Iniziavo a sentirmi male troppo spesso. Gli svenimenti continui non facevano altro che creare disagi a tutti quelli che mi stavano accanto, ad Oli e sopratutto a me. Passavo dal letto ad una sedia, al bordo di un marcia piedi in pochi secondi, nel corso di uno spostamento. Non riuscivo a reggermi in piedi, sostanzialmente. C'era qualcosa che non andava e presto avrei fatto delle visite per esserne certa al cento per cento.
Sarei tornata a casa pochi giorni dopo la data di Milano. Ero sempre stata curiosa di testare il suolo Italiano; mi incuriosiva affermare se tutti gli stereotipi che giravano erano veri oppure no. Per esempio, che i milanesi erano freddi e stavano sulle loro, rispetto a quelli provenienti dal sud Italia che parlavano con buffi accenti ed erano molto calorosi.
I milanesi credevo li paragonassero un po' a noi Inglesi, quando facevano riferimento alla freddezza con il quale, dicevano, ci atteggiavamo. Io in realtà non ho mai fatto caso a quanto fosse differente una persona calorosa da 'uno come noi'. Probabilmente mi sarei trovata bene con i famosi milanesi.Ultima data, ultimo sforzo, ultimo giorno nel quale potevo vedere Oliver Sykes tutti i santi giorni; ricordarmi com'era fatta ogni imperfezione del suo viso per via della sua costante presenza, anche solo per cinque minuti tra un momento di riposo e il palco scenico.
L'aria di Milano non era poi così diversa da dove venivo. Mi sentivo un po' come a Londra, se dovevo essere sincera; il clima era in totale pandan e il cuore ebbe un fremito come se riconoscesse la temperatura di casa, infondo. Come se riconoscesse un abbraccio inaspettato di Oli.
Prima di lasciarmi in stanza, Oli mi strinse forte la mano e mi fece un cenno rassicurante con la testa. Ricambiai molto volentieri e accennai un sorriso di rimando che lo accese un po'. Non mi sfuggì niente del suo sorriso complice dopo aver visto il mio; il suo voltarsi per assicurarsi che lo stessi fissando ancora e i suoi capelli che fluivano col movimento del suo corpo ondeggiande.
Entrai in camera e mi strinsi nelle spalle con ancora un briciolo immenso di serenità nel sangue. Pensai che questa volta c'eravamo. Che questa volta sarebbe stata quella giusta, non perfetta magari, ma giusta, si. Chiusi gli occhi e voltai il capo al cielo dondolandomi. Non mi riconoscevo più, fortunatamente. La speranza sembrava solo un ricordo fino a quel momento.Non partecipai al concerto per ovvi motivi. Rimasi in hotel a pensare totalmente ad altro, per modo di dire. Pensavo a come avrei passato i mesi senza di lui; solo io e il mio bambino. Per lavoro, Oli, mi avrebbe spesso lasciata spesso sola e di conseguenza dovevo arrendermi a questo fatto e abituarmi a ciò.
Mi alzai dal letto per un momento, volevo qualcosa da mangiare e questo mi costò l'ennesimo svenimento. Rimasi incoscente per un bel periodo fin quando rimpresi le forze necessarie per avvicinarmi al cellulare sfatto dall'ultima volta che lo lanciai in terra dalla vasca da bagno.Chiamai l'unica persona che mi avrebbe aiutata: ovviamente Oli.
Non rispose per ben due volte. Stavo per avere un attacco di panico, ma poi l'illuminazione mi prese in pieno: Dana.
Dana mi avrebbe sicuramente risposto, nella speranza che non fosse distratta dall'alta moda di Milano. Attesi, attesi fino all'ultimo rintocco di linea, fino all'ultimo squillo.
Qualcosa stava andando storto in me; non riuscivo a mettermi in piedi e una delle due gambe mi doleva terribilmente. Un dolore inspiegabile. Immaginavo che partorire sarebbe stato peggio di quel dolore sicuramente e, di conseguenza, cercai di mantenere la calma, pensando che non era nulla di grave."Carteruccia, dimmi tutto" Rispose forse brilla, in un boato di musica da discoteca assordante.
"Dana, non riesco ad alzarmi, ti prego dimmi che riuscirai a venire ad aiutarmi. Oliver non risponde e sono in una difficoltà immonda"
Dana si spostò dal luogo rumoroso all'inverosimile e cercò di comunicare con me.
"Non ho idea di dove sia Oli, ma credo debba venire lui a darti una mano"
"Se ha da festeggiare non c'è bisogno che venga lui, davvero" Dissi con un tono dispiaciuto e remissivo. Tirai un espressione di dolore lancinante e provai a tirarmi su nuovamente.
"Non esiste proprio. Lo vado a cercare. Resta il linea"
Rimasi in silenzio a sentire Dana nel mentre chiedeva informazioni sul dove fosse Oliver. Sentii un nodo allo stomaco legarsi sempre più stretto. Avevo un brutto presentimento e non avevo idea del perché."Dove cazzo sei, figlio di puttana?" La sentii sbraitare in un luogo ristretto dove la musica era ovattata. Non si trovava all'esterno: era ancora nel locale.
"Dai, lasciami stare, Dana. Vai via di qui che non è momento" Rispose chiaramente Oli in tono calmo e rilassato. Il brutto presentimento stava facendosi sempre più vivo e bruciante.
"La tua ragazza sta male, se lo vuoi sapere, ma forse non te ne frega un cazzo"
Non sentii alcuna risposta da parte di lui se non un risolino sommesso.
"Sei davvero una merda, Sykes" Tagliò corto Dana. Sentii chiaramente lei dargli uno schiaffo sonoro sul corpo."Sto arrivando. Dammi 30 minuti per raggiungere l'hotel"
Stava per mettermi giù, ma la placai per tempo.
"Chè è successo lì dentro? Dov'è Oli? Perchè non ha risposto quando gli hai detto di me?"
Le labbra mi tremavano nel domandargli ciò e le lacrime non tentarono a tardare. Potevo anche far finta di essere stupida e di non capire, ma dentro di me la verità la sapevo bene, molto bene. Quello spazio dalla musica ovattata doveva essere una specie di privè o un bagno. Oli era fin troppo rilassato e ciò significava soltanto una cosa ben precisa: dopo le ennesime promesse che mi aveva fatto, andò tutto in fumo. Non ne ero sicura, ma qualcosa mi diceva che si stava facendo di nuovo. Lui era questo e non poteva essere altro. Stupida io a pensare che sarebbe stato qualcosa che non poteva essere. Ci avevo creduto ancora una volta e per l'ennesima volta potevo affermare di essere un allocca bella e buona."Ti spiegherò quando sarò lì. A dopo"
Terminai la chiamata con un avviso di temine dei minuti disponibili per l'utilizzo della telefonia all'estero.
Mi misi a sedere meglio che potevo. Non ero neanche più ferita; ero distrutta dentro. Completamente distrutta. Stava arrivando la fine e la sentivo arrivare impetuosa e senza paura, questa volta, l'avrei affrontata.
Attesi così tanto mi ritrovai in terra affogata dalle mie stesse lacrime.
La porta era chiusa, ma con un ammirrabile mossa, quando arrivò Dana, passai la chiave a forma di badge sotto la porta."Dio, Carter, lascia che ti aiuti ad alzarti"
Mi lamentai così tanto che sembrò grave, e lo era veramente. Non si trattava del bambino, fortunatamente, ma la gamba era messa molto male.
Dana decise di scortarmi fino al primo ospedale disponibile. Alcuni dottori fecero un po' fatica a capire la descrizione di ciò che mi faceva male, a causa della lingua, ma una visita bastò a dichiarare che avevo rotto il femore destro dopo essere svenuta. Una sorte davvero sfigata sotto ogni aspetto.Un medico, con un inglese discutibile, mi rassicurò sullo stato della gravidanza. Andava tutto a gonfie vele. Mi avrebbero ingessata ed ero perfino già pronta a ritornare in hotel. Allungai una domanda alla buona al medico prima di essere congedata.
Dana era proprio accanto a me, infuriata come un Cerbero e preoccupata come una madre.
"Se volessi interrompere la gravidanza, a chi mi potrei rivolgere?"
Dana sgranò gli occhi e tagliò la risposta del medico, mettendosi in mezzo."Non è ancora sicura di questo, ci dia un momento per parlare, ma non vada via, potremmo aver bisogno di questa informazione tra pochi minuti"
Il medico si fece ripetere due volte un paio di cose e ci lasciò sole.
"Che diavolo stai facendo? Non avrai intenzione di uccidere tuo figlio così dal nulla? Che ti ha fatto quella creaturina indifesa?"
Mi disse davvero disturbata. Scrollai le spalle e mi sistemai meglio sul lettino. Iniziai a martoriarmi le pellicine delle unghie per riassare i nervi.
"È suo figlio. Con lui non posso crescerlo, ma nemmeno da sola. Non ne facciamo uno in due, vivrebbe una vita davvero terrificante e piena di rimorsi e se decidessi di darlo via ci verrebbe a cercare sicuramente. Non può concludersi questa gravidanza. Non può arrivare al termine!"
"Puoi farcela da sola"
Iniziai a diventare molto più seria."Che stava facendo Oli quando lo hai trovato?"
Il silenzio troneggiò nella stanza. Lei abbassò gli occhi ancora silenziosa. Una ciocca di capelli rossi scivolò giù dall'orecchio impetuosa.
"Fatto...Era fatto. Ok, potresti aver ragione. Però il bambino potrebbe essere la tua gioia più grande. Pensaci, per favore. Lo dico per te. Anche se non ci conosciamo da tanto, voglio il tuo meglio"
"Ti ringrazio, Dana, ma ho bisogno di quella informazione"
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Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017
FanficOliver Sykes è un ragazzo Inglese dalla vita molto breve, ma intensa. Intento a vivere solo 27 anni della sua vita, un giorno, si troverà a decidere se suicidarsi come prestabilito il giorno del suo ventisettesimo compleanno o seguire il suo cuore c...