei. Ci accomodammo sul divano e la rispettiva poltrona che apparteneva a mio padre. Ovviamente mia madre si sedette lì. Immaginavo che non fosse stato così semplice. Feci due pensieri a quello che significava condividere la vita con una persona e perderla da un momento all'altro... Non voletti chiederle nulla di cosa si provasse per evitare che rivivesse i sentimenti negativi; per questo conclusi le risposte da me.
"Deduco dal bagaglio che hai deciso di rimanere qui...Immagino dovremmo dirci molte cose...A cominciare dall'esserino che porti con te! Il suo papà è?"
"È davvero un tipo strano..." Risposi solamente. Era mia madre, si, ma dovevo dirgli cosa per cosa con i piedi di piombo o non avrebbe accettato la situazione e nemmeno me e il bambino. Avrebbe potuto dire benissimo che erano cavoli miei e della mia non curanza.

"Nel momento del bisogno, la mamma è sempre qua" Mi rassicurò poggiandomi una mano sul ginocchio e sfoggiando il sorriso più amaliante che potesse aver avuto in tutti quanti i suoi anni.
"Grazie" Dissi facendomi trasportare dal sorriso.
"Il padre è un ragazzo di nome Oliver, Oliver Sykes. Lui è un cantante, il membro di una band di successo nell'ultimo periodo. È stato davvero un periodo no, eravamo innamorati e spensierati ed è successo che abbiamo concepito un bambino. Volevamo prendercene cura entrambi, per lui è ancora così; vuole ancora prendersene cura. L'unico problema è che i cantanti sono facilmente trasportabili dalla droga e non voglio avere un figlio con un padre dipendente dalla droga...Ecco..."
Solo all'ultimo mi accorsi di avergli fatto presente un argomento troppo sensibile per lei...

Mia madre scosse la testa immersa nei mille pensieri. La conoscevo bene quando aveva delle paturnie. La stavo per fare veramente grossa nei confronti dei suoi sentimenti. Strinsi i denti e incrociai le dita, perché non cadesse in depressione.
"Oliver Sykes?" Mi domandò. Annuii.
"È lo stesso ragazzino che mi fece litigare con sua madre perché distruggeva i fiori che, con molto impegno, piantavo davanti all'aiuola di questa casa"
Sorrisi incredula. Non poteva essere vero in alcun modo.
"Sto dicendo il vero, Carter. Abitava proprio qui di fronte. Era una peste indicibile...Ci avrei scomesso avreste avuto un flirt prima o dopo; da piccoli eravate amici. Giocavate sempre con le macchinine e lì, tuo padre, mi guardava e diceva che aveva fatto bene a darti un nome come quello che porti"
Abbassò lo sguardo. Un magone la attanagliò. Mi accarezzai il grembo e le sorrisi. Non potevo lontanamente immaginare che Oliver fosse un mio vicino di casa ai tempi dell'asilo; proprio no! Qualcosa mi suggerì che il destino voleva qualcosa da noi, ma forse aveva solo sbagliato universo. Forse in un universo parallelo era tutto in ordine, tutto a posto. Forse lui non si drogava, io non avevo fatto la escort per diperazione e magari avevamo anche più di un solo figlio.
"Dovresti essere molto contenta per il tuo nipotino in arrivo"
Gli si illuminarono momentaneamente gli occhi d'immenso. Aveva sempre espresso il suo desiderio di fare da nonna ai miei figli e quelli di mia sorella.

"Maschio o femmina?"
"Non lo so ancora, mamma"
"Me lo aspettavo prima da Emma, a dire il vero, ma va bene lo stesso"
Mi abbracciò e tutti i nervi e le insicurezze si sciolsero immediatamente.
"La mamma è qui"
Finalmente seppi cosa volesse dire 'casa dolce casa'.

Oliver's Pov

"Tutto ok, Oli?" Mi domandò Jordan posandomi una mano povmci delicatamente sulla spalla.
Mi sentivo affetto da una spece di morbo che mi impediva di esprimermi come desideravo. Respirai profondamente e basta. La risposta poteva attendere, non doveva essere impellente.
"Amico, ti capisco...Ma riuscirai ad affrontare il tour americano in queste condizioni?"
Feci spallucce. Immerso nei pensieri mi domandai come mai riuscissi a comunicare solo con Jordan e perché lui si interessava così tanto  alla mia condizione mentale e fisica.

Gli altri se ne sbattevano alla grande. Volevano solo concludere tutto quanto il prima possibile per poter poggiare il culo sul divano imbottito di soldi a casa loro. Mi si rizzarono tutti i nervi.
"Joe, ho perso mio figlio e la mia ragazza...Per colpa di quello che sono"
Ci mancava poco perché piangessi dal dolore che sentivo dentro. Eravamo in aereo e non avevo via di fuga per almeno dodici ore filate...Sarebbe stata un agonia. Tutto ciò che sapevo, era che mi mancava la mia Carter e sarebbe continuata a mancarmi, temevo.

"Ne sono consapevole al cento per cento" Sentenziò il mio miglior amico.
"Sai...C'è qualcosa che tu, però, non sai...Che non hai mai saputo..."
Il cuore ebbe un fremito e un calore improvviso  mi fece trasalire. Deglutii e lo incitai a proseguire senza un freno.
"Sai...Emma. La mia ragazza che è seduta qui dietro?"
Annuii perplesso all'ennesima potenza.
"Lei è..." Sorrise rassicurante. "Lei è la sorella maggiore di Carter"
Rimasi senza parole per almeno un minuto. Ora tutte quelle piccole somiglianze iniziavano a farsi chiare. Ogni sospetto venne appianato a parte la mia confusione mentale basica.
Mi resi sempre più conto di quanto soffrissi di una probabile forma di depressione.

"Senti, facciamo che lei si siede qui e tu le chiedi tutto quello che desideri riguardo a Carter, ok?"
Il suo essere magnanimo iniziava a turbarmi non poco.
"Sto male a parlare di lei e non averla per me, perché mai dovrei parlare con sua sorella di cose che la riguardano?"
Jordan roteò gli occhi al cielo e si spiegò:
"Secondo te non le direbbe nulla per quello che riguarda il tuo dolore interiore? Fai due più due, Oli!"
Con il morale a terra lasciai che Emma si sedesse accanto a me. Le sorrisi tirato. Non volevo davvero quel genere di situazione da 15enni mancati. Lasciai correre solo perché stavo davvero male dentro.

"Te l'ha detto, allora?" Mi chiese spavalda. Annuii forzatamente.
"Senti, Oli, conosco mia sorella a grandi linee, ma sono sicura che i suoi scazzi-"
"Se chiami aborto uno scazzo..."
Lei impallidì sul colpo. Ero sicuro non sapesse niente di niente per quello che riguardava Carter. Ne ero certo! Conoscevo Carter e il suo animo solitario che teneva nell'ultimo periodo. Emma era la dimostrazione vivente che la famiglia te la scegli, non per forza è quella dove vivi. Molto spesso ti conoscono meglio dei completi estranei rispetto ad un fratello o sorella.

"Carter era incinta?" Emma si mise una mano tremula sulla bocca e sgranò gli occhi tanto da vederli tondeggianti.
"Proprio così...Mio figlio..."
"Oddio...Sono addolorata un sacco, davvero"
"Sinceramente non ho bisogno di persone che si addolorino con me. Ho bisogno di persone che mi aiutino a sistemare le cose e al più presto possibile, anche"
Fui abbastanza franco e deciso: senza peli sulla lingua.
"Io...Io posso fare qualcosa sicuramente, Oliver, si"
"Solo una cosa..." Accennai. "Ma tu e Jordan non parlate mai? Insomma, lui sa tutto, perché tu non sai veramente nulla a riguardo?" Il tarlo in testa venne fuori senza sforzi.
"Non parliamo più molto...Ma ti aiuterò lo stesso"
Annuii e provai a capire come Jordan riuscisse a sembrare così rilassato nonostante, avvertivo dalle parole di Emma e il suo tono, che fosse successo qualcosa, o comunque stava per succedere... Volevo ritornare di roccia... Volevo non sentire più niente.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora