9. Leader of the Whole Pack

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"Credo che tu sia stata sincera..." Ravanò nelle sue tasche e mise fra le labbra una sigaretta, estrasse quella della fortuna e la consegnò nelle mie mani, ma io non fumavo. Evidentemente non sapevamo nemmeno l'un per cento l'una dell'altra. Era così chiaro, così palese. Cristallino. Eppure ci ronzavamo intorno; due calamite dello stesso polo che non riuscivano ad interagire l'una con l'altra se non con una spinta forzata. Era davvero così? Mi chiedevo perchè proprio quella della fortuna...Stava girando qualcosa nelle mente di Oli e non potevo avere la minima idea di cosa fosse.

Si alzò e mi fece cenno di uscire. Voleva accendersi l'ennesima sigaretta.
"Non so come fai a resistere tutte queste ore senza di queste" Sollevò la mano e mi mostrò la sua arma di autodistruzione. Avevo detto che quella che ero stata non sarebbe mai venuta fuori, che questo segreto sarebbe caduto con me nell'oblio, ma avevo in mano una sigaretta ed anche spenta e ci doveva rimanere per il bene di tutti, in primis il mio.
"Semplicemente perchè non fumo, Oliver" La voltai nel senso corretto e la rimise nel pacchetto deluso. Deluso da se stesso per l'intuizione errata. Entrambi eravamo molto orgogliosi. Si vedeva lontano chilometri, dai minimi gesti e comportamenti.

Mi strinsi nelle spalle, mentre il silenzio e lo sguardo assente del mio interlocutore si facevano insistenti, fastidiosi e imbarazzanti.
"Cosa pensi di me?" Domandò, seguito da un colpo di tosse.
"Che se non la smetti di buttare questa merda nei polmoni non ti rivolgerò mai più la parola" Mi ero sempre tenuta alla larga da chi era dipendente dal vizio del fumo, così che io non potessi riprenderlo. Stupido lui e stupida io che lo stavo assecondando come una cagnolina.

"Non è quello che desideri?"
"Sta zitto" Sputai amara.
"Come scusa?" Iniziò a sorridere soddisfatto. Mi stava irritando e stava invadendo il mio spazio vitale come Kellin: senza che io potessi acconsentire. Feci un passo indietro, poi un altro ed un altro ancora. Proprio quando arrivai al ciglio del marciapiedi, lo sguardo di Oliver smise di sembrare tanto assatanato e mi tirò indietro. Mi aveva toccata, anche se per poco. Era come essersi tolta un cerotto. Voltò gli occhi al cielo e si maledisse da solo, non ci stavo capendo nulla.
"Ti ho capita" Incrinò la testa di lato e assottigliò lo sguardo. Si riappoggiò alla vattrata. Penetrò nella mia anima e gettò la sigaretta, esalando i residui del fumo nei suoi polmoni.

"Sei molto più di ciò che credevo" Ammise, guardando altrove e sistemandosi il giaccone. Sfoderò un sorriso inaspettato. Io avevo molto freddo, ma non lo davo a vedere. Mi guardava in attesa di qualcosa, si aspettava sempre qualcosa da me, mentre Kellin sorrideva sempre. Due atteggiamenti completamente contrastanti. Anche Oli sorrideva, ma era un sorriso malizioso, diabolico. Quello di Kellin era angelico come la sua voce.
"Ho freddo, torno dentro"
"Aspetta" Mi bloccò dal braccio. Altro contatto indesiderato. Stetti in silenzio e lo guardai privarsi del giaccone per pormelo sulle spalle. Un azione fuori da ogni schema che definiva il suo carattere. Un azione magnanima in mezzo a mille castronerie.

"...Grazie" Sussurrai a malapena. Non avevo mai avuto necessità di sfoderare quella parola con nessuno per molto tempo. Avrei dovuto regalarla a Kellin, quella parola...Ma se ne era appropriato Oli.
Fece un cenno col capo e abbassò lo sguardo, quasi come si fosse sottomesso per agire.
"Riprenditelo Oli, dentro ho il mio...Poi è davvero ora di tornare a casa per me e-"
"Ti aspetto qui" Tagliò corto le mie blatere.
Le mie mani iniziarono a tremare dal momento in cui pronunciò quella frase, non per il freddo, ero ormai entrata e stavo recuperando le mie cose. Sembrava che avessi ingurgitato litri di caffè; la sensazione sui miei sensi era quella. Il cuore batteva esageratamente forte e veloce, la vista era più vispa e tremavo dall'ansia, benché avessi molta paura di ciò che sarebbe accaduto.

I miei colleghi mi diedero l'in-bocca al lupo. Probabilmente erano tutti abbindolati al personaggio che raffigurava Oli nel mondo dello spettacolo. Restava il fatto che non risposi ai loro sorrisini stupidi.
Uscii ed Oli si mosse inmediatamente, facedo tintinnare le chiavi della sua auto. Sicuramente era stufo di aspettare. Sembrava un tipo impaziente.
Camminai al suo fianco intuendo che sarebbe stato lui ad accompagnarmi a casa. Respirai profondamente e mi strinsi nel cappotto.
"È davvero quello che sento quasi tutti i giorni il genere di musica della tua band?"
Alzai il viso per vedere il suo, era piuttosto alto ed io, bhe, no.
"Mhm" Emise.

"Quella è musica?" Risi tra me e me.
"Sarai sicuramente una di quelle che critica senza sapere...Sono curioso di sapere cosa ascolti tu"
Entrammo in auto e provai a parlare in modo civile, ma il mio orgoglio e la mia superbia vennero a galla come una palla spinta nel fondale dell'oceano, poi mi ricordai che non ascoltavo niente di così eclatante da potermi elevare spiritualmente.
"Uhm...Qualcosa sul classico..." Sembrai troppo timida e fragile.
"Grande, quindi AC/DC, Black Sabbath, Metallica e via discorrendo, immagino"
Stetti in silenzio e deglutii.

"Pronto? Hey!" Eravamo ancora fermi, non potevo distrarmi a guardare fuori dal finestrino. Avrei potuto farlo, ma serei sembrata una completa idiota.
"Non ascolto nessuna di quelle cose"
"Allora dimmelo tu!" Si stava scocciando. L'impazienza che possedeva era micidiale.
"Suono il violino, ok? So poco e niente di tutto ciò che riguarda band e cose varie" Sbuffai e la frustrazione prese il controllo del mio animo.
"D'accordo...Capito" Mise in moto e si indirizzò verso casa.

"Hai da fare questo pomeriggio?" Nessun contatto visivo, soltanto delle parole pronunciate nel riscaldamento dell'auto. Rimasi esterefatta riguardo a quello che stava accadendo: Oliver, lo stesso ragazzo per cui provavo un odio sprezzante ricambiato, stava interessandosi dei miei impegni per ricavare del tempo per lui. Riflettendo attentamente potevo scovare un mare di motivi per il quale stava interessandosi a me. La ragazza del giorno precedente poteva non averlo soddisfatto e voleva consolazione -cosa che da me non avrebbe trovato- oppure voleva una preda facile, ma io avrei puntato ad una fan per una cosa così frivola, o forse no, avrebbe parlato...E a dire la verità, mi preoccupai per Kellin...Non aveva senso! Un ragazzo Americano fidanzato. Era abbastanza esplicita come cosa.

Insomma, quella situazione incerta e destabilizzante non faceva altro che farmi venire voglia di chiudermi a riccio.
Mi girai verso di lui, ma non incontrai i suoi occhi, annalizai soltanto le sue mani salde sul volante. 'Drop Dead' Recitavano le nocche. Per chissà quale arcano motivo, intuii il suo stile da molto prima; non ci volevano degli stupidi tatuaggi per capirlo.
Ero sicura che se avessi dato uno sguardo a tutto l'insieme di tattoo gli avrei letto ogni singolo tratto della sua personalità, ma non era la giusta via per conoscerlo.
C'era da dire che o vigeva una strana moda di cui ero all'oscuro, oppure sia Kellin che Oliver erano troppo esili. Forse ero io a vedere tutti gli altri così magri...E vedere me troppo, insomma, non magra.

"Perché?" Usavo sempre questo punto interrogativo prima di dare una risposta a queste situazioni scomode.
"Non riesco a concepire che una persona sia ignorante, musicalmente parlando"
"Cosa? Scusami, io ho studiato solfeggio, teoria della musica e suono il violino da molti, molti anni: non mi definirei proprio ingorante..."
Scosse la testa e ghignò sotto i baffi. Irritante.
"Se non conosci chi ha fondato la musica di adesso, io la chiamo ignoranza. Fine. Non puoi non conoscere nessuno dei maggiori esponenti. Dove sei cresciuta, in una caverna?"

Ecco che aveva toccato il tasto dolente di una vita. I miei genitori ci sono sempre stati, per grazia di Dio, ma mai come desideravo. Se c'erano, erano a casa e non c'era verso per me di potermi godere una boccata d'aria fresca...Ero rinchiusa come raperonzolo nella torre. Aspettavo le occasioni speciali per uscire; la scuola, violino, qualche compleanno...Gli amici sono sempre stati parecchio scarsi se non quasi inesistenti e la cosa era sempre stata frustrante all'ennesima potenza. In fatto di hobby, avevano scelto loro il violino, io avrei preferito la chitarra. In fatto di musica, decidevano loro la stazione radio e i dischi da comprare. Una mente formata cosi fin da piccola non poteva far altro che non ribellarsi, visto che non conosceva il mondo vario dietro la siepe.

Stetti in silenzio. Ad Oli il silenzio di assenso non piaceva proprio.
"Devo dare delle lezioni di musica ad una bambina, per l'appunto, questo pomeriggio"
Proseguì lui il suo odiato silenzio.
"Potrei venire ad assistere" Risultò come un ordine più che come una richiesta. Non era in grado di essere gentile, dovevo togliermi dall'ottica di avere Kellin accanto: lui era Oliver Sykes, Carter, il tuo amico di bastardaggine.
"Ma cosa vuoi dalla mia vita..."
"Cercavo solo di socializzare con te, dopo sei mesi passati...Così" Mi guardò diversamente. Un raggio di luce intensa filtrò dal finestrino e illuminò i suoi occhi, i quali cambiarono colore. Divennero color ambra, color fieno, paglia. Giurai di averli visti castani al di fuori, forse non lo avevo scrutato così bene come credevo.

"Okey, ti aspetto alle tre"
Si voltò perplesso.
"La lezione" fiorì un sorrisetto. Era felice, chi l'avrebbe mai detto...Kellin mi faceva del bene davvero. Dovevo comportarmi come lui se volevo ottenere un Oliver senza l'armatura, proprio come Kellin faceva con me. Con la differenza che lui era naturale nel suo essere cordiale, io un po' meno. Sapevo solo che nella vita in quel momento, potevo solo migliorare e lasciare agli altri la convinzione di essere perfetti.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora