38. The Forest for the Trees

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Carter's pov

Il fatto che fossi uscita da quel istituto di riabilitazione non mi negava di poterci tornare quando volevo per andare a far visita ad Oliver. Ogni settimana mia sorella e mia madre venivano a trovarmi; avrei fatto la stessa cosa con lui. Mi piangeva il cuore ad ogni passo che mi portava giù dalle scale d'ingresso. Mia sorella venne a prendermi e con lei c'era una ragazza strana mai vista prima. Il suo nome era Hannah, da quello che avevo capito.
"Come conosci questa ragazza che è tutto l'opposto di te?" Domandai con un sorriso spento di ogni significato.
"È una breve storia. È un amica di Jordan...Lui è impegnato in un progetto in cui partecipa anche Hannah, così abbiamo fatto amicizia, ha saputo di te ed ora siamo qui per festeggiare con te la tua uscita" Esultò scrollandomi forte. Hannah mi strinse la mano. Era veramente meravigliosa. Un sorriso delicato, un corpo quasi privo di formosità tipiche femminili. Avevo predetto che la sua passione erano i tatuaggi, si notava parecchio. Sembrava proprio un personaggio ambiguo dietro a quella frangia. Era molto, molto più affascinante di me. Ne soffrivo terribilmente.

Mi portarono in un posto qualunque a bere frullati naturali. Bel modo di festeggiare...
"Mi sarei aspettata almeno un chupito..." Esordii piano buttando il cartoncino.
"Conosco questo posto da quando sono vegana ed è un vero tocca-sana per la salute. Non serve ubriacarsi dopo quello che hai passato, dovresti tenere la testa sulle spalle. Rimanere lucida, insomma"
Mi voltai verso di lei e feci una smorfia più simile al disgusto che ad un sorriso accondiscendente. Nonostante fosse così temperata e bella iniziava a starmi antipatica a pelle e non ne sapevo il motivo. Dio, lo sapevo il motivo, ma non volevo ammetterlo.
"È proprio questo il motivo per uscire di testa: per quello che ho passato"
"Non mi sembra il modo giusto di affrontare le cose, Carter" Mi zittì Emma. Stetti in silenzio con le mie paturnie. Emma andò di nuovo dentro a quel negozio. Rimasi con Hannah. Fissai i suoi tatuaggi intensamente.

"Mi piacciono i tuoi tatuaggi...Non sai da quanto tempo ne desidero almeno uno"
Mi stavo aprendo con lei, si. Dopo quella sofferenza mensile dentro a quell'inferno mi veniva spontaneo parlare con una persona che parlava connettendo i neuroni.
"Vuoi che te ne faccia uno?" Domandò sorridendomi. Il suo sorriso amaliò anche me che ero una ragazza eterosessuale. Aveva un brutto effetto su di me, dovevo ammetterlo.
"Si, lo vorrei se il risultato è quello"
"Oh, si, te lo garantisco. Jordan è a casa con il braccio ancora incompleto: questo era il 'grande' -tentennò con la testa- progetto in corso che mi riguardava"
Mi buttai in questa cosa completamente nuova. Da quel momento in poi avrei seguito tutto tranne che la testa, era una promessa.

Emma tornò guardandoci di buon occhio, anche se un po' critico.
"Che stavate confagulando da dover tacere al mio passaggio?"
"Carter vuole farsi firmare da me. Nuova cliente" Sorrise veramente felice, Hannah.
"aufh...Carter...Hai passato un periodo molto brutto, sono consapevole di ogni cosa, però non puoi inziare con i tatuaggi, adesso; sono ugualmente una droga!" Guardò Hannah. "Senza offesa"
"Sempre meglio della Ketamina, che dici?" Le tirai un occhiata di sfida totale. La zittii io, questa volta.

***

Mi preparai sul tavolo della cucina di Jordan. Era l'unica superficie in grado di farmi sdraiare e far mettere comoda Hannah. Avevo deciso qualcosa di semplice e significativo per me e per gli altri: If You Follow Me, You'll Only Get Lost. Incorniciata da due occhi chiusi ed uno di questi lacrimante.

Oliver's pov

Avevo un compagno di stanza tremendo: continuava a battere pugni in giro ed ero spaventato a morte, nonostante fossi forte come credevano tutti. Stavo diventandoci pazzo. La donna che amavo se ne era andata da lì, per fortuna. Era meglio così. Era come se per la sua liberazione ne dovessi pagare io il prezzo. Eppure sentivo che era libera solo fisicamente, la sua testa non la assisteva a dovere, come faceva un tempo. Sentivo un senso di colpa assurdo per quello che le avevo fatto. Era tutta colpa mia. Ma poi pensai che se non fosse stato per me, forse, si sarebbe drogata in qualche altro posto, con una persona più violenta di me, più pericolosa...Non ne ero molto certo dell'esistenza di una persona più violenta. Alzai lo sguardo e vidi questo ragazzo infervorato contro la finestra. Confermai. Esisteva gente più violenta di me, ma magari non aveva picchiato una donna, non ne aveva quasi stuprata una...Mi sentivo una vera merda. Avevo ancora una voglia matta di farla finita.

La finestra alla fine si ruppe e il ragazzo cadde rovinosamente fuori da questa. Cadde ad una velocità tale da squarciarsi sul terreno sottostante. Ne sentii solo il rumore e le grida. Ebbi il coraggio di spormi per guardare il misfatto. Nel farlo mi graffiai le braccia con dei pezzi di vetro ancora attaccati. Un conato di vomito mi attanagliò lo stomaco. Mi ripiegai su me stesso reggendolo e respirai piano, con le braccia brucianti. Mi calmai dopo un po' ed arrivò la sicurezza a portarmi via. Ero così scosso che non feci una piega; mi lasciai trasportare poco delicatamente dentro l'ufficio del responsabile super gellato.
"Signor Sykes, la vedo molto scosso. Mi sa dire che è successo?"
La sua calma piatta mi dava alla testa molto più di quello che avevo visto poco prima.
Potevano essere anche gli psicologi più bravi della terra, ma in una situazione del genere non riuscivo a mantenere la calma e la pacatezza.

"Sembra di stare in un covo di matti sclerotici. Non ne posso più. Per quello che ho visto conferma solo la mia tesi" Dissi.
"Sykes, tieni" Mi consegnò con descrezione una busta di carta.
"In cambio del tuo silenzio e della tua remissività"
All'interno c'erano delle droge di cui non avevo mai e poi mai abusato e non avevo intenzione di farlo. Ero stato li dentro per mesi e dopo varie crisi di astinenzada ogni cosa; a partire dalla Ketamina alle cose più frivole, come le sigarette e delle patatine fritte di un fast food qualsiasi. Non appena fossi uscito di lì, mi promisi di denunciare quel centro snaturato. Non c'era cosa più schifosa di quella che mi stava facendo quell'uomo a capo di altri dementi. Potevo dire di aver vissuto l'esperienza del carcere.

"Non voglio queste schifezze assurde. So come funziona tutto questo! E mi fa schifo pensarlo. Io inizio di nuovo a farmi, la mia famiglia e tutti quanti credono che sia stata una mia iniziativa e mi rispediscono qui buttandoci palate e palate di altre sterline"
Assunsi una smorfia di disgusto unica nel suo genere.
"Mantieni il silenzio, Sykes. Puoi essere famoso quanto vuoi, ma posso farti rinchiudere qui dentro fino a quando lo dico io"
D'accordo. Forse ebbi paura per istinto di una cosa del genere; un po come quando i miei genitori da piccolo mi minacciavano vietandomi di uscire per una settimana. Ovvio...Questo era nettamente peggio. I guai erano cresciuti con me e man mano che crescevo ancora, che maturavo, erano sempre più irrisolvibili e gravi.

"Lei non può farlo...Se non assumo quella roba e non faccio del male a nessuno, non può farlo" Frecciai veloce.
Lui annuì perplesso e si sedette alla scrivania con le mani giunte.
"Cosa vuoi...COSA VUOI IN CAMBIO?" per essere una persona che aiutava la gente con questo tipo di patologie mi sembrava ben che schizzato. In confronto ero sanissimo.
Non ci pensai due volte su ciò che volevo in cambio. Era così chiaro e limpido che non avevo bisogno di pensare. Il mio desiderio risiedeva solo in un unica cosa:
"Voglio essere rilasciato. Voglio essere libero. Adesso"

***

Inutile dire che l'aria britannica mi si gonfiò nel petto che era un vero piacere. Il grigiume mi piacque così tanto che non schifavo più quello che possedevo. Mi mancava scorrazzare libero.
La prima cosa che feci, purtroppo, fu comprarmi un pacchetto di sigarette qualsiasi. Almeno un vizio potevo permettermelo. Era accettabile quel tipo di vizio, lo ammisi a me stesso.
Non rimaneva altro che cercarla nella vastità di territorio che avevo davanti. Speravo vivamente che non avesse lasciato l'Inghilterra; non un altra volta.

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