Tiramisù (Cara's pov)

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Cara's pov

"Tra due ore? E io cosa faccio?"

"Non hai le chiavi?" Mi chiede Ashley.

"No" rispondo rassegnata.

"Mi dispiace... Neanche Gwen è ancora tornata?"

"No, ma non preoccuparti, vorrà dire che aspetteró nel bar della stazione davanti a una bella cioccolata calda" rispondo rassicurandola.

"Per farmi perdonare ti porto un po' di tacchino ripieno, ok?"

"Mi vuoi proprio obesa?"

"Esatto, ti vedo sciupata, amore" risponde ridendo.

"Ha parlato la signorina perennemente a dieta!" ribatto per provocarla.

"Adesso devo andare, ciao Cara."

"A dopo, Ashley."

Appena scendo dal treno un vento gelido mi scompiglia i capelli e mi entra nelle ossa.
Stranamente è una sensazione piacevole, il freddo sembra quasi rigenerarmi. Dopo ore al calduccio del focolare domestico, circondata dall' "affetto" di parenti che ricordano a stento il mio nome, quello che ci vuole è un po' di freddo. Almeno quello è vero.

Mi siedo su un muretto con la mia bevanda calda in mano e sbircio le espressioni di chi sale sui treni, gli abbracci, i baci e anche e le lacrime di chi si saluta sulla banchina.
Mentre sorseggio ammiro i graffiti colorati sui treni e il cielo cupo sulla mia testa.
Origlio i sussurri di due amanti che stanno per lasciarsi e le urla di gioia di altri due che si incontrano di nuovo.
Ascolto lo sferragliare dei treni e i fischi delle partenze.
È bello concedersi un attimo di solitudine, a volte.
Amo lasciar correre la mia mente e perdermi in mille pensieri e speculazioni, che si dissolvono in un attimo e, come un sogno, sfuggono dalla memoria.
Mi piace osservare il mondo ed estraniarmi da esso, come se fossi un dio che ammira il creato. E posso farlo solo quando sono da sola, perché mi dimentico di esistere.

Prima evitavo di farlo, ogni volta finivo per annegare nei miei pensieri.
Ma ora sto imparando a trattenere il respiro. A tuffarmi nei ricordi senza cadere di cuore. A guardarli come se non li avessi vissuti io, come se fossero un film, anzi sto cominciando ad analizzarli come se fossero un documentario.
Ogni volta mi accorgo di un piccolo gesto che mi era sfuggito, colgo un particolare, noto una virgola fuori posto.
Mi domando come io possa essere stata così cieca davanti a tutto ciò.
E non rimane che chiedermi una cosa.

Come ho potuto credere che mi amasse?
Non mi amava, non l'ha mai fatto.

Ammetterlo non fa più male come prima. É come se avessi elaborato il dolore. Certo, Non sono ancora riuscita a riporlo in un cassetto della mia mente, ma adesso non è più un pugnale che mi trafigge e mi fa contorcere dal dolore.
È più uno schiaffo in pieno volto, che mi fa rendere conto di quanto sia stata stupida.
Anche se non era il mio bene non gli interessava di certo, Andrew mi ha fatto crescere.
Mi ha cambiata, sono un'altra persona ora. Non sono più una bambina che crede alle favole, ma sono una donna capace di affrontare la realtà.

Grazie, bastardo. Però potevi anche spiegarmelo in un altro modo, eh.

All'improvviso sento qualcosa tintinnare nel bicchiere di plastica che ho poggiato sul muretto.

"Non ringraziarmi, ragazza senzatetto" sento dire da una voce profonda alla mia destra.
Non c'è bisogno di voltarmi per capire che si tratta della sua.

Guardo dentro il bicchiere e trovo una moneta da cinque centesimi.
La estraggo e dopo aver preso la sua mano poggio la monetina sul suo palmo.

"Tienila tu, ne hai più bisogno, magari riesci a comprarti un umorismo decente" dico chiudendogli il pugno e dandoci due colpetti sopra.

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