26. But I Never forgive You

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Tutto sommato le cose andavano alla grande a momenti alterni. Mi svegliavo la mattina con le fauci perennemente asciutte e Gabe dall'altra parte del letto a causa dell'alcol che mi stava mangiando il fegato, sera dopo sera. Era già una settimana che mi svegliavo in questa maniera che alcuni, o la maggior parte, ritenevano terrificante. Però a me piaceva...Mi svegliavo e aspettavo che Gabe aprisse gli occhi per avere il mio compenso giornaliero per sentirmi bene con me stessa. Tutto questo era possibile perché Kellin di giorno non mi faceva mai visita.
Le cose, in realtà, andavano male, parlando con lucidità; quel poco che ne rimaneva.
Era così che lo ripagavo per portarmi la felicità in corpo e nella mente: mi concedevo ogni sera, se lui lo desiderava. Per concedermi senza problemi ingurgitavo litri e litri di qualsiasi cosa contenesse un minimo d'alcol che potesse farmi staccare la spina del pensiero, perché nessuni devecredere che lo facessi per un piacere personale. Assolutamebte non mi piaceva andare a letto con Gabe. Se mi svegliavo con un po' di vera lucidità i primi pensieri a cogliermi erano le paranoie. La paura che un giorno o l'altro potessi rimanere incinta per colpa di una non curanza data dallo stato mentale di entrambi. Eppure continuavo a correre rischi su rischi per avere quello che volevo, quello di cui avevo bisogno e desideravo con tanta smania.

Non mi piaceva chiamarla cocaina. A me sembrava una nuvola morbida e informe che si insinuava dentro di me per farmi sentire leggiadra come essa stessa. Ne avevo bisogno, anche perchè finito l'effetto della sostanza sembrava che la gravità volesse risucchiarmi al centro del mondo. Non avevo bisogno di nient'altro che della mia bianca nuvola.

Mi trovavo in bagno, subito dopo aver ricevuto il mio compenso. Ne abusai ancora di colei che mi stava per rovinare l'esistenza intera. Sostanzialmente non mi importava più di vivere in quella maniera con Kellin, ma neppure di vivere ad Ashford sola con accanto un ragazzo invaghito della mia persona. Volevo vivere in successo e tranquillità. Il successo magari mancava all'appello, ma la tranquillità era garantita. Ero ancora giovane per il successo. Presto o tardi ci arriva chiunque, se ci si mette d'impegno vero e io non mi reputavo da meno. Pensavo che schioccando le dita un giorno qualunque lo avrei avuto, ma in realtà bisognava lavorarci. E lo sapevo. Stupida.
Gabe non era il ragazzo con cui volevo passare il resto della vita, sinceramente. Alla fine vivevo di rendita degli altri: i soldi di Kellin e la droga di Gabe. Stavo affondando.
A momenti nemmeno la cocaina mi tirava su di morale; le paranoie erano ancora vive tanto quanto quando ero lucida.

Stavo per uscire dal bagno, quando qualcuno mi si parò davanti dopo avermi fatto sbattere la testa contro la porta violentemente. Dato il mio stato ci risi sopra fragorosamente. Eppure quel tocco violento mi ricordò solo una persona.
"Mio Dio, Carter, scusami! Non credevo queste cose potessero capitare ancora"
Fu Kellin a parlare, mentre mi stringeva i fianchi per tenermi salda al suolo e dritta in piedi.
"Mi sono divertita, tranquillo" Dissi tutto in una risata unica. Cinsi il suo collo con le braccia e lo guardai con occhi ben aperti. Era giorno eppure lui era li con me. Kellin. Come avrei tanto desiderato averlo: accanto con me il giorno e la notte.
Gabe si presentò all'uscio della porta e controllò la situazione strofinando in modo strano le mani sul pantalone. Probabilmente stava asciugando il sudore dato dal nervosismo.

"Gabe...Che cazzo fai qui?" Ringhiò prepotente Kellin. Fu la prima volta che lo vidi in quella maniera. Non ero spaventata per niente, mi sembrava di avere accanto Oliver, non di certo Kellin. Mi piaceva questo pensiero?
"Scusa, fratello, le facevo compagnia..."
Infuriato come pochi, Kellin si aggirò per il bagno per qualche secondo, trovandoci poi la bustina contenente il resto che non avevo ancora assunto, sul lavabo.
"No...no, no, no. NO" Gridò Kellin tremante dal forte sentimento che stava covando dentro. Si scagliò contro Gabe e gli sbattè la bustina proprio in mezzo ai suoi piedi, per terra, calpestandola in seguito.

"LA DEVI FINIRE"
"Kells, me ne vado subito" Disse Gabe remissivo a mani alte e testa bassa.
"Sparisci immediatamente dalla mia vista. Vattene" Il viso del dolce ragazzo divenne paonazzo col tempo. Mi spostai a causa dello spostamento del dialogo tra i due, fuori dal bagno. Temevo per la salute del musicista. Non sapevo perché Kellin avesse reagito con così tanta furia. Iniziai a pensare di essere solo una calamita per ragazzi violenti. Quella violenza potevano benissimo riversarla nei miei confronti e non nascosi di averne una paura folle, molto più di quella dell'aereo, dell'ansia nel lasciare Ashford. Bazzecole. Quelle erano solo piccole paure a confronto. Guardare gli occhi di Kellin e vederne trasparire le fiamme dell'inferno governate da Lucifero in persona era tremendamente destabilizzante.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora