Fake happiness, The worst sadness (Cara's pov)

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Cara's pov

Oggi ho intenzione di vestirmi in modo elegante perché nel pomeriggio inizia finalmente il corso di grafica.
Infilo la camicetta azzurrina con le maniche a sbuffo e la scollatura quadrata che lascia scoperte le spalle per poi indossare i pantaloni elasticizzati beige, molto aderenti. Il clou sono i tacchi di vernice dello stesso colore della camicetta. È la prima volta che li indosso al di fuori delle occasioni speciali, perché mi sento già abbastanza a disagio dal mio metro e ottanta di altezza, ma oggi non mi interessano gli sguardi incuriositi della gente. Mi dicono che ho i requisiti per fare la modella, che invidiano il mio corpo, ma non capiscono che a me suona più come un: "Sembri una stecca da biliardo." 

Quante volte ho sentito la frase: "Ma di che ti preoccupi, sei magra, ti sta bene tutto."
E tante volte avrei voluto rispondere che anche ad un attaccapanni sta bene tutto.                    
Non capiscono che l'ideale di bellezza di un ragazzo non è quello di una watussa dalle forme inesistenti.
Semplicemente, mi andrebbe di riempire i vestiti con le mie forme e non vederli cadere rigidi lungo il mio corpo, vorrei sedermi sulle gambe di qualcuno senza temere che senta il mio corpo spigoloso, e mi piacerebbe guardare le mie gambe senza paragonarle a degli stuzzicadenti.

In realtà non ho grandi problemi con me stessa, è solo che odio questo inseguimento disperato della magrezza come canone assoluto di bellezza, questa cieca fede nell'equazione esile= bella. Insomma, come dice Alison, "meglio l'abbondanza che la mancanza", no?

Sharon appena mi vede  si complimenta con me per la scelta delle calzature, aggiungendo che questo look mi sta molto bene. Lei è ancora in pigiama perché è in crisi decisionale. Le dico di affrettarsi ma considerato il tempo che impiego per truccarmi sicuramente finirà prima di me. Davanti allo specchio prendo l'eyeliner e traccio la linea nera sulla palpebra, ma la parte difficile deve ancora arrivare. Dopo svariati tentativi ed imprecazioni riesco a disegnare una codina decente, ma almeno alla fine il risultato vale tutto quello snervamento. Quel semplice tratto nero rende i miei occhi più espressivi e sensuali o come dice Alison "accattivanti". Mi passo un po' di burrocacao pigmentato di rosa sulle labbra e sono pronta per uscire. Prima però, mi scatto una foto e la mando a mia sorella su whatsapp. Lei mi risponde immediatamente con una nota vocale in cui parla mia madre.
"Sei bellissima, mirciola! Tutto bene? salutami Andrew."

Appena sento quel nome mi si mozza il fiato. Al pensiero che mia madre crede che siamo ancora una coppietta felice, inizio a sentire un buco nello stomaco.

Ricordo perfettamente quando ci mettemmo insieme, lo raccontai a mamma la sera stessa.
Nella mia mente è ancora vivida l'immagine dello sguardo torvo di papà quando lo portai a casa, ma Andrew riuscì a conquistarsi la sua benevolenza.
Penso alla serenità di mia madre prima che partissi per il college perché credeva che ci sarebbe stato Andrew al mio fianco, ma in realtà le mentivo già da allora, era già tutto finito, l'incantesimo con cui ingannava me e i miei genitori svelato. I suoi modi da bravo ragazzo, le belle parole, il modo di vestirsi... Tutta apparenza.
Eppure io lo amavo.

Con questi pensieri nella testa sono arrivata in classe, adesso mi accorgo senza neanche aver salutato Sharon.
Prendo posto nell'aula e aspetto che arrivi il professore.

Mi concentro sul paesaggio fuori dalla finestra, non riesco proprio a prestare attenzione alla voce monotona dei docenti e alle loro lezioni tutt'altro che stimolanti.
Peccato che la professoressa Flour sia in malattia, almeno avrei potuto svagarmi con una piccola discussione.
Le ore scorrono con la stessa lentezza di una foglia che si stacca dal ramo.
Siamo già a fine novembre, e le ultime superstiti cadono danzando nell'aria di questo autunno agli sgoccioli, che fa fatica a cedere il posto al gelido inverno.
Mi sento proprio come una foglia sull'orlo del precipizio, che si tiene aggrappata con tutte le forze a quell'albero maledetto che le ha succhiato la linfa, facendole perdere colore e vita.
Ok, non è proprio così, ma chi se ne frega della biologia, è così che mi sento.

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