31. How things Work out

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Mi svegliai con un torbido sentore di sentirmi meglio nel mio malessere tremendo. Le pasticche erano disposte in malo modo sul comodino ed accanto ad esso, la sedia era vuota. Proprio come mi aspettavo. Le osservai interdetta, ma alla fine erano state proprio quelle pasticche a farmi stare meglio. Non mi sentivo mai come prima della cocaina...Era un circolo vizioso ormai. Mi alzai e raggiusi il piano inferiore. Lì trovai mia madre che stava preparando la colazione.
"Buongiorno" Risposi di rimando ad uno sguardo.
"È tutto ok? Ieri sera tua sorella è corsa in tuo soccorso dicendomi soltanto che avevi bisogno di sfogarti date le circostanze"
"È proprio così...Va tutto bene" Sorrisi indebolita. A fare colazione c'eravamo solamente io, lei e un terrificante silenzio tombale. Nemmeno un televisore a spezzare il ticchettio delle forchette sui piatti di ceramica.

"Ieri, quando ti ho abbracciata, ho avvertito una puzza di fumo abbastanza forte"
Portai una mano fra i capelli e abbassai lo sguardo, muovendola tra di essi.
"Quindi?" Domandai.
"Fumi?"
"Santo Dio, ho abbastanza anni da fare quello che voglio della mia vita e non credo che Emma non lo faccia"
"Sembra di sentir parlare tuo padre..." Alzai gli occhi al cielo e feci stridere la sedia sul pavimento per poi andarmene di nuovo in camera. Raccattai l'unica borsa che avevo e ci ficcai dentro le pasticche di Emma per esser sicura di stare bene sempre.

"Dove vai?" Domandò mia madre apprensivamente con le lacrime agli occhi. Ero sull'uscio di casa intenta a sparire il più velocemente possibile.
"Torno presto" Tagliai corto, dandole una speranza vana che sarei tornata a casa come un adolescente in crisi.
Camminai per le vie di Sheffield per un bel po'. Osservai ogni cambiamento che la città subì in otto mesi, quei piccoli particolari che mi diedero un momento di svago. Non avendo neanche più un soldo per nutrirmi di qualsiasi schifezza passasse a tiro al momento, camminai accanto a Starbucks e lo passai a malincuore, arrivando ad osservare la panchina incriminata di tanti fatti disdicevoli.

Questa volta ne fui certa al cento per cento: lui era seduto sopra quella dannata panchina a consumare una sigaretta con estrema calma. Mi avvicinai con piedi di piombo. Avevo paura fosse falso quello che stavo vedendo, che fosse l'ennesima allucinazione. Lo fissavo a bocca semi-aperta. Ero vicinissima ed il cuore mi batteva così forte da sembrare simile alla sensazione che mi aveva dato l'allucinazione che trattava dell'annegamento. Tolsi la borsa dalla spalla e deglutii fissando avanti a me. Mi poggai lentamente sulla superficie fredda.
"Dimmi che sei reale" Sussurrai.
"Carter?!" Sembrava sorpreso ed anche molto. Si voltò per guardarmi e ricambiai lo sguardo. Sorrise radioso e scosse la testa.
"Ciao, Oli" Dissi in un sorriso complice. Era davvero felice di vedermi, ma avevo paura fosse tutto quanto di nuovo frutto della mia fantasia, perché volevo parlargli così tanto...

"Che cosa ci fai qui?" Domandò con un piccolo ghigno.
"È complicato... E tu?"
"È molto complicato" Eravamo dei soggetti molto riservati e pronti a mostrare la corazza nel momento in cui venivamo esposti a pericolo. Così Iniziai io per prima a parlare.
"Mio padre è morto da poco e, insomma, ieri abbiamo preso parte al funerale...Ecco" Abbassai lo sguardo e iniziai a giocare nervosamente con le pellicine brucianti delle dita. Lui non sembrò smuoversi dalla sua posizione di mutismo.
"Condoglianze...Non avevo idea. Mi dispiace tanto" Stentò a dire per poi scambiare uno sguardo compassionevole.
"Ma tu sei qui veramente?" Domandai goffa.
"Ehm...Certo che si. Stai bene?" E gli uscì una piccola risata che mi rimandò direttamente al divertimento prima di quel bacio tossico; quello che mi tolse ogni speranza di libertà.
"Scusami se ti sono sembrata un idiota, ma mi sono capitate delle cose molto strane ultimamente..."
Mi incitò a parlare con uno sguardo accigliato.
"Ho avuto parecchie allucinazioni e tu...tu facevi parte di queste. Sei stato ovunque"
Ammisi amara. Fu un duro colpo da sparare.

"Wow, non so davvero cosa rispondere..."
Stetti in silenzio con il mio amato imbarazzo. Mi guardai intorno ed ad un tratto mi passò metà della sigaretta che stava consumando lentamente. Tentennante la incastrai tra le dita e la posi tra le labbra. Dolce sapore di vita incatramata, come un fiore che spunta dall'asfalto, che spinge per emergere con tanta fatica.
Pian piano che il tempo passava sentivo la necessità di drogarmi nuovamente. Avendo tutte quelle pasticche sarebbe stato facilissimo tornare a sentirmi meglio.
"Come sta Quinn?" Chiese con tono duro e piatto, senza cercare il mio sguardo. Interruppe il mio di sguardo perso.
"Bene, credo"
"Immagino tornarai da lui prossimamente"
Scossi la testa con un sorriso deluso. Oliver se ne accorse e tentò di cercare il mio sguardo (finalmente) attento al fumo che lasciavo fuori-uscire dalla bocca.

"Che significa?" Mi domandò serio.
"Che vuoi che significhi...È andata male, per quello che riguarda me" Sull'argomento sembrai fredda quanto lui. Risposi a tono, per farla breve.
"Capisco" Chiuse, passandosi il dorso della mano sotto il naso. Azione che era solito fare, anche molto spesso. Guardò altrove e non seppi come interloquire nuovamente con lui, perchè lo desideravo tantissimo.
"Quinn si è rivelato per quello che è, evidentemente...Ci hai messo meno del previsto a capirlo" Affermò sbracciandosi sulla panchina.
"Bhe, non è una cattiva persona"
Mi guardò altezzoso con occhi a fessura. Voleva spingermi a dire ciò che voleva lui pur stando in silenzio.
"Ha una dolce personalità e modo di porsi" Aggiunsi. Oli incrinò la testa con la medesima espressione.

"Mi ha solo lasciata da sola per del tempo..."
"Quanto?" Raddrizzò il capo con un ghigno malefico.
"Tutto il...Giorno tranne la sera" Abbassai il tono di voce man mano che pronunciavo la frase.
"E?" Mi spinse a riflettere.
"Ma mi procurava tutto il necessario per essere felice"
"Felice e grata di scopare in tranquillità con lui senza che sentisse alcun rimorso" Assunsi uno sguardo di disappunto.
"Andiamo...sei così ingenua da credere ancora che sia dolce e buono come la sua maschera fa intravedere?"
Scrollai le spalle.
"Carter...Porca troia...Apri gli occhi. Non è un mondo facile e le persone sono tanto meno facili. Sembri tanto forte e sicura delle tue decisioni, di te, e poi cadi quello che è un soggetto banale come Kellin Quinn"
Rimasi interdetta. Ebbi un mancamento cosi forte da desiderare il contenuto della mia borsa. Volevo resistere, ma era troppo forte la tentazione. Ne estrassi una e la infilai tra le labbra.

"Che cazzo è?" Domandò Oli sorpreso. Si avvicinò e avvertii il suo profumo paradisiaco, ma il suo intento era quello di esaminare il contenuto della borsa. Nel frattempo deglutii. Mi ritrassi un poco per paura di essere giudicata. Lui prese con la forza ciò che cercava e spalancò gli occhi.
"Hai idea di cos'è questa roba?" Mi domandò allarmato al cento per cento. Scossi la testa.
"Mia sorella mi ha dato queste per farmi stare meglio" Ammisi.
"Certo! Un anestetico per cavalli fa star bene chiunque!" Esclamò ironico. Si alzò di scatto e raccattò la mia borsa. Se la mise in spalla e mi prese per un braccio, iniziando poi a camminare velocemente.
"Dobbiamo muoverci prima che faccia effetto e stare in giro con questa roba in corpo non è consigliabile" Per un momento avvertii le sue parole come una premura nei miei confronti ed era esattamente quello che necessitavo, che volevo da lui, da Oliver.

Mi portò in una di quelle stanze d'albergo in cui erano abituate a passare il tempo le rock star. L'ambiente era ancora intatto, per quello che potevo percepire. Ad occhio e croce riuscii a capire che alloggiava in quel posto da non molto.
Nel momento in cui mi sedetti sul letto e lo guardai fare la stessa cosa sulla sedia antistante a me, capii che la situazione stava degenerando.
Lo vedevo, si, ma era velato di blu. Feci in tempo a vedere che stava frugando nella mia borsa, prima di collassare sul letto a braccia aperte. Oliver si gettò accanto a me, ma l'effetto ancora non gli era salito, giustamente, così mi gurdava divertito mentre facevo gli angeli di neve sul letto. Sentivo così ovattato da sembrare in un ambiente colmo di neve, per questo reagii così allo stimolo. Quando la smisi lanciai un occhiata sorridente ad Oli, non potevo far altro che sorridere inebetita e lui...Così bello anche avvolto nel blu, ricambiava. Un sorriso cosi raro da scoprire...Sempre velato di qualche lugubre tristezza di cui ancora il significato mi era ignoto.

Suicide Season • Oliver Sykes • #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora