4. I Was an Ocean

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"Vieni con me, forza" Il ragazzo afferrò il mio avanbraccio e mi tirò verso l'acensore.
"Levami le mani di dosso" Lamentai scrollandolo, con un espressione sprezzante. Il mio modesto telefono ruzzolò giù dalle tasche. Imbarazzante. Un telefono imbarazzante ed anche rotto. Dove pensava di portarmi? L'idea di uno sconosciuto così gentile mi diede molto l'idea di un pervertito in cerca della sua preda. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
"Lascia che ti aiuti, ti prego" Si abbassò e raccolse i pezzi sfatti in terra. Lo riconsegnò nelle mie mani con lo stesso viso dispiaciuto e le sopracciglia corrugate.

"Smettila" Soffiai acida. Schioccando le labbra in segno di disappunto.
"Di fare cosa?"
"Di essere così gentile. Smettila. Non è necessario. Non sono bella, non sono in cerca del principe azzurro e non sono timida e signorile; quindi puoi finirla anche ora se ti interesso in qualche modo"
Il ragazzo sorrise, un bellissimo sorriso genuino e strinse le distanze. Il suo animo magnanimo mi stava rintontendo. Stava invadendo di netto il mio spazio vitale e nessuno poteva permettersi di farlo a meno che io non lo volessi. Odiavo essere toccata.

"Kellin" Disse sfociando in un altro sorriso che coinvolse solo i due angoli della bocca. Protese la mano verso di me e la guardai per un lungo momento e proprio quando Kellin stava per abbassarla la afferrai e la strinsi.
"Carter" La mia espressione dura e seria non lo smosse di una virgola. Era un osso duro da scalfire e già mi piaceva: nessuno mi sopportava così allungo, ma lui stava combattendo con le unghie e con i denti per conquistarsi la mia amicizia. Il volto del ragazzo si illuminò di gloria e, anche se la cosa non mi andava troppo a genio, ricambiai brevemente il sorriso, ma solo per poco.

"Il medico aspetta"
"Non ho intenzione di andare da un medico, santo Dio, ehm, Kellin"
Esso si fermò, guardò a destra e a sinistra, mi prese in braccio a forza e nonostante le mie proteste e i miei calci in luoghi molto dolorosi, mi lasciò andare dopo esser entrato in ascensore, piegato in due.
"È sempre così quando cerco di fare del bene. Di solito prendo figuratamente dei calci, ma stavolta..."
"Mi dispiace(?), ora capisco perché hai quella voce effemminata..." L'ironia mi pervase. Ero quasi contenta di quello che era accaduto, ma ora la pancia mi doleva parecchio; una sensazione di vuoto mi attanagliò.

"Non mi sento molto bene..."
"A chi lo dici" la voce spezzata di Kellin cacciò un urlo di disgusto quando ripresentai il pranzo sulla superfice dell'ascensore. Mi pulii la bocca e lasciai che Kellin potesse reggermi in piedi. Uno sconosciuto stava cercando di aiutarmi...Forse per una volta Dio mi fece un regalo. Una persona che si prendesse cura di me e come mio solito avevo l'impulso frenetico di allontanarlo o, prima o dopo, mi avrebbe lasciato un altro segno, perché tutto ciò che passa grazie al tempo lascia un segno. Non capita mai che passi volando, no, deve sempre passare con un coltello che incide il suo nome sul cuore, saltellando per lo più.

Mi attraeva terribilmente quel faccino innocente, ma sapevo che mi avrebbe colta alla sprovvista per poi pugnalarmi alle spalle. Profumava di Ananas e Cocco, un sapore paradisiaco.
"Allontanati!" Ringhiai.
"D'accordo, d'accordo..." Lasciò che mi reggessi da sola ed ebbi un senso di mancanza per il quale sarei caduta a breve. Kellin restò al suo posto, mentre mi reggevo alla maniglia dell'ascensore. Un segnale acustico determinò l'arrivo al piano terra e lui mi prese i fianchi, facendola risultare una cosa normale da coppia. Giurai di aver sentito la portinaia sussultare qualcosa riguardo al mio aspetto.

Fece in fretta ad uscire. Correva circospetto e non capivo perché. Stavo cosi male che non mi importava di nulla e di nessuno. Aprì la portiera e cercò di cacciarmi dentro la sua macchina, ma il peggio accadde: mi fece sbattere la testa contro la parte superiore della portiera. Mi ressi la testa nuovamente e mi sedetti da me.
"Scusa ancora, cazzo..." Kellin fece il giro dell'auto e io lo guardai torva fin quando raggiunse il posto di guida. Sbattei piuttosto forte la portiera e imprecai per quello che indossavo. Non era impresentabile, ma non lo usavo per uscire.

Una ragazza salutò Kellin da lontano e se ne raggrumarono altre. Sembravano api alla vista di fiori da impollinare...Una scena ripugnante. Tutte quante con questa aria persa e sconvolta, da vere sclerate...Feci una smorfia di disappunto per l'ennesima volta nel mentre eravamo già partiti. Non sapevo cosa pensare...Che fosse uno figo o se fosse uno famoso o uno pieno di soldi. In ogni caso, la cosa mi irritava. Mi irritava essere al centro dell'attenzione, sopratutto se per colpa di altri.
"Tutto ok?" Domandò Kellin con un sorriso tirato di chi sa che non va bene nulla.
"Fammi un favore: smetti di parlare!" Mi girai verso il finestrino e incrociai le braccia. Cercai in tutti i modi di ignorare il dolore pulsante sulla fronte, ma era meno fastitioso di Kellin, sicuramente.

Esso accese la radio e iniziò a cantare una canzone totalmente sconosciuta al mio orecchio inesperto. Mi guardava e sembrava volermi coinvolgere, ma non conoscevo le parole ne la melodia e neppure mi andava sotto, sotto...Stavo male e mi dovevo occupare del mio star male. Aveva un range vocale molto vasto, davvero fantastico.
Abbassò il volume non vedendomi partecipe e sospirò gioioso in ogni caso, ma come faceva a sorridere sempre?!

"Tu non sai chi sono, non è così?" Per l'ennesima volta gli diedi attenzioni.
"So che ti chiami Kellin..."
"Direi che non ne hai idea...Nha. Va bene così" Affermò serrando le labbra piccole. Mi aveva messo la pulce nell'orecchio e la curiosità cercò di stare al suo posto, ma prevalse su tutto il resto.
"Dimmi chi sei, forza" Non potei non sorridergli...Mi stavo rammollendo.

"Kellin Quinn, Sleeping with Sirens lead vocal, hai presente?"
Scossi la testa lentamente e sorrisi beffarda, in risposta alla sua sicurezza regale.
"Ammetto di non essere super famoso, okey"
"Lascia che ti faccia io una domanda..." Esso era sorpreso ed eccitato nel voler rispondere.
"Hai l'accento Americano. Perché?" Lanciò uno sguardo indagatore in risposta al mio.
"Hey, sono un cantante emergente, mi faccio promozione qui!" Annuii. Stetti nuovamente sulle mie per il resto del viaggio silenzioso.

Per un dannato medico tutta quella strada. Potevo anche essere morta in tutto quel tempo. Pensavo a quanto banale fosse il mio sogno...Ancora. Oliver aveva una band, questo Kellin era a far promozione in Inghilterra alla sua e poi c'ero io: una sfigata mediocre col sogno di un ugola d'oro. Era per questo che lo trattavo male? No, lo facevo anche prima di saperlo, quindi ho dei problemi tutti miei. Forse avevo imparato a fiutare gli artisti a distanza, chi lo sa.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora