5. Lost in the Open

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"Allora...Segua la luce con gli occhi" Feci come mi disse il camice bianco in completo silenzio, fino a quel momento. Kellin stava aspettando dietro la tenda blu facendo la spola da destra a sinistra. Vedevo la sua siluette spostarsi come un ombra.
"La Tac sembra normale. Non rilevo nulla di strano"

Kellin fece capolino dalla tenda magicamente.
"Quindi sta bene, vero?" Serrò le labbra proprio come in auto.
"Fuori, Bostwick" Aggrottai le sopracciglia, non capendo quel 'Bostwick' per cosa stasse. Si era presentato come Quinn di cognome...Credetti che fosse la botta in testa a confondermi in quella maniera assurda.
Kellin tornò fuori regalandoci di nuovo della privacy.
"Allora perché prima ho rimesso il pranzo?"

Il dottore si strinse la base del naso e abbassò il capo.
"Odio fare queste cose, ma... Quinn vieni qui" Più non volevo saperne di lui, più era in mezzo ai piedi. Incredibile.
"L'hai portata qui nell'intento di farmi esaminare un caso in particolare?"
Il ragazzo strinse gli occhi in due fessure e si sistemò il ciuffo con la mano, velocemente, ma non in quel modo sexy con cui lo fanno certi ragazzi affascinanti e misteriosi. Kellin sembrava la parodia del ragazzo sexy: goffo, paranoico, buffo, la sua voce...La sua voce fin troppo acuta.
"Credo di non capire, Doc"
"Siete in sintonia vedo" Insinuai. Mi fissarono entrambi e mi sentii a disagio. Odiavo l'attenzione.

"Signorina, lei è incinta?"
Sgranai gli occhi e Kellin sbiancò visibilmente.
"Stavo scherzando, riprendi colore Bostwick" Il dottore diede due buffetti al cantante e non fu più così sorridente da far schifo. Iniziava ad essere affascinante senza quel sorriso...anche se era bellissimo. No. Okey. Perfetto la botta in testa aveva fatto effetto alla grandissima.
"Probabilmente è per aver conosciuto il famoso Kellin Quinn..." fece le virgolette fantomatiche "O per qualcosa che ha mangiato" si fece più serio e razionale il dottore.

"Doc, mi stai sfottendo troppo così" Kellin si coprì il viso con le mani e tornò a sorridere.
"Andiamo, vieni qui per ogni piccola cosa che ti accade. Stai diventando paranoico..." Mi indicò con la penna con cui mi visitò gli occhi e proseguì: "Metti del ghiaccio sul bernoccolo"
"Bernoccoli" Corressi con un sorriso ironico.
"Quinn, sei davvero un disastro..." Il dottore uscì per recuperare il ghiaccio e mi ritrovai sola con lui, di nuovo. La cosa non mi piaceva particolarmente, ma non la disdegnavo più come prima.

"Bostwick?" Domandai ingenuamente e, forse, anche un po' per scherno.
"Sono un artista...Posso fare del mio nome ciò che voglio" Rispose, sedendosi accanto a me sul lettino medico.
"Mi state sputtanando più voi due in dieci minuti che in tutta la mia vita chiamato Bostwick" Rise e mi condizionò a mio malgrado.
"È un bel nome se tralasci il fatto che sembra una di quelle colle per incollare il legno" Ridemmo entrambi fragorosamente ed in sintonia: questa cosa doveva finire subito. Si stava prendendo la mia amicizia troppo facilmente. A chiudere la risata furono due sorrisi soddisfatti di ciò che stava accadendo, ma in realtà io non dovevo esserlo affatto.

"Allora...Porti qui tutte le ragazze per fare colpo?" Domandai schioccando le labbra e guardandomi un minimo intorno. Dovevo distogliere lo sguardo da quegli occhi fattosi troppo profondi. Era un ambiente talmente asettico che mi toglieva il respiro alla sola puzza di disinfettante.
"Nha" Rispose misero. Incrociò le braccia, fece spallucce e continuò a fissarmi con un sorriso stampato. Sembrava un sorriso falso da quanto lo portava in viso. Sempre presente, sempre luminoso...Era sicuramente il classico ragazzo dalla famiglia perfetta, dalla vita perfetta, dalla ragazza perfetta e tutto quanto regolarmente, idicibilmente, perfetto. Mi irritava moltissimo al solo pensiero che lui non potesse avere pensieri negativi sulla vita.

"Nha? Okey" Più fredda di così non potevo risultare.
"Tu hai qualcosa" sgusciò dalle sue labbra sottili.
"Tu dici? Ti assicuro al cento per cento che sono sempre così" Risposi velocemente, prima che arrivasse il dottore. Mi consegnò il ghiaccio avvolto in un panno e lo poggiai immediatamente sui bernoccoli causati da Kellin.
"Quinn, abbiamo un problema" Kellin smise di succhiarsi il labbro inferiore e diede retta all'uomo. Era la parodia del ragazzo sexy. Lo sapevo. Al posto di mordicchiarlo sensualmente, stava succhiando quel povero labbro. Non potevo omettere che un pensierino ce l'avevo fatto e gli occhi sono sempre stati sulla faccia per guardare e ammirare in caso ci fosse qualcosa di bello.

Non stavo pensando che lui fosse in qualche modo bello, no. Affascinante, mettiamola così.
"È pieno di ragazze fuori e qualche paparazzo"
"Oh, no...Come l'ultima volta" Il mio accompagnatore s'incappucciò, mentre il dottore protese la mano a coppa verso il ragazzo. Kellin ci lasciò dei soldi e in men che non si dicesse avevo il suo viso a pochi centimetri dal mio che mi incitava a muovermi il più velocemente possibile. Strattonò il braccio che non reggeva il ghiaccio, portandomi al di fuori della tenda per trovare l'uscita opposta a quella che avevamo intrapreso precedentemente, ma le fan, prettamente femminili e questo mi fece riflettere per un attimo, invasero correndo l'ospedale con degli agenti di polizia alle calcagna.

Ci nascosimo in uno sgabuzzino buio e pieno di spazzoloni e, inevitabilmente, Kellin riusci a voltarsi e farmi ricevere uno dei manici in fronte. In tutta risposta tirai il ghiaccio in mezzo ai suoi occhi. La nostra relazione si basava sul picchiarci bellamente e contemporaneamente in malo modo. Una cosa che desideravano tutti, insomma...E come se tutto ciò non bastasse, stava invadendo il mio spazio vitale per l'ennesima volta. Mi sentivo soffocare. Non solo perché mi stava troppo vicino, anche perché ero claustrofobica da sempre e quello sgabuzzino era troppo angusto per i miei polmoni. Smisi di reggere il ghiaccio e iniziai ad arrancare sempre più visibilmente.

Kellin si allarmò e cercò di abbracciarmi per farmi sentire meglio, ma non era assolutamente il modo per far sentire un claustrofobico al sicuro, quello.
"Non sono una tua fan, non mi sento al sicuro tra le tue braccia, affatto"
Cercò anche di stringermi la mano implorandomi di fare silenzio al loro passaggio e feci il possibile per distrarmi. Cocciuto com'era, Kellin provò ogni contatto fisico per farmi stare bene e, benchè lo facesse in buona fede, continuava a non capire. La soluzione era uscire e respirare aria fredda ed umida, quale quella di Ashford.

Passarono dal corridoio combinando un vero trambusto. Sembrò un secolo per il mio stato, ma si trattava di pochi secondi. Buffo come una ragazza asociale e che vuole perennemente sembrare una dura sfacciata, cada in delle sindromi e condizioni psicologiche quali la claustrofobia e uno stato di pseudo autolesionismo. Kellin nemmeno poteva immaginare cosa volesse dire soffrire per quelle cose. Era un dato di fatto. Altrimenti avrebbe capito come soccorrermi...E avrebbe sorriso un po' di meno ad ogni cosa e persona.

"Possiamo andare" Per una volta tanto era serio. Smisi di reggere il ghiaccio e lasciai che Kellin mi trasportasse ovunque volesse. Nonostante fosse minuto come ragazzo, era capace di sballottarmi da una parte all'altra senza problemi e, questa volta, tenendomi la mano ben salda. Solo in quell'esatto momento capii di avere una mano nettamente piccola rispetto alla sua, ma questo non mi faceva assolutamente sentire al sicuro.
Diede una spallata ad un maniglione anti-panico e uscimmo da una parte laterale dell'ospedale. Il mio cuore faticava a tenere il passo di Kellin; per fortuna aveva la mia mano.

Se non avessi avuto quella mano che mi portava in salvo, sarei stata inghiottita dalla mandria imbufalita di fan che si facevano sempre di più e sempre più insistenti. Stessa cosa per i paparazzi.
Aveva detto di non essere famoso, ma cosa potevo capirne io? Non sapevo nulla di band e volevo metterne su una. Ero davvero ridicola.

In fretta e furia fummo in macchina e sfrecciammo lungo la strada opposta ai nostri appartamenti. Guardai Kellin, il quale aveva occhi serrati e sopracciglia curve. Tutto di me esprimeva il disappunto di ciò che stava facendo.
"Non possiamo tornare lì...Ci troveranno" Rimase con lo sguardo incollato alla guida.
"Ti troveranno" corressi.
"Smettila di fare così: è irritante!" Mi sgridò senza uno di quei sorrisi stupidi.
"Hai scelto tu di portarmi con te..." Tenne il volante con una mano sola e appoggiò il gomito sulla portiera, in modo da poter reggersi la testa con la mano.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora