Aspettai fuori Oli a causa di una fan che passava, casualmente, nel negozio. Fu talmente fortunata da beccare il suo idolo idiscusso: un urlatore delle bestemmie di satana, nel suo negozio di capi d'abbigliamento. Strinsi quella bellissima felpa al petto e venni rapita da una vetrina dall'altro lato della strada. Senza occhiali non vedevo un granchè, ma da quello che percepivo sembrava fosse un negozio orientale. Pinto di rosso e vetrine con una scritta satinata che, purtroppo, non riuscivo a mettere a fuoco. Il negozio di Oli era molto simile, solo che al di fuori era bianco e dentro era zeppo di nero; dai vestiti alle pareti.
Feci un esame veloce delle cose, forse un po' troppo filosofico, credetti. All'esterno bianco, un po' come si rappresenta il paradiso e all'interno nero...Di solito l'inferno è determinato dal rosso, ma quel nero stava a significare qualcos'altro di impercettibile alle mie sinapsi, rapite ancora dal negozietto di fronte."Nuovo sport olimpico?"
Sussultai per l'ennesima volta. Oli era tornato con al seguito la fan dallo sguardo incredulo. Incredibilmente non aveva acquistato nulla da Drop Dead. Concidenze? No. Poi pensai...L'avrei fatto anche io se fossi stata in lei, magari con Billie Joe Armstrong; girando intorno a Berkeley nella speranza che venisse fuori come un fungo. La ragazza si dissolse dopo poco.
"Che?"
"Stai abbracciando la felpa" Stava sorridendo compiaciuto, lo vedevo con la coda dell'occhio, ma volevo capire perchè ci fosse così tanto movimento in quelle vetrine.
"Si..." Bofocchiai distratta. Ripuntai gli occhi su di lui."Avrei puntato un milione di sterline su quella felpa, ma lo avrei fatto con altrettante cose più femminili. Non sembri proprio il tipo"
"Ne sono consapevole" Mi distrassi nuovamente ed Oli si voltò. Aggrottò le sopracciglia e iniziò a camminare. Non era proprio quello che desideravo.
"Vieni?" Più che una domanda sembrava un ordine, come sempre. Tenni la felpa piegata sull'avambraccio, sbuffai e lo seguii. Detestavo, detestavo e detestavo farlo. Non c'era termine più preciso della riluttanza, per Oli, anche se...Non era come appariva. Lo sentivo. È quel sesto senso femminile che parlava...La vetrina celava delle piccole gabbiette di legno, grandi quanto un cubo di Rubrick, contenenti due uccellini per gabbia. Sentii la clustrofobia chiamarmi alla sola vista di una cosa cosi disumana.
Oliver tirò fuori un altra sigaretta e la accese bellamente. Da ex fumatrice ero sicura che fumasse quantità indistriali di tabacco e mi dava molto fastidio. Sentivo che prima o poi mi avrebbe spinto a ricominciare a cadere nell'oblio, quello stesso oblio che si era mangiato la vecchia me. Il problema non aveva senso di nascere se stroncavo sul colpo quello che stava evolvendosi in una socilizzazione approfondita con lui."Quanto per una?" Domandò alla commessa al di fuori del negozio. Una ragazza dall'aria nettamente orientale in pandan al negozio. Grembiule rosso.
Strinsi il braccio di Oli e ci scambiammo una breve occhiata.
"Due?" Annuii severamente in ansia.
La ragazza minuta fece un due con le dita, ma non un due di sfregio a noi Inglesi, bensì la cifra misera per ottenere quattro uccellini color tortora. Pensai con quanta intensità quei semplici sguardi che durarono un decimo di secondo diedero vita ad un intesa.Estrasse cinque sterline e gli feci lasciare il resto, dandogli di gomito. Ricacciò in bocca la sigaretta e buttai fra le sue braccia la mia nuova felpa. Tenni io i fringuelli per paura che quelle armi di autodistruzione, chiamate più brevemente sigarette, avrebbero potuto nuocere alla loro salute già tremolante.
Entrammo in auto pronti per il rientro a casa.L'inizio del viaggio fu inaspettatamente, uhm, silenzioso...Cosa strana! Ironicamente parlando. Tenevo i piccoletti ai miei piedi e li fissavo molto spesso. Facevano un baccano interminabile.
"È una tradizione Cinese" Insinuò nel silenzio acuto. Prestai attenzione e continuò a parlare. Una volta che si sentiva importante si donava, si sprecava per la plebe.
"Vendere il prezzo di una vita ad una sterlina per donare qualcosa che non ha prezzo e che persino alcuni di noi faticano ad avere: la libertà" Colsi il senso poetico e poggiai la testa al finestrino."Perché la felpa? Perchè gli uccellini? Insomma, io non capisco!" Mi uscì in modo naturale, per niente costretto.
"Capirai" Tagliò corto.
"Capirò! Wow. Okey" Mi voltai verso di lui goliardica. "Sai cosa? Okey!".
Sorrise con un espressione già vista milioni di volte quando ero più giovane: 'sei da ricovero'. Gli uccelini non smettevano nemmeno per un secondo di pigolare isterici.
"Quinn deve averti invitato al concerto di questa sera, immagino"
Annuii lentamente.
"Perché?" Frecciai.
"I Bring Me The Horizon suonano lì, so solo questo" C'era qualcosa sotto che non mi stava dicendo...Era troppo vago rispetto a prima."Dunque?" Doveva prenderlo come un dispetto che lo avrebbe spinto a parlare. Mi auguravo solo questo. Sembrava una persona così introversa da far spavento; per tirargli fuori le parole di bocca si necessitava delle pinze e di un bisturi.
"Niente...Immagino ti accompagni Quinn"
"Con questo?" In realtà non ero al corrente di come ci sarei arrivata, ma ero troppo curiosa di sapere il succo del discorso che stava dandomi da bere a centilitri.
"Si o no?"
"Non sono affari tuoi come ci arrivo, Oliver"
Continuò a fissare dritto la strada."Sykes, ti stai proponendo per accompagnarmi o cosa?" Assunsi un espressione malefica.
"Ti ci porta Quinn o no? Questo vorrei sapere" Tirai su un sopracciglio ed emisi un "pft".
"Allora?"
"Stai addosso..." Mi girai dall'altra parte ed aspettai con ansia l'arrivo a casa. Dopo mezz'ora scarsa, fermò la macchina in un posto simile a quello in cui io e Kellin avevamo avuto l'incidente di percorso con la benzina, ma non era quello: lo riconoscevo, eravamo vicini a casa.Oliver scese dall'auto e feci finta di ignorare ogni suo movimento. Stavo sbagliando e ne ero consapevole. Facendomi un esame di coscienza, dovevo individuare cosa volessi fare con Oliver: amico o nemico. Se scavavo nel profondo di me stessa, avevo voglia, avevo la curiosità di capire com'era fatto davvero. Kellin e la sua bontà c'erano riusciti con me. Dovevo tenerlo a mente, così che poi mi sarebbe risultato facile agire con Oli. Il problema gigantesco era spogliarmi della mia stronzaggine costruitasi con anni di ferite. Non potevo sapere se Oli era come me, infondo, o mi avrebbe fatto solo del male, rivelandosi proprio per come era anche fuori.
Aprì la mia portiera e levai la cintura dal petto con poca convizione.
"Perché siamo qui?"
"Smettila di fare domande su domande. Vivita la cazzo di vita" Era serio. Mi adeguai alla sua serietà assoluta.
Prese i fringuelli e consegnò una gabbietta fra le mie mani. I suoi lineamenti iniziarono ad addolcirsi. Quella mascella serrata si rilassò e gli occhi smisero di produrre fuoco intenso.
Mi prese l'avambraccio e mi aiutò a raggiungere il centro di un campo desolato. Eravamo vicini a casa, riuscivo a vedere il mio balcone.Mi fece sedere sul prato accanto a lui. Sembrava una cosa molto forzata, detta così, ma iniziava ad essere naturale, una volta che nella mia testa scattó questo meccanismo per il quale avrei trattato Oli con gentilezza. Forse era questo il suo ostacolo...L'ingratitudine, perchè alla fine non ero la ragazza fine che chiede grazie e fa l'inchino, tanto meno quella che mangia caviale e si pulisce i lati della bocca con un fazzolettino...Proprio no.
Erano troppe le paranoie e le ansie.Oliver iniziò a togliere dei piccoli listelli dalla gabbia. Mantenne una mano sulla superfice e li guardò per quella che intuii sarebbe stata l'ultima volta. Sentivo due voci contrastanti a comandare della mia prossima azione; una diceva di starmene sulle mie, mentre l'altra voleva che avessi del contatto con lui, voleva che il calore umano, quel poco che avevo, si indirizzasse verso di lui. Tentennante al cento per cento, mi sedetti più vicina a lui. Sorrise. Illuminò il mio animo, gli diede una sbiancata dal nero con cui si era coperto. Non mi guardò negli occhi, ma io lo desideravo molto.
Volevo sapere cosa stava provando, cosa gli passava per la testa...Volevo sapere di lui. Quelle poche informazioni iniziarono a starmi troppo strette.
"Perché vuoi dare la libertà ad uno di loro?"
Domandò apertamente. Il suo viso sembrò cambiare la modalità con cui si esprimeva. Possibile che un gesto così misero quanto quello dell'avvicinarsi potesse smuoverlo a tal punto? In ogni caso il contatto fisico non faceva per me, ma poi posai la mano più vicina ad Oli sulla sua schiena ed istintivamente carezzai quest'ultima, nonostante gli strati di vestiti per non soffrire il freddo.
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Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017
Fiksi PenggemarOliver Sykes è un ragazzo Inglese dalla vita molto breve, ma intensa. Intento a vivere solo 27 anni della sua vita, un giorno, si troverà a decidere se suicidarsi come prestabilito il giorno del suo ventisettesimo compleanno o seguire il suo cuore c...