Tornai a Sheffield con il primo volo disponibile, dopo aver fatto visita brevemente alla svizzera per l'interruzione volontaria della gravidanza. Fu l'esperienza più terribile che potessi immaginarmi; la morte di colui che abitava dentro di me, oltre ad aver rischiato la mia stessa morte. Abitavo momentaneamente nella villa di Oli, quella in periferia. Avevo intenzione di trovarmi un lavoretto, anche di minima paga, per permettermi di mantere me e Phillip. Già...Non ebbi il coraggio di spezzare la sua vita. Era una mia forte responsabilità che non avrei ceduto a nessun altro. Mi avrebbe ricordato di Oli eternamente... Ero certa fosse maschio. Non lo sapevo, solo al 5 mese lo avrei saputo, quindi diedi ascolto solo al mio sesto senso.
Oliver non era a conoscenza del fatto che non avessi interrotto la mia gravidanza, sapeva che tutto era andato a buon fine, che Phillip era soltanto un grumo di sangue perduto, invece abitava stabilmente nel mio utero. Pensare che sarei diventata resposabile di un altra vita mi rese forte davvero, decisa e sopratutto determinata in ciò che volevo. Anche ambiziosa se volevo dirla tutta. Oli mi dava dei soldi, probabilmente per compassione, si ostinava a presentarsi dicendo di amarmi alla follia, ma da me non c'era nient'altro che ribrezzo. Odiavo il fatto di amarlo, come sempre, ma questa volta le superava davvero tutte. Dopo le promesse infrante per l'ennesima volta non avevo idea di come facessi ad amarlo ancora. Mi odiavo da sola per questo. Dovevo rendermi capace di respingerlo in definitiva.
Quella mattina cercavo di trovare un annuncio su internet per un lavoro, davvero qualunque lavoro.
Il suono del campanello disturbò la ricerca affinata. Posai la tazza di the caldo accanto al computer, mi alzai sistemando il cardigan sul grembo e tirando sul naso gli occhiali da vista.
Aprii la porta già rassegnata, in quanto sapevo che dietro ad essa ergeva solo e soltanto Oliver. Nessun altro era a conoscenza di dove risiedevo.
"Hai solo un momento?" Chiese con un mazzo di rose in braccio. E pensare che in braccio poteva benissimo esserci suo figlio e non quei bellissimi pezzi di natura."No, non ce l'ho" Risposi piena di orgoglio. Come una vera persona decisa nelle sue intenzioni, gli sbattei la porta in faccia senza alcuna pietà. Rimasi due secondi a fissare il nero imperiale della porta blindata poi, con uno scatto quasi felino, la spalancai e mi fiondai nel vialetto. Ero sicura fosse la cosa sbagliata da fare, dargli corda, ma mi piacevano le sue attenzioni, mi erano sempre piaciute. Dovevo ammetterlo; era per questo che era difficoltoso lasciarlo andare. Nonostante le attenzioni di milioni di uomini, rimaneva quello speciale. L'anima gemella un po' troppo cazzona da dover domare con forza, quella che un po' mi mancava, però.
Respirai profondamente. Lo guardai voltarsi speranzoso. Incespicai nel formulare una frase di senso compiuto, così mi strinsi nelle spalle, presi un altra boccata d'aria e ritentai:
"Vieni dentro"
Mi sentivo debole e impotente riguardo a quello che mi stava accadendo, però non potevo farci davvero nulla. Stavo lasciando che il cuore agisse senza esser intralciato dalla testa. Mi setivo bipolare quando pensavo al fatto che agivo nettamente in due maniere differenti, quando si trattava o di cuore o di testa. Quando agivo con la testa, era tutto schematico, razionale, coincidente al centimentro. Tutto aveva delle ragioni. Oli si drogava? Promessa infranta = Non ci vedremo mai, mai, mai più nella vita presente ne futura.
Quando agivo col cuore...Ero la ragazza più dolce della terra; non lasciavo che gli altri subissero cose che in prima persona non volevo mi accadessero da terzi. Ero premurosa. Perdonavo ogni sbaglio ripetendomi che anche io stessa potevo errare nell'agire.Solo che questa volta era diverso: aveva sbagliato non per la prima volta, bensì per l'ennesima ed io mi ero ripromessa di non poterlo perdonare più. Avrei dovuto lasciarlo andare dopo avergli sbattuto la porta in faccia...E invece lo stavo invitando inconsciamente a farsi una chiacchierata con me. Non potevo passare una vita del genere. Un conto era passarla da sola con lui, allora mi andava bene digerire qualche cavolata che faceva - anche se la droga così cavolata non era, sopratutto a quei livelli in cui la abusavamo noi - Ma con un bimbo ad assistere alle delusioni che gli darà il padre tutti i giorni...Non ci stavo.
Sarebbe stato difficile nascondere fino all'ultimo il fatto che fossi ancora incinta. Mentire ad Oli era da persona incoerente, me ne rendevo conto; pretendevo correttezza e trasparenza e poi gli nascondevo una cosa non proprio piccola e che non passava proprio in osservata. Non sapevo cosa fare...Stare con il bambino o stare con Oli. Entrambe le cose erano escluse dalle possibilità."Carter, io...Io, credimi, davvero io..."
"Cosa, Oli? Tu cosa?"
Inizialmente sembrai un po' fredda, ma era una reazione umana più che accettabile. Persino la parola delusione è fredda come un pezzo di Antartide.
"Tieni questi" Iniziò col dirmi. Li presi e li posai poco delicatamente sul tavolo accanto al computer. Alcune delle rose persero petali sul pavimento e mi pianse il cuore. Soffocai un espressione dolorante e rivolsi di nuovo l'attenzione su Oli, il quale sembrava davvero a disagio. Ebbi l'immagine di lui come di un cucciolo di labrador appena scaricato da una tipica famiglia americana."Sono così combattuto con me stesso...Non puoi capire"
Sorrisi aspra e lasciai cadere la mano incredula sul tavolo, producendo un rumore sordo.
"Forse sono l'unica persona che può capirti e te ne esci con questa frase da vittima come foasimo in un circolo di alcolisti anonimi? Veramente, Oli, ti sto dando una possibilità di parlarmi dopo giorni e giorni: non buttarla nel cesso girandola sul vittimismo. Non mi smuoverai certamente in questo modo, a pensarla diversamente"
Mi sedetti su una sedia attorno al tavolo e Oli fece lo stesso, certo un po' intimorito e spaesato persino nella sua stessa casa, ma faceva lo stesso. L'obbiettivo in fondo era solo cercare di cavare fuori dalla mia delusione più profonda tutto l'amore che nascondevo per lui, di cui solo lui ne era a conoscenza."Il mio non è vittimismo...Sono davvero paralizzato da giorni al solo pensiero cje i nostri progetti, il bambino...Tutto sfumato. Come se non fosse mai esistito realmente..."
Non resistetti un secondo di più per dire quello che mi tenevo sulla bocca dello stomaco.
"Tutto a puttane per colpa tua, si. Hai ragione per una volta, proprio così. Hai ucciso tuo figlio, infranto promesse, deluso a morte colei che ha rinunciato a tutto quanto per starti dietro. Ho rinunciato alla mia vita per donarmi a te e in cambio...Bhe in cambio ho un bel pugno di mosche, Sykes. Potrei chiuderla perfettamente qui, la mia vita. Ho abbastanza anni per dire che la mia gioventù l'hai ammazzata...Non ho mai dato fiducia a nessuno per evitare di incappare in piccoli dispiaceri, poi l'ho data a te, la fiducia, e guarda...GUARDA, OLI! Sono sola. -battei le palpebre e le lacrime non tardarono a preparare un bagno alle gote. - Devo ricostruirmi una vita da capo di nuovo e senza di te"Oliver si avvicinò e contro la mia volontà mi avvolse. Ancora una volta mi sentii al sicuro, ma non troppo. Sentii un cuore innamorato pulsarmi nelle orecchie, ma non troppo. Ebbi la percezione della paura di avermi perso, ma non troppo.
Portavo in grembo suo figlio e sperai mi ricordasse solo le cose belle di lui, ma non troppo...
Scoppiai a piangere e le gambe non mi ressero più in piedi. Scivolai a terra e lui mi seguì di riflesso. La disperazione si tramutò in rabbia, così iniziai a prenderlo a pugni sul petto con l'intento di sfogarmi, ma lui non faceva una piega. Mi muovevo convulsamente dentro un bagno di lacrime impazzite.
"Sei solo uno stronzo, eppure sono innamorata, cazzo"
"Anche io lo sono, solo che non riesco a renderti felice e sicura, perché non riesco a cambiare. Mi dispiace così tanto, Carter"
Sentii la sua voce rompersi nella frase più di una volta.
"Se non puoi farmi felice, devi sparire. Non voglio soffrire mai più come sto soffrendo ora"
Un barlume di speranza dentro di me si accendeva sempre, però era così fievole che mi faceva dubitare della sua esistenza a volte.
Rimasi in apnea sino al momento della sua risposta."Io sono così...Io sono quello che voglio essere ogni volta che voglio esserlo: produco arte"
Trattenni i nervi a fior di pelle fino ad un certo punto.
"Preferisci, ovviamente, avere una vita sdregolata a discapito di un figlio e di una persona che ti ama senza prenderti in giro in nessun genere di modo. D'accordo, Oli. Va bene così. È ok"
Mi alzai per aprirgli la porta.
"Fuori" Prununciai autorevole. Oli sembrò non recipire il messaggio. Questa storia era chiusa, per me.
"FUORI" Trillai fuori di me.
Si avvicinò con una velocità spaventosa a me. Mi strinse di nuovo tra le sue braccia e mi lasciai cullare piano. Forse dalla disperazione, forse per bisogno di sentirmi amata davvero...
"Si sistemerà tutto" Mi sussurrò con senso di protezione. Pose una mano dietro la mia testa, mi sollevò gli occhiali e con la manica della sua felpa appositamente trasandata, mi asciugò le lacrime calde. Smisi di piangere e mi ricomposi.Gli sbalzi d'umore erano dati dalla gravidanza, si, ma i sentimenti erano veri.
"Io non lo credo" Ribattei tranquilla.
"Sii positiva. Non ti prometterò niente questa volta"
"Non promettermi me cose non significa che quando sbaglierai non lo riconiscerò..."
Ci stavo ricadendo e, molto probabilmente, lo avevo convinto che eravamo ancora legati da una simil relazione.
Stava facendo il furbo e ormai non c'era niente che potessi fare.
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Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017
FanficOliver Sykes è un ragazzo Inglese dalla vita molto breve, ma intensa. Intento a vivere solo 27 anni della sua vita, un giorno, si troverà a decidere se suicidarsi come prestabilito il giorno del suo ventisettesimo compleanno o seguire il suo cuore c...