22. And now you Know

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Mi svegliai in una pozza di vodka e vetri. L'aria era rarefatta al massimo ed insopportabile. La casa era vuota: non una persona era rimasta per la notte. Per quanto potesse risultarmi ambiguo, era così.
Un terribile mal di testa mi impediva di alzarmi dal parquet. Girai un po' la visuale per verificare il mio stato, ma la testa mi girava tantissimo, da far schifo.
Per istinto mi toccai la testa esattamente nel punto dove sentivo dolore. Riversai la mano sentendo del liquido che, sicuramente, pensavo si trattasse della vodka. Il rosso era troppo denso per farmi realizzare che si trattasse di vino, era proprio sangue.
Mi alzai con cautela e mi diressi in bagno per guardare allo specchio la gravità della cosa. Avevo un bel taglio superficiale sulla fronte. Il sangue si era rappreso tra i capelli, il sudore e altre schifezze varie. Un espressione di disgusto coronò il mio viso alla vista dello scempio.

Mi diedi una sistemata rapida. Non ricordavo nulla di ciò che era successo ieri sera, ma di una cosa ero certo: vodka, più taglio sulla testa, uguale il tipo che avevo preso ad insulti prima di consegnare quella lettera a Carter. Cazzo, non volevo nemmeno immaginare cosa avessi scritto nelle condizioni in cui ero. Quello me lo ricordavo vagamente ed anche male.
Scossi la testa sotto il lavabo e ne sentii il bruciore di quella ferita scoperta ed in bella vista. Non era rimasto nessuno, ovvio, il proprietario era rimasto a terra con un 'colpo' alla testa non sapendo nemmeno se fosse vivo o meno. Disgustato dal comportamento della gente, maledissi me e il pensiero che bevendo come un dannato mi sarebbe servito per dimenticare le cazzate che avevo fatto, perdendola. Adesso ce l'avevo in testa ancora più di prima, forse meno limpida, dato che l'ultima immagine di lei sembrava essere quella di un maglione bordoux sfocato con le braccia conserte.

Dopo essermi sistemato, mi diressi in prossimità della porta d'ingresso. Vidi sul pavimento un sacco di fogli, ma proprio molti. Li colsi malamente a due mani e li buttai sul tavolo imbrattato di qualsiasi cosa ci fosse stata lì la sera prima. Cacciai in bocca delle patatine rimaste in una ciotola e mi sedetti al tavolo. Continuando a ruminare lessi foglio dopo foglio. Lamentele varie per il casino avvenuto la sera prima e li capivo, si, ma non me ne importava più di molto. Poi trovai lei, una lettera ambigua che alterò la mia comprensione.

Non c'è più niente che tu possa fare, Oliver, ma almeno sai che la Vodka liscia è il mio alcolico preferito per eccellenza.

Sicuramente era la risposta di Carter alle mie scuse...scuse che non aveva colto affatto. Un senso di delusione assoluto mi attanagliò. Certo, non avevo mai creduto che fosse una ragazza facile ne tantomeno semplice, ma che avesse avuto un po' di cuore in più si, lo credevo. Dopo tutto, in quel prato, liberando gli uccellini ci avevo visto molto, troppo. Ed era bella, bella perchè dentro portava gioielli come un portagioie; li teneva nascosti da occhi indiscreti, ma quegli occhi indiscreti erano diventati anche i miei, per lei. Non riuscivo a calmare il tremolio delle braccia. Era rabbia che montava dentro insieme alla delusione di me stesso. A lei non affibiavo nessuna colpa, perchè effettivamente non ne aveva. Era solo tanto fragile ed instabile e il mio ultimo errore fece si che il meccanismo di autoprotezione scattò per tagliarmi fuori in modo da non farsi male.

Dovevo calmare i miei istinti. Presi due bottiglie e le sferrai violentemente sul tavolo di legno d'acero. Una si espanse proprio nel mezzo del tavolo, l'altra la frantumai su una delle quattro gambe, facendo in modo, stupidamente, che i cocci arrivarono a tutta velocità anche addosso alla mia di gamba.
Qualsiasi bottiglia, bicchiere, fu diminuito in frantumi, piccoli pezzi di tagliente vetro. Avevo una voglia pazza di togliermi le scarpe e i calzini per poter sentire il dolore attraversarmi dalla pianta del piede fino all'ultima ciocca di capelli. Il dolore sarebbe salito lento, come quello che meritavo, ma non volevo soffrirne o punirmi; volevo dimenticarla, perchè ammettere di averla persa sarebbe stato più difficile di sotterrare banalmente il problema.

A passo deciso mi addentrai in camera, diedi una spallata alla porta per aprirla, ma avevo completamente dimenticato di averla sigillata per far si che nessuno ci mettesse piede. Cavai fuori dalla tasca la chiave e la spalancai facendole fare un brutto tonfo contro la parete adiacente.
Rovistai tra le lenzuola per trovare il dannato telefono. Lo trovai e scrissi subito due righe con un rozzo inglese telegrafico indirizzate ad una persona in particolare.
Amanda.

Ed essa arrivò lo stesso, nonostante gli avvenimenti dell'ultima volta. La feci entrare. Avevo bevuto qualche cicchetto avanzato, ma ero quasi sicuramente lucido.
"Che è succ-" Non fece in tempo ad aprir bocca che la presi di peso dal fondo schiena e la sbattei contro il muro poco delicatamente. Le infilai la lingua in bocca e la pressai ancora contro quel muro per farle sentire la mia estrema voglia di darle quello che la scorsa volta voleva avere. Lo feci una volta, si ribellò e lo feci una seconda. Mi piaceva tenere tra le mani una figura che si ribellava, ma non faceva altro che ricordarmi di lei. Stavo fallendo ancora nel mio intento...

"Cazzo di pervertito! LEVATI DI DOSSO" Strillò potentemente. Mi fece senso quanto quel piccolo corpicino minuto potesse tirar fuori così tanta voce...O forse era solo il mio stato ad amplificare tutto quanto.
"Andiamo, lascia fare. Ti divertirai" Emisi nel mio respiro affannato.
"Non mi faccio mettere le mani addosso da un porco come te, da un puttaniere come te"
"Ma di che cazzo stai blaterando?" Ribattei furioso.
"Te la sei scopata quella ragazza nel tuo letto quella sera. Lo hai fatto senza pudore. Io ero la tua ragazza" Ed una bestemmia lasciò la dolce bocca piccola di Amanda. Si agitava come una furia.
"Sei ancora la mia ragazza"
"Non ci pensare neanche, razza di coglione"
Dopo quella frase strinsi i pugni ben saldi lungo i fianchi e recuperai la calma.
"Non me la sono fatta" Dichiarai a denti stretti.
"Certo, Oliver, ovvio. Vai a farti fottere"
Fece per uscire, ma le piazzai uno schiaffo dritto sul viso. Lei premette una mano sulla guancia. Un altro schiaffo colpì la sua mano, proprio sopra il posto già colpito. E sentii le membra liberarsi da ogni frustrazione. Lei fu così destabilizzata da piegarsi sulle gambe e toccare terra con le mani. Emetteva ansimi di pura paura e, sinceramente, mi piaceva. Sentire che tornava al suo posto da piccola cagnolina sperduta mi faceva molto più che piacere. Se non fosse stato per me la modella avrebbe ancora sognato di farla.

Sferrai un calcio sull'anca di Amanda per farla sdraiare sul pavimento. Pretendevo delle scuse. Gracile com'era le sarebbe servito di lezione se si fosse rotta qualcosa. Mi guardava con le mani a proteggersi il viso. Pregava per non essere toccata nuovamente e non lo feci più; avevo già sbagliato fin troppo, ma al momento non ci pensai proprio di aver sbagliato, volevo solo sfogarmi.
"Smettila, smettila...Ti prego, Oli"
"Non chiamarmi Oli" Dissi con un sorriso di pura derisione sadica. Mi stavo trasformando in un mostro, me ne resi conto da me.
"Modella del cazzo...Me la dovresti dare a comando per l'ingaggio che ti ho procurato" le piantai la mano sul collo, premendo lievemente, poi proseguii.
"Ma guardati...Parli tanto di me e quella ragazza, invece tu, proprio tu, a quante persone l'hai data di recente? Devi aver buttato giù chili di sperma per avere quella bella pelle liscia, perchè quando ti ho conosciuta eri piena di imperfezioni...E adesso non c'è traccia di fondotinta su questa faccia di merda che hai"

Mi resi conto di essere in serio pericolo io stesso. Avevo combinato un bel casino. Mi avrebbe di sicuro denunciato per quello che le avevo fatto e lo avrebbe fatto nel modo più immediato. Avrebbe infangato la mia carriera ed il mio nome, quindi dovevo intervenire subito sul momento.
"Ascolta, Amanda, racconta in giro quello che ti ho fatto e la tua carriera finisce qui. Che tu lo voglia o meno, il potere sta nelle mie mani, dato che le raccomandazioni sono mie" La liberai dalla mia presa avida e la feci rialzare. Non spacciava più nemmeno una sillaba e non appena ripresi un po' di coscienza mi resi conto che non avevo fatto proprio una bella cosa. Potevo aver distrutto pricologicamente quella ragazza.

"Non toccarmi, non guardarmi, non fare niente. Io sparisco per sempre e tu fai lo stesso. Chiudiamola qui subito. Mi fai schifo" Anuii alla suo pensiero più che ragionevole. Come darle torto...Mi sarei fatto schifo anche io, ma l'avevo fatto ormai e la cosa che mi destava più rancore era che mi piaque molto alzarle le mani. Provavo un senso di controllo unico. Ma era sbagliato e non volevo riservare assolutamente quel trattamento per Carter.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora