6. Nothing Can Take the Pain Away

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"Dannata guida a sinistra...Solo voi potete guidare dal lato sbagliato della strada!" Sentii il mio orgoglio britannico annegare per colpa di un cugino americano bastardo.
"Ti ricordo che se sei americano è solo grazie a chi guida dal lato sbagliato" Fui razionale e calma per la prima volta nella mia vita. Completamente Zen e pacifica.
"Con questa logica c'è arrivato prima Colombo..."
"Sta zitto..." Ruppi il mio spirito Hippie. Non poteva aver sempre ragione lui. Declinava ogni mio attacco e mi dava parecchio fastidio.

"Metti su quel ghiaccio" Ordinò serio. Iniziavano a mancarmi quei sorrisi stampati...Ma che dico? Argh.
"Ho pagato un medico per farti visitare"
"L'hai voluto tu, non io" Fredda come quel ghiaccio e solida allo stesso modo. Perchè no? Anche spigolosa come esso.
Si notava lontano un chilometro che non era dotato per fare il ragazzo senza sentimenti. Era troppo solare per fare lo stronzo. Sospirò e mi fissò con un sorriso soddisfatto. Perché? Mi faceva annebbiare la vista non capirlo, ma tanto nemmeno lui avrebbe capito me.

"È tutta una corazza" Rimangiai tutto quello che avevo pensato. Ci vedeva più lungo del previsto.
"Ma la tua ragazza non è gelosa?" Buttai lì per lì con più sicurezza possibile.
"La mia ragazza è in America...Non fuggire dal discorso, Carter" Dannato accento Americano...Un colpo basso a me che lo amavo, l'accento, sia ben chiaro.
"Faccio quello che voglio" Kellin iniziò a preoccuparsi seriamente, quando l'auto fece il classico rumore di quando va in panne. Non avevo nemmeno la forza di imprecare. Era una calamita per i disastri di ogni genere che riguardassero tutto al di fuori di lui.

"Ti prego non dirmi che..."
"Capolinea..." Annunciò lui con una voce da capostazione. Poggiai la testa sul sedile e ci sprofondai. Chiusi anche gli occhi, ignorando Kellin e le sue azioni. Sapevo solo che era uscito dall'auto. Eravamo in una strada provinciale deserta: sicuramente non ci avrebbe trovato nessuno...Paparazzi compresi alla grande. Optai per uscire anche io, lasciando il ghiaccio sciolto sul sedile. Era una situazione di puro panico e non sapevo dove Kellin fosse finito. Guardavo il campo che avevo accanto alla portiera e mi sentii mancare. Non che mi servisse averlo accanto, ma avevo bisogno di tornare a casa.

"Hey" Disse, lanciandomi uno stelo nei capelli. Sorrideva nonostante l'auto fosse fuori uso ed eravamo lontani da Ashford, figurarsi da Londra...Eravamo sicuramente più vicini alla Francia che a Londra. Era davvero un disastro. Kellin sedeva sul soffitto dell'auto a gambe incrociate. Il telefono prendeva ad intermittenza ed ogni telefonata per un soccorso era inutile.
"Stai lì in cerca della benedizione divina?" Domandai acida. Incrociai le braccia e lo squadrai dal basso.

"Prendo la vita come viene e me ne godo ogni sfumatura, Carter, nel bene o nel male" Presi coraggio e mi sedetti accanto a lui. Stentavo a credere che quell'auto ci regesse entrambi senza problemi.
"Mi piace guardare e godermi di tutto e fare sopratutto del bene quando mi è concesso, perché sento di aver fatto solo del male precedentemente" Mi indicai ironicamente i bernoccoli e ridemmo brevemente. Ridemmo sommessi.
"Dimmi come fai" Mi riferivo ai suoi sorrisi smaglianti. Sorrisi di riflesso al solo pensiero.
"A ridere alla vita sempre..."
"La vita va presa con ironia, ma non quella che pensi tu...Tu hai un ironia sprezzante che fa scappare la gente. Sei quasi sgradevole"
Annuii facendomi beffa di ogni cosa che mi riguardava in negativo.

Scese dall'auto e iniziò a camminare nel campo. Dopo un metro di fosso scorreva un piccolo torrente e lui riuscì a cadere nel campo...Non so se per fortuna o per sfortuna.
"Kellin!" Urlai preoccupata. Era la prima e l'ultima volta, ma mi serviva vivo. Non ferito, non morto. Vivo e vegeto. Mi misi una mano sulla bocca come per ritirare la mia preoccupazione.
Quando feci per soccorrerlo, mi trascinò fino al torrente e mi ci buttò dentro entusiasta.
"Hai fatto esattamente questo con la mia disponibilità" Mi avvicinai mano a mano boccheggiando.

"Hai preso e l'hai buttata a farsi fottere senza un motivo" Lo afferai dai passanti della cintura dei Jeans e lo buttai in acqua con me. Era troppo divertente per trattenere ogni minima risata. Speravo solo che in quel torrente scorresse acqua non troppo sporca.
"E questo che aforisma sarebbe, signor Bostwick?" Lo presi in giro cercando di allontanarmi il più possibile dalla pericolosità che stava crescendo in Kellin. Avrebbe potuto affogarmi: avevo bagnato i suoi capelli super fonati da star Americana.

"Chiamami ancora cosi, forza" Mi raggiunse furioso, ma per gioco. Mi stavo divertendo seriamente. Mi afferrò i fianchi e mi tenne fin troppo salda al suo corpo. Stranamente riuscii a condividere il mio spazio vitale con lui, forse perché non ci avevo fatto caso per bene. Stavo perdendo il controllo di me stessa e non lo facevo da tanto tempo. Cosa buona? Cosa cattiva? Rimaneva il fatto che ogni tanto in quei capelli ci vedevo Oliver. Bagnati o asciutti che fossero. Oliver era proprio come me...Una persona da evitare a causa dei suoi comportamenti contrastanti. Due come noi non avrebbero socializzato mai e poi mai con due teste del genere. Kellin aveva molto da insegnarmi...Pensai, ma perché mai doveva cambiarmi? Forse migliorarmi, okey.

Per fare cosa, però? Per riuscire a conquistarmi l'amicizia di un ragazzo che perse un berretto di lana? Nha. Era solo affascinante perché era esattamente come me. Era misterioso. Dovevo fare attenzione a quello che stava macinando la mia testa.
"Hey, Bostwick" Sorrisi maligna e tirai su un sopracciglio. Mi preparai al peggio, ma non accadde nulla; solo uno sguardo perso che fissava le mie labbra prive ormai di ogni tintura. Mi feci ammirare per troppo tempo. Era un ragazzo fidanzato e lo stesso che stavo trattando male dall'inzio della giornata. Era innocente. Quelle ciocche che cadevano davanti agli occhi chiari, gli stessi occhi che ora vagavano nei miei per capire cosa volessi, per capire se sentissi anch'io quello che lo stava spingendo a compiere un gesto di infedeltà verso la sua ragazza.

"Kellin" Sussurrai sommessa. Mi incatenò nei suoi occhi verdi. Avevo letto degli studi per cui se vedi qualcosa che ti piace la pupilla si dilata e lui sembrava avere le pupille di un gattino che fa le fusa, dopo aver ricevuto un sacco di coccole. Malgrado tutto ciò, non riusciva a piacermi veramente. Mi attraeva, ma non sapevo se fisicamente o per come prendeva la vita con una filosofia tutta sua. Di certo non potevo vedere lo stato delle mie stesse pupille. Non sentivo nemmeno le famose farfalle nello stomaco che ho letto in un sacco di libri. Kellin si avvicinò con molta calma. Lo scrosciare del torrente accompagnava tutta quanta la situazione incerta. Ero pietrificata davanti a quel viso buono e innocente. Si bloccò allo sfiorare dei nostri nasi. Percorse tutta la superfice del mio con il suo e rise brevemente, senza mai staccare gli occhi dalle mie labbra. Sembrava bramarmi. Non credevo fosse una cosa positiva.

"Ma che sta succedendo?" Mi domandò ironico. Serviva per farmi capire che lo stavo trattando con indifferenza, ma tra di noi in quel momento stava accadendo qualcosa. Ma assolutamente non ci avrei fatto nulla anche nel rispetto della sua relazione in America.
"Assolutamente niente" Mi allontanai dal suo viso, tranciando ogni catena che aveva legato ai miei occhi illegalmente. Tornai al mio broncio giornaliero e cercai di uscire.
Tirò il mio braccio fin troppo forte e la corrente mi riportò fra le sue braccia così minute, ma in un certo senso troppo potenti.

"Levala" Aggrottai le sopracciglia.
"Cosa?"
"La corazza" Sfiorò il mio collo con le labbra e arrivò fino all'orecchio. Destò solo dei brividi come di norma. Era una cosa umana.
Una ragazza eterosessuale con un ragazzo che le dava attenzioni speciali, non poteva non avere quelle reazioni.
Mordicchiai il mio stesso labbro per trattenere ogni reazione istintiva.
"Hey, che ti prende?" Non poteva trattarmi come facevo io se non peggio. Stava cercando di farmi capire che non era bello trattare la gente così...Ma ero troppo orgogliosa di me stessa.

"Smettila..." Emisi un grugno disgustato.
"La tua ragazza cosa direbbe ora, Quinn?" Fui il più fredda possibile.
"Fa silenzio e fai gestire la situazione a questo..." indicò il cuore "non a questo" Spostai il suo indice dalla mia testa, sprezzante.
"Non posso..."
"Si che puoi. Sei una bella ragazza, intelligente, capace"
"Basta Kells! Basta" Esso ghignò sotto i baffi.
"Mi hai chiamato Kells? Sei dolce sotto tutta questa roba" Agitò la mano su tutto il mio corpo. Sorrisi inevitabilmente.

"Sei arrosita" cantilenò dandomi uno di quei baci eschimesi che si danno col naso.
Mi aveva rammollito. Dannazione. Stava fomentando rabbia dentro di me, ma ero grata per avermi reso com'ero una volta: ingenua.
"Bellissima" Per un momento volli davvero averlo per me. Mi schiaffeggiai mentalmente e risvegliai la mia parte combattiva. Rientrai nella mia armatura.
"Okey, come torniamo a casa?" Ruppi l'ambiente confortevole e Kellin abbassò lo sguardo deluso.
"Camminiamo...O aspettiamo che qualcuno passi di qui...A te la scelta" Portò le mani lungo i fianchi.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora