43. When you were worried about Mine

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Non avevo mai avuto tanta paura di finire nelle grinfie di un uomo fino a quel momento. Non volevo proprio circondarmi di persone del sesso opposto che mi avrebbero solamente usato. Ok, era quello che avevo sempre fatto fin ora, ma proprio nel momento sbagliato avevo deciso di smetterla di farmi dare dell'oggetto, e soprattutto smetterla di considerarmi io stessa un oggetto nelle mani degli uomini, nelle mani della società.
Sulla coscienza portavo un morto, un cazzo di ragazzo deceduto nel mio letto. Più ci pensavo più i miei muscoli prendevano ad avere serie convulsioni. A breve non avrei avuto convulsioni solo per quello...Non potevo smettere di farmi così all'improvviso; era impossibile riuscirci senza conseguenze.

Iniziava ad esserci troppa pressione nella mia mente. Per lo più mi trovavo insieme ad altre ragazze in una stanza ben ammobiliata con un ottima vista sulla città. Ci avevano portato poco più che in periferia di Londra.
Io odiavo Londra con tutto il mio cuore per svariati motivi più che ragionevoli, per me stessa. E poi...Mi mancava casa, ma quella di Ashford, anche perchè mia madre e mia sorella non ebbero più mie notizie da mesi e mesi. La mia testa era libera e leggera da un lato, ma completamente devastata di paranoie nell'altro. Casa mia, quella a Londra era rimasta aperta al pubblico di drogati del quartiere. La triste e nuda verità, ma tanto avevo intenzione di non tornarci mai e mai più, di cambiare radicalmente la mia vita per sempre, ancora. Iniziavo a non credermi più nemmeno da sola, figurarsi gli altri. Figurarsi Oli...Che non sapeva di quello che avevo combinato fino a quel momento.
Chi sapeva del fatto che mi avrebbe respinto di nuovo? Partirono altre milioni di paranoie sensate del mio immenso sacrificio. Che ne avevo fatto del mio sogno di avere una band tutta mia? Gettato altrove. Quello non sarebbe mai stato il mio ambiente.

La testa smise di macchinare quando nella stanza sbancò un gruppo di quelli che dovevano essere Messicani. Nemmeno si presentarono, sembravano restare molto distanti da noi ragazze, come se non servissimo a niente, infondo. Eppure se eravamo lì, un motivo c'era. Non si presentarono perché probabilmente le ragazze che si affibiavano a loro erano per lo più loro fan; davano per scontato che fossero conosciuti.
Guardai bene ognuno di loro e quando uno di essi si voltò rimasi pietrificata e probabilmente sbiancai. Lui mi guardò bene fin quando mi voltai anche io. Mi avvicinai al vetro che faceva capolino all'orizzonte di Londra e feci per interessarmi ad altro.
Alla fine, una mano mi avvolse il fianco. Non potevo rifiutare il contatto: era il mio lavoro, il teoria. Bella merda quella in cui mi ero cacciata.

"Tu sei quella ragazza che abbiamo incontrato io e Kells, giusto?" Il suo sorriso accennato appena non fece che darmi noia, ma poi tutto mi fu chiaro in un secondo momento. Tornai a respirare quando tolse la dannata mano dal mio corpo. Ero stanca di essere toccata. Dovevo smetterla di cercare di rialzare l'armatura, il metodo per arrivare a chi volevo era uno solo: continuare a leccare il culo. Da questo ragazzo sarei arrivata a Kellin e da Kellin direttamente ad Oli. Certo, sarebbe stato più facile contattare Oliver direttamente, peccato che avesse cambiato numero di cellulare da un pezzo e ai comuni mortali non rispondeva più Online. Un piano meschino, ma chi diavolo si era mai importato di me? Nessuno. Di conseguenza nemmeno io l'avrei fatto.
"Si, sono proprio io...Mi dispiace per aver fatto la figura della sclerata, ma era proprio un brutto periodo quello passato con Kellin e, veramente, non riuscivo a mandare giù la nostra relazione passata"
Mentii spudoratamente, ma non mi sentii per nulla in colpa. Fu una mossa troppo avventata sparare una balla simile. Tanto il rischio ormai era pane quotidiano.

"Certo, non importa. Posso capirti eccome. Conosco Kellin da tempo ed è una creatura quasi magica: riesce a catturarti nella sua rete anche senza che tu lo voglia e nello stesso modo è capace di distruggerti, senza, però, rovinare quel faccino da angelo che ha"
Eppure non mi sembrò così gay come effettivamente era, a quanto pareva.
Sorrisi tirata, sembrando veramente triste.
"Quindi voi due state insieme?" Domandai.
"In un certo senso diamo a vedere di essere etero; preferiamo non farne troppa pubblicita, sai, è questione di lavoro. Se facciamo credere di essere etero più ragazzine ci sbavano dietro e più dischi vendiamo...È marketing!"
Per un attimo rabrividii. Avevo paura che anche Oli utilizzasse questi metodi per la sua carriera. Ripetei che mai e poi mai avrei avuto una band tutta mia come sognavo. Sogno accartocciato e gettato nel cestino definitivamente.

Mi accorsi che anche questo Victor poteva avere contatti con Oli, ma avevo appena affermato di avere in mente Kellin e la storia finita male. Mi maledissi continamente. Dovevo trovare una scappatoia, tra cui la strada più breve.
"Senti, non è che avresti modo di contattare Oliver Sykes? Ho il suo vecchio numero, ma è inattivo, proprio per questo è vecchio" Ironizzai con una falsa felicità nelle vene.
"In realtà non siamo mai stati in contatto, quindi non ho mai avuto modo di avere il suo numero"
Si dispiaque moltissimo, poi mi rise in faccia e tirò fuori dai pantaloni il suo smatphone.
Mentre cercava mi guardai in torno a braccia conserte. Non avevo ben capito perché ridesse e ne avevo una paura fottuta. Le altre ragazze mi guardavano con occhi di fuoco, come a dire 'come cazzo ha fatto senza scoparci?', credendo bene che stessi per dargli il mio numero.

"Ha passato dei brutti momenti, ero una sua cara amica e non sono più riuscita a fargli visita. Ti ringrazio moltissimo, Victor. Sono in debito con te"
Il suo soave sorriso da benefattore bastò a figere di congedarmi in bagno. Un supervisore bussò facendomi sobbalzare dallo spavento, chiedendomi se andasse tutto bene. Risposi e fissai il display del telefono con in mano il foglietto di carta, o tovagliolo che fosse.
Mi spostai i capelli più volte per allentare la tensione, poi mi decisi a farlo: lo chiamai.
"Ciao, Sono Oliver"
"OLI! Mio dio!" Esclamai con le farfalle nello stomaco e tappandomi la bocca per non far uscire tutta quanta l'emozione.
"Sapete cosa fare dopo il bip" E la linea fu tutta per me. Rimasi scioccata e delusa allo stesso tempo, moltissimo. Sembrava che il destino non volesse proprio la felicità per noi due insieme.
Telefono spento un classico da rock star...
Un altro pezzetto di cuore sentii che stava per staccarsi. La ragazza forte che non aveva paura di voltare pagina e sbattere porte in faccia a tutti quanti che aveva trovato colui che smentiva tutto quanto il suo essere, e quest'uno mi aveva lasciata andare.
Rimasi a pensare a che diavolo fare e tornai da Victor.

Lui mi accolse in disparte; nessuno sospettava che lui fosse dell'altra sponda, anche perchè fingeva molto bene di interessarsi ai miei fianchi mentre parlavamo.
"Non sono riuscita a contattarlo, ma ti ringrazio lo stesso. Immagino che richiamerà in un futuro"
Lui annuì solamente. Forse per evitare di dirmi che non l'avrebbe mai fatto, in realtà.
"Ti sei persa quello che ha annunciato i prossimi concerti, sai?" Gli chiesi di approfondire il discorso, con lo sguardo.
"L'America ti piacerà tanto. Te lo si legge in faccia. Avresti proprio bisogno di aria nuova"
Strabuzzai gli occhi e non ci credetti fino in fondo. Dovevo tornare in quel continente maledetto e non volevo farlo per niente, soprattutto dopo la delusione targata Quinn. Solo in un secondo momento mi chiesi che fine fece la ragazza di Kellin. Sbiancai piano piano. Arretrai e corsi di nuovo in bagno. Nessuno mi vide. Sentii lo stress posarsi sulle mie spalle come un piccolo diavolo che scaccia l'angioletto; la parte ragionevole di me stessa, quella che aveva appena iniziato a rifunzionare.
Sarebbe finita a deja vu, lì in America. Non dovevo permetterlo.

Pensai al ragazzo che avevo buttato nella mia piscina e al fatto che avevo pronto un viaggio per l'America. Non mi rimaneva altra scelta che prendere e volare via. Mi ero cacciata in un bel Disastro con la 'D' maiuscola. Ma daltronde io ero un Disastro. Nata e cresciuta come un uragano in festa.
Chiamai di nuovo per sentire la voce di Oli, ma non lasciai che quella voce fosse sola.
"Hey, Oli, indovina un po' chi sono... - dissi con voce rotta dal pianto. Ero molto emozionata, un contrasto di emozioni uniche - Avrei voluto parlarti faccia a faccia, nonostante la tua decisione di lasciarmi andare. Guarda caso si dice che se ami devi lasciare andare e che, se torna, è vero amore. Forse sto solo blaterando di cose assurde perché sono molto spaventata, ma mi sembra così giusto...Ad ogni modo volevo salutarti. Sto partendo per l'America, ancora"
In tempo per registrare il messaggio terminò, così ne feci uno nuovo.
"Non hai idea di quello che mi sta succedendo e sta accandendo perché non ci sei più tu. Ho tanta paura, veramente molta. Non mi rimane altra scelta che andarmene da qui il prima possibile.
Non sarò lì con Quinn. Oli...Ti prego, fatti sentire. Sai quant'è difficile dire queste parole per chi si finge forte"

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora